La Cina perde competitività, ma a farne le spese sono i consumatori Usa

Gli ultimi dati macroeconomici cinesi evidenziano nu rallentamento per la Cina, con una contrazione della produzione industriale ad aprile al 5,4% (dal precedente 8,5%) annuo, mentre le vendite al dettaglio crescono del 7,2% (contro l’8,7% di marzo). In maniera analoga gli investimenti immobiliari riportano un’espansione del 6,1% nei primi quattro mesi del 2019, contro il 6,3% del primo trimestre e al di sotto del 6,4% atteso.

Queste rilevazioni rafforzano la visione del Presidente Trump, che sente di essere in vantaggio nella guerra commerciale con Pechino – avvertono gli analisti di Wings Partners Sim – favorendo il mantenimento dell’attuale linea per mettere all’angolo la controparte ed ottenere termini favorevoli nel trattato”.

A fronte dei dazi del 25% imposti su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi, Pechino ha potuto rispondere soltanto co-pendo i 60 miliardi di importazioni statunitensi (alzando i dazi al 25% e 20% dai precedenti 10% e 5%). Inoltre a Washington si sta pianificando di porre dazi del 25% su altri 325 miliardi di merci al momento esentate tra solo un mese. “E questo potrebbe portare ad un incremento degli arrivi di prodotti nelle prossime settimane, per evitare la tassazione aggiuntiva, con un impatto positivo sul risultato di maggio ma negativo per i mesi successivi”, sottolineano da Wings Partners.

Sebbene sia la Cina a perdere di competitività, portando potenzialmente ad uno spostamento della produzione industriale in altri Paesi, a farne le spese sono i consumatori statunitensi (ed in particolare le famiglie delle classi più povere), che subiscono un aumento dei prezzi e una perdita del potere di acquisto, essendo i prodotti alternativi più costosi o non presenti sul mer-cato.

Nel frattempo, Trump ha concesso 180 giorni a Unione Europea e Giappone per siglare un accordo che preveda di limitare o porre restrizioni sulle esportazioni verso gli USA di automobili, rinviando l’aumento di dazi dal 2,5% al 25%.

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