La super maggioranza di Abe riporta gli investitori internazionali in Giappone

A cura di Albert Abehsera, gestore del fondo Ubam-Ifdc Japan Opportunities Equity di Union Bancaire Privée – UBP

La coalizione di Shinzo Abe, primo ministro giapponese uscente che a settembre aveva annunciato le elezioni anticipate, ha vinto le elezioni con ampio margine. La sfida lanciata da Yuriko Koike e il suo “Partito della Speranza” non comportava grandi preoccupazioni, poiché le sue proposte, a livello programmatico, prevedevano solo piccole modifiche rispetto alla cosiddetta Abenomics. Le proporzioni della vittoria di Abe sono sorprendenti. Ora, con una “super maggioranza”, il nuovo governo potrà continuare con la sua agenda e, anzi, far avanzare in modo ancora più deciso le proprie politiche economiche, portando a un ulteriore aumento del tasso di crescita del paese.

In Giappone, la produzione industriale si è ripresa da una perdita dello 0,8% m/m in luglio, con un aumento del 2,1% m/m in agosto. La crescita del PIL del primo trimestre 2017 è stata rivista al ribasso al +2,5% annualizzato, ma ha confermato il solido slancio con l’espansione del PIL per il sesto trimestre consecutivo. Per quanto riguarda i risultati societari, se da un lato la crescita degli utili nei prossimi trimestri potrebbe rallentare a/a dopo il forte primo trimestre (+18,5% a/a), le previsioni di consenso indicano ancora una solida crescita degli utili ricorrenti del +8,6% per il 2017 nel suo complesso.

Abe punta ad alzare l’IVA per una seconda volta, scommettendo sul fatto che nel 2019, l’economia sarà in grado si sostenere gli effetti di questa misura e dal momento che gode di una larga maggioranza, probabilmente riuscirà a far passare il provvedimento. Se invece l’economia dovesse indebolirsi prima di allora, cosa che difficilmente si verificherà se non interverranno fattori esterni come degli eventi a livello geopolitico, è probabile che il primo ministro riveda la sua decisione.

Dopo quella di Shinzo Abe, c’è un’altra riconferma che potrebbe prospettarsi: quella di Kuroda a capo della Bank of Japan. L’operato del banchiere è infatti da considerarsi positivo, dal momento che, sebbene, il paese non abbia ancora sconfitto del tutto la deflazione, sembra essersi avviato sul percorso che lo porterà a questo obiettivo. La domanda interna sta aumentando anche grazie al QE (che è stato due volte più consistente di quello della Fed, non in termini assoluti, ma rispetto al PIL) e, anzi, si può affermare che senza di esso non si potrebbe parlare di Abenomics.

Per quanto riguarda le prossime mosse di politica monetaria, non ci aspettiamo grandi cambiamenti nel breve termine. Che Kuroda sia riconfermato o meno, sicuramente non ci attendiamo un intensificarsi del QE, poiché gli acquisti di asset sul mercato sono già così consistenti che un ulteriore aumento renderebbe poi più arduo il processo di uscita dal programma. La politica monetaria rimarrà più o meno invariata in attesa dell’inizio del tapering, di cui si comincerà a parlare forse fra un anno, ma non prima.

In questo contesto, i flussi finanziari indicano che anche gli investitori stranieri sono recentemente tornati con interesse ad investire nell’azionario giapponese, considerato che le valutazioni sono ancora molto più basse rispetto ad altri mercati. Se guardiamo al price to book ratio, negli USA è quasi tre volte più alto e in Europa è il doppio, quindi da un punto di vista relativo, questo è un mercato ancora conveniente, sebbene sia arrivato ai massimi da vent’anni. Le società registrano buoni risultati e aumentano i dividendi. Il ROE è molto più alto rispetto a pochi anni fa, passando dal 5% all’8%, e probabilmente salirà ulteriormente al 10, forse 12%. Quindi, stando anche ai micro-fondamentali, tutto indica che conviene investire nell’azionario giapponese.

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