La realtà virtuale non è più un gioco: rivoluzionerà formazione e lavoro

I giganti della Silicon Valley sono in corsa per la “prossima grande cosa”. Alcuni, tra cui Tim Cook, ritengono che la realtà virtuale, aumentata o mista (“VR”, “AR” e “MR”, anche chiamata realtà digitale “DR”) sia il prossimo punto di svolta tecnologico da cui il mondo diventerà presto dipendente. Le tecnologie AR e VR, che hanno già iniziato a invadere i nostri smartphone, presto saranno il mainstream di veicoli e occhiali intelligenti.

Anche se il primo pensiero, parlando di realtà digitale (DR), potrebbe essere il successo globale di Pokémon Go o i filtri di Snapchat, il potenziale della realtà aumentata (AR) e virtuale (VR) è molto più concreto. Il mercato di massa è stato un importante palcoscenico attraverso cui presentare la nuova tecnologia ad un pubblico più vasto, i segmenti più importanti per sfruttare appieno la realtà virtuale e aumentata sono quelli corporate e commerciale. La transizione delle società verso un ecosistema digitale porterà a un aumento della produttività, a una riduzione delle inefficienze e alla trasformazione dei modelli di business tradizionali.

Attualmente, la realtà digitale si sta sviluppando rapidamente e, dato il suo ampio utilizzo – dalle aziende manifatturiere alle agenzie di marketing e anche agli istituti di formazione – assisteremo a un drastico cambiamento in tutti i settori. Ad esempio, la realtà digitale cambierà completamente il nostro modo di affrontare la formazione. Grazie alla VR, i chirurghi possono eseguire un intervento chirurgico ad alto rischio in un ambiente virtuale realistico e gli ingegneri nucleari possono simulare situazioni che non possono essere replicate nella vita reale.

Secondo il recente report di Klecha & Co. un numero crescente di aziende si sta aprendo alla realtà digitale. Nel 2017 si sono registrati 281 investimenti in AR e VR per un valore totale record di 2,3 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti e la Cina sono i principali mercati per questa tecnologia, e rappresentano circa il 70% degli investimenti globali.

“Uno dei trend più significativi che sta caratterizzando la realtà digitale”, ha commentato Stephane Klecha, Managing Partner di Klecha & Co., “è legato alle startup, che hanno superato la fase di dimostrazione di fattibilità (‘proof-of-concept’, o PoC) e hanno oggi una solida base di clienti, evidenziando quindi una strategia di apertura al mercato differente. Questa trasformazione attrarrà acquirenti e porterà a un aumento dell’attività sia in termini di valore che di numero di accordi conclusi. Le nuove fonti di finanziamento favoriranno lo sviluppo di tecnologie DR in una serie di contesti verticali e di applicazioni”.

Le tecnologie di DR, sia nel segmento B2C che in quello B2B, presentano una crescita annuale attesa a due cifre per i prossimi 5 anni. Secondo le previsioni di Idc, la spesa mondiale in AR e VR dovrebbe raggiungere circa 160 miliardi di dollari entro il 2023 con un tasso di crescita annuo composto a cinque anni (Cagr 2018-23) del 78,3%. Spicca in particolare la massiccia crescita della spesa industriale (+134%). Le spese B2B e B2C, a partire rispettivamente da 4 e 5 miliardi di dollari nel 2018, dovrebbero infatti divergere abbastanza rapidamente. Nel 2023 si prevede che la spesa dell’industria (121 miliardi di dollari) sarà tre volte superiore a quella dei consumatori (40 miliardi di dollari).

Entro il 2023 la spesa dell’industria dovrebbe crescere di 30 volte rispetto al 2018 soprattutto perché i dispositivi DR hanno raggiunto un livello di sofisticazione tale da poter apportare un valore aggiunto tangibile all’industria. La realtà digitale sta silenziosamente rimodellando il modo in cui le organizzazioni operano, dal processo di design e progettazione alla catena di montaggio, incidendo anche sull’esperienza dell’utente, sul marketing e sulla formazione digitale. AR e VR consentono alle aziende non solo di ridurre i costi, ma anche di migliorare contemporaneamente qualità e velocità.

“Quello della realtà digitale è un mercato frammentato e in rapida crescita, diviso tra B2C e B2B. La strategia giusta per le Pmi sarebbe quella di concentrarsi su questo secondo segmento, dove sono necessarie conoscenze specifiche e competenze verticali elevate, e lasciare alle grandi imprese il settore B2C, dove sono fondamentali la riconoscibilità del marchio e la possibilità di investimenti consistenti per arrivare a un’adozione da parte del mercato di massa”, conclude Stephane Klecha.

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