Investimenti azionari: meglio focalizzasi su settori e temi che fare scelte geografiche

A cura di Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki

Diversi anni fa vivevamo in un contesto ben diverso rispetto a quello attuale: i mercati dei capitali erano più isolati, i flussi commerciali erano più contenuti e i tassi di interesse differivano di Paese in Paese. Di conseguenza, il nostro processo di investimento si basava, in primo luogo, sull’area geografica, per poi focalizzarsi sull’analisi dei settori e sulla selezione dei singoli titoli.

Ma se osserviamo le performance settoriali nel 2020, possiamo notare come le distinzioni a livello geografico siano minime: ad esempio il comparto energetico USA ha perso il 37,6% nel 2020 e quello europeo, similmente, ha ceduto il 37,2%; un altro caso riguarda l‘Information Technology: negli Stati Uniti ha guadagnato il 44,5% e in Asia, allo stesso modo, le società IT hanno portato a casa il 51% circa. Inoltre, anche le aziende legate alle Clean Energy hanno ottenuto ottimi risultati indipendentemente dalla posizione geografica.

Nel corso degli ultimi anni le economia si sono integrate maggiormente sia a livello commerciale che finanziario e, conseguentemente, il focus sulle aree geografiche nel nostro processo di investimento è divenuto progressivamente meno importante. Infatti, diverse società multinazionali ormai presentano un fatturato ampiamente diversificato a livello geografico: Roche (azienda svizzera), ad esempio, totalizza il 50% delle sue vendite negli Stati Uniti, il 21% in Asia e il 22% in Europa.

Pertanto, dopo il rally degli ultimi anni e, soprattutto, in considerazione delle valutazioni meno attraenti rispetto al passato, per poter navigare al meglio in questo paradigma di mercato gli Investitori dovranno porre una maggiore attenzione su settori e temi più vincenti. Da parte nostra, proponiamo la seguente view:

  • View positiva su Consumer Staples (beni di prima necessità), Medtech e Information Technology, grazie soprattutto alle ottime prospettive di crescita futura spinta dalla forza dei trend di lungo periodo, in cui gioca un ruolo di fondamentale importanza la digitalizzazione dell’economia.
  • View positiva sul settore industriale e su quello dei materiali per poter cogliere il rialzo dell’azionario dovuto al progressivo ritorno alla normalità grazie alla somministrazione dei vaccini che, a nostro avviso, potrebbe portare le economie a segnare un forte recupero già entro la metà del 2021.
  • View positiva sul tema della Clean Energy, poiché permette di poter diversificare su settori ciclici e anti-ciclici, tra cui l’IT, l’industria, le utilities e i materiali.
  • View negativa sui finanziari e, in particolar modo, sulle banche, i cui margini sono compressi a causa dei bassi tassi di interesse e per via della forte concorrenza delle nuove Fintech, ovvero società che adottano business model snelli e digitalizzati per erogare più efficientemente i servizi finanziari.

Usa divisi a metá: un bene per la Cina?

Nonostante la manifestazione pro-Trump sia degenerata facendo scattare un vero proprio assalto al Congresso, giovedì a Washington è stato ripristinato l’ordine e il Parlamento si è riunito per la proclamazione del nuovo Presidente eletto Joe Biden. I due seggi mancanti della Georgia, infatti, sono stati assegnati al Partito Democratico, permettendo al nuovo leader, seppur con una maggioranza risicata al Senato, di portare avanti il proprio programma di governo.

Tuttavia, si rende necessaria un’analisi geopolitica, poiché di fatto, ad oggi, abbiamo un’America profondamente divisa dal punto di vista politico e ciò potrebbe rappresentare un punto di debolezza soprattutto nei confronti della Cina. Si ricordi innanzitutto che, nonostante se ne sia parlato di meno ultimamente, la guerra commerciale non è mai finita. Per fare il punto della situazione, osserviamo il grafico rappresentato. Nel 2018 il peso dei dazi sul totale delle esportazioni era pari all’8% per quanto riguarda quelli applicati dalla Cina (in rosso) e pari al 3% circa con riferimento a quelli applicati dagli Stati Uniti (in blu). Mentre a margine della Fase Uno di Gennaio (stipulata poco prima dello scoppio della pandemia) il peso delle tariffe sul totale delle esportazioni è salito vertiginosamente e ad oggi è pari a circa il 20% per entrambe le parti.

Al momento, dunque, non è cambiato nulla e Biden, a seguito delle elezioni di dicembre, ha affermato che, quantomeno per il momento, i dazi imposti al rivale asiatico non verranno annullati. Ma in ogni caso il nuovo Presidente dovrà adottare al più presto una strategia adeguata per arginare la Cina, poiché i dazi non stanno fermando l’espansione del colosso asiatico. Quest’ultimo nel corso del 2020, infatti, ha ristretto significativamente il proprio divario con gli USA, riuscendo a registrare, secondo il Fondo Monetario Internazionale, un tasso di crescita economica del +2% circa. Per il PIL americano, invece, ci si attende una caduta superiore al 4%. Ma non solo, nel 2021 il processo di restringimento del divario potrebbe continuare: lo stesso FMI si attende una crescita maggiore del +8% per la Cina, mentre per gli USA “solo” un +3% circa.

Pertanto, dato che la guerra dei dazi ad oggi non ha funzionato, cosa potremo aspettarci da Biden? Probabilmente avremo una ripresa del multilateralismo, al fine di stringere alleanze per formare un fronte comune. Ad esempio, gli USA potrebbero consolidare i rapporti con l’UE, rientrando nell’Accordo di Parigi sul clima e scacciando definitivamente lo spettro dei dazi sul settore automobilistico europeo. Oppure, secondo alcuni analisti, i Democratici potrebbero riallacciare la partnership commerciale con alcuni Paesi dell’area del Pacifico già avviata da Obama nel 2016 (abbandonata poi da Trump nel 2017), ovvero la cosiddetta TPP (Trans-Pacific Partnership) che include economie importanti come ad esempio Australia, Giappone e Singapore.

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