L’inflazione sta già cambiando lo scenario, oro e sterlina sugli scudi

“I principali indici statunitensi hanno cancellato le perdite precedenti dei rendimenti del Tesoro a lunga scadenza hanno potuto tirare un sospiro di sollievo dopo che il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha detto ai responsabili politici statunitensi che la politica monetaria rimarrà invariata fino a quando non saranno compiuti progressi sostanziali sul mercato del lavoro negli Stati Uniti e, cosa ancora più importante, ha chiuso un occhio sulle crescenti pressioni inflazionistiche. Secondo Powell, infatti, i rendimenti sovrani alle stelle sono dovuti alle aspettative che le condizioni economiche raggiungano i livelli pre-Covid, e non perché assisteremo a un aumento incontrollabile dei livelli di inflazione in mezzo al cocktail di stimolo monetario-fiscale extra-large. Ha sostenuto la convinzione che l’inflazione rimarrà sotto controllo anche se potremmo assistere a un aumento nei prossimi trimestri e che al giorno d’oggi non esiste alcun legame particolare tra spesa fiscale e inflazione. E questo è tutto ciò che gli investitori potrebbero ottenere per quanto riguarda il pacchetto aggiuntivo di 1,9 trilioni di dollari di Joe Biden che sta per vedere la luce del giorno e che non dovrebbe avere un impatto particolare sull’inflazione”. Lo rileva Ipek Ozkardeskaya, Senior Analyst di Swissquote. Di seguito la sua analisi.

Sebbene questa dovrebbe essere musica per le oroecchie degli investitori, questa volta il mercato si chiede se non ci si è avvicinati troppo all’iceberg. In effetti, evitare il discorso sull’inflazione non risolverà necessariamente il problema. Se non altro, l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e l’indebolimento del dollaro Usa possono solo tradursi in prezzi al consumo più elevati. E il fatto che abbiamo visto un balzo record degli ultimi prezzi alla produzione al 2% rimane preoccupante per molti. E se non esiste una relazione di causa-effetto tra la spesa fiscale e l’inflazione, esiste una relazione molto chiara tra la spesa monetaria, fiscale e l’inflazione dei prezzi delle attività. Pertanto, i trader asiatici non se la sono bevuta e le borse di Giappone, Cina e Australia hanno registrato un calo. Sono stati venduti future statunitensi ed europei, mentre il prezzo dell’oro è rimasto offerto ieri sopra i 1800 dollari l’oncia. Jerome Powell parla di nuovo oggi, ma non dirà nulla che non ci aspettiamo in questa seconda giornata.

La scorsa settimana il greggio Wti è sceso sulla scia di un aumento a sorpresa delle scorte statunitensi. Secondo l’ultimo rapporto Api, le scorte statunitensi sono aumentate di oltre un milione di barili al giorno, mentre l’aspettativa era un’altra settimana di notevole calo a causa della domanda proveniente dal Texas. I dati Eia più ufficiali hanno confermato una sorpresa simile in occasione del dato di oggi, ricordando agli investitori che non ci sono istanze durature dal lato dell’offerta in questo mercato che potrebbero pesare sui prezzi del petrolio.

Sul mercato dei cambi, la sterlina ha esteso i guadagni a 1,4243 a seguito di un rapporto non omogeneo sui dati provenienti dal mercato del lavoro nel Regno Unito. L’occupazione britannica è crollata di 114.000 unità negli ultimi tre mesi del 2020, ma i guadagni medi esclusi i bonus sono aumentati del 4,1% a dicembre dal 3,6% di un mese prima e le richieste di disoccupazione a gennaio sono diminuite di 20mila contro i 35mila aggiuntivi previsti dagli analisti. L’idea che l’aumento dei salari si traduca in un’inflazione più robusta e che la Banca d’Inghilterra (BoE) si astenga dall’utilizzare l’arma dei tassi negativi ha rianimato i corsi della sterlina, sebbene il suo forte apprezzamento potrebbe neutralizzare una parte della pressione sui prezzi al consumo nel prossimi mesi.

E infine il bitcoin si stabilizza vicino a 50mila dollari dopo un crollo sotto i 45mila dollari di martedì. La svendita guidata da Elon Musk ci ha ricordato che bitcoin non è un bene rifugio, al contrario, è un asset altamente volatile, che è positivamente correlato agli asset di rischio, e in particolare ai titoli tecnologici.

Parlando di bitcoin, le azioni Tesla sono state martellate nelle ultime due sessioni sulla scia della decisione della società di non accettare ulteriori ordini per il suo Suv elettrico Model Y dal prezzo più basso e, naturalmente, del crollo del prezzo di bitcoin. Proprio quest’ultima volatilità del bitcoin rappresenta un campanello d’allarme sul fatto che confondere il destino di Tesla con quello del bitcoin forse non è stata una grande idea per quegli investitori che non vogliono necessariamente avere un’esposizione alla volatilità espressa dal bitcoin mentre investono nel segmento delle auto elettriche. In quanto tale, la decisione di Elon Musk di investire 1,5 miliardi di dollari in bitcoin potrebbe costargli più della correzione della criptovaluta.

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