La Fed salva il rally, quanti tagli nel 2019?

A cura di Robert Tipp, Chief Investment Strategist e Head of Global Bonds di PGIM Fixed Income

Il consenso prevede un taglio dei tassi da parte della Fed e un tono accomodante anche per quanto riguarda Bce e Boj. È necessario considerare anche l’effetto delle tensioni commerciali e i dati relativi all’inflazione, che è al di sotto dei target in tutto il mondo – Stati Uniti inclusi, dove si sta gradualmente allontanando dall’obiettivo del 2% fissato dalla Fed. Tutti questi fattori sono sintomatici e hanno portato a una domanda più ridotta per il credito. La Fed segue con attenzione questi sviluppi e ne sta prendendo atto, anche se all’interno dell’istituzione si registra una divisione, con metà dei governatori che ha riconosciuto il bisogno di politiche accomodanti e vede questa azione come un’escursione temporanea, mentre la restante metà non crede sia necessario un taglio e anzi si aspetta che i tassi salgano. La componente a favore di un taglio di 50 punti base riuscirà probabilmente a convincere gli altri membri, ma i risultati saranno visibili solo nei prossimi anni. Presumibilmente ci si muoverà in un contesto caratterizzato da una crescita moderata e da un’inflazione contenuta.

Non è da escludere, però, che i mercati stiano in un certo senso sovraprezzando i possibili tagli dei tassi nel 2019. Sicuramente è lecito aspettarsi misure accomodanti, tuttavia i tassi a breve termine sembrano prezzare un’attività molto superiore di quanto pensiamo farà effettivamente la Fed. Attualmente il mercato prezza, in media, un taglio intorno ai 100 punti base nei prossimi 12 mesi mentre noi ci aspettiamo due o tre tagli da parte della Fed. Questo perché esiste una piccola probabilità che, nel caso in cui le tensioni commerciali dovessero volgere al peggio, assisteremmo a un brusco risveglio del mercato, come accaduto l’ultima volta che la Bce ha tagliato i tassi e iniziato il QE, ossia in uno scenario negativo per le istituzioni finanziarie in cui i mercati hanno iniziato a scendere. Crediamo che i mercati stiano prezzando il fatto che tutte le banche centrali sono vicine al limite e che ci sono pochi modi di stimolare in maniera efficace la crescita e sostenere i mercati. A fronte di dati negativi, la Fed avrà bisogno di tagliare i tassi in maniera molto consistente. Nello scenario di base ci aspettiamo due tagli nei prossimi 12 mesi mentre il mercato prezza la possibilità di un numero di misure superiore a quelle previste e Fed Funds più bassi delle attese.

In ogni caso non è possibile prevedere se l’intervento della Fed sarà sufficiente a controbilanciare i danni di una guerra commerciale con la Cina, dato che sono presenti diversi elementi di incertezza legati alle configurazioni politiche e alla marcata frammentazione a cui stiamo assistendo – tanto l’Italia quanto gli Stati Uniti ne sono un esempio. Le motivazioni politiche possono portare a scelte che non fanno necessariamente il bene dell’economia e a tensioni tra i Paesi coinvolti. Alcune battaglie legate ad aspetti importanti – come ad esempio la proprietà intellettuale – forse possono avere senso, ma il mondo è abituato a gestire queste divergenze in maniera differente e un approccio di questo tipo mette sotto pressione gli investimenti e la fiducia minacciando la crescita, ed è un aspetto con cui continueremo ad avere a che fare nel prossimo futuro.

La popolazione invecchia, il debito mondiale è a livello record e sul mercato è presente molta liquidità – dato che diverse zone, inclusa l’Europa, si trovano a dover gestire i tassi negativi. Il risultato è che il livello di equilibrio dei tassi scende anche a fronte di una crescita dell’economia. Ma non ci aspettiamo una recessione, non vediamo gli eccessi che generalmente conducono a quel risultato. Semplicemente, il tasso di crescita è sotto le attese ma non stiamo registrando un indebolimento drammatico.

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