La corrente dell’Atlantico e le influenze sugli Emergenti: la view di East Capital

A cura di: Marcus Svedberg, Capo Economista, East Capital
L’Europa ha evitato il rischio di disgregazione ed ora è in fase di recupero, mentre gli Stati Uniti sono tornati ai soliti ritmi di crescita. Riteniamo che l’evoluzione positiva nelle due più grandi economie mondiali (l’Eurozona è più grande di Cina e Giappone messe insieme) non sia stata pienamente riconosciuta. Il contesto macroeconomico migliore rispetto alle aspettative negli Stati Uniti è oscurato dal rialzo anticipato dei tassi di interesse della Federal Reserve e dai problemi in Cina, mentre l’evoluzione in Europa è stata offuscata dalla situazione in Grecia ed Ucraina.
La crescita
A partire dalla crisi finanziaria, le situazioni economiche negli Stati Uniti e in Europa hanno preso sentieri divergenti, ma le traiettorie di crescita non sono così differenti come spesso si pensa. Gli Stati Uniti, naturalmente, stanno andando meglio, ma entrambe le economie sono in accelerazione da inizio 2013 e la distanza tra le performance di crescita andrà scemando nei prossimi anni. In maniera ancora più importante, il rischio di deflazione e di disintegrazione dell’Eurozona si sono ridotti in maniera drastica.
La politica monetaria probabilmente rimarrà molto allentata su entrambe le sponde dell’Atlantico, almeno per un altro anno, anche se la FED ha interrotto il suo programma di acquisto di asset e potrebbe rialzare i tassi in autunno. Ma la crescita non è trainata esclusivamente da una base monetaria ridotta e dagli stimoli.
Il Fondo Monetario Internazionale ritiene che il livello più basso del prezzo del petrolio contribuirà a un’accelerazione nella crescita annuale degli Stati Uniti per circa lo 0,8%-1% e per lo 0,3%-0,4% in Eurozona nei prossimi cinque anni. E, in tutto ciò, Bruxelles e Washington stanno negoziando il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TIPP) che potrebbe accelerare la crescita del Pil di circa mezzo punto percentuale l’anno.
Le maggiori preoccupazioni riguardano i crescenti fermenti nazionalistici e populistici che sono esacerbati dalla polarizzazione partitica in America e dall’alto tasso di disoccupazione in Europa, sebbene riteniamo che difficilmente siano fattori in grado di impattare direttamente il mercato.
Le ripercussioni sui Mercati Emergenti
Il prossimo rialzo dei tassi negli Usa è naturalmente una brutta notizia per gli Emergenti, dato che il capitale e il dollaro diventeranno più costosi. Tuttavia, non siamo necessariamente d’accordo con il consensus sul fatto che il rialzo sarà disastroso per gli asset degli Emergenti. Di fatto, individuiamo quattro ragioni per cui il rialzo dei tassi – in qualsiasi momento avverrà – potrebbe rappresentare un punto di svolta differente rispetto a quanto i mercati si aspettano. In primo luogo, il rialzo dei tassi è ampiamente atteso e previsto. In gergo, diciamo che è stato già prezzato con la gran parte dei movimenti– rafforzamento del dollaro e deflussi dagli Emergenti– già fatta.
Il dollaro si è apprezzato nei confronti di tutte le divise dei più grandi Paesi Sviluppati nel corso dell’anno, e per più del 10% nei confronti di Brasile, Messico, Cile, Colombia, Perù, Malesia, Indonesia, Sud Africa, Russia e Turchia. I flussi di capitale verso gli Emergenti sono stati deboli negli ultimi anni e soprattutto durante i mesi che precedono l’aspettativa di un rialzo dei tassi (basti ricordare il taper tantrum del 2013). L’allocazione di obbligazioni ed azioni verso gli Emergenti è crollata da un picco di quasi il 18% nel 2011 all’attuale 12%, dato che è molto inferiore alla media del periodo post crisi finanziaria secondo i dati dell’Istitute of International Finance.
In secondo luogo, il rialzo dei tassi è il segnale decisivo di normalizzazione per l’economia americana. Il fatto che la più grande economia mondiale stia andando bene dovrebbe almeno parzialmente bilanciare il rallentamento cinese, soprattutto perché anche l’Eurozona sta mostrando un trend di miglioramento. In terzo luogo, i tassi americani sono rimasti ad un livello eccezionalmente basso molto a lungo e riteniamo che la Fed sottolineerà l’intento di un rialzo molto lento e graduale.
E questo mentre sia la BCE che la BoJ continueranno a stampare moneta, con la PBoC che molto difficilmente prenderà una posizione “da falco” a breve. Quindi è molto probabile che la politica monetaria globale rimanga molto accomodante. In fin dei conti, e in conseguenza di quanto abbiamo appena elencato, potrebbe essere di aiuto quando la Fed inizierà a rialzare i tassi. Gli asset dei Mercati Emergenti sono stati venduti sulla scia di rumor e aspettative del rialzo dei tassi, ma questo trend potrebbe invertire la rotta dopo il rialzo.
Le tematiche inerenti all’Eurozona hanno un impatto modesto sulle economie emergenti in generale, ma rimangono importanti per alcune di esse e per i mercati vicini, soprattutto nell’Europa centrale e nell’Europa dell’Est. Il miglioramento dell’economia dell’Eurozona, come già evidenziato, insieme al fatto che la BCE continui a stimolare l’economia, offre un buon sostegno alle economie emergenti europee. La situazione macro economica all’interno dei nuovi Stati membri oggi è verosimilmente la migliore di sempre, con una crescita positiva e una bassa inflazione.

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