La tassa di successione e investimenti: una chiave per crescere

A cura dell’Ufficio Studi di MoneyFarm

Da poco sono iniziate le Olimpiadi e questa citazione capita a fagiolo: «Eliminare la tassa di successione negli Usa sarebbe un terribile errore, equivarrebbe a comporre la compagine statunitense per i Giochi Olimpici del 2020, selezionando i primogeniti di coloro che vinsero la medaglia d’oro nei Giochi Olimpici del 2001». A dirlo non è un marxista, beninteso, ma un magnate del calibro di Warren Buffett, nel contesto dell’abolizione di tale imposta, proposta e attuata da George W. Bush durante il suo primo mandato da presidente: «Senza la tassa di successione – specificava Buffett – si ha di fatto un’aristocrazia di ricchezza, che significa tramandare di generazione in generazione il potere di gestire le risorse di una nazione secondo criteri ereditari, non di merito».

Basta questo, senza scomodare il successo planetario di Thomas Piketty e del suo “Capitale del XXI secolo” – nel quale propone una sorta di un’imposta globale sull’eredità – per comprendere come il tema della tassa di successione sia cruciale, nel contesto del dibattito politico-economico globale.

È un tema, questo, che si situa nell’alveo di un dibattito molto più ampio, legato alle crescenti disuguaglianze sociali e all’opportunità o meno di ridistribuire la ricchezza tassando il patrimonio. Soprattutto quando i patrimoni sono tesaurizzati e non vengono investiti nello sviluppo e nella crescita dell’economia. Il problema, insomma, ha due gambe: la concentrazione di ricchezza e la carenza di investimenti. Problemi che hanno indubbiamente molteplici origini e cause differenti. Ma che, se miscelati male, vanno a convergere, finendo per deprimere il contesto economico di un Paese.  In quest’ottica, il caso italiano assume contorni quasi paradigmatici.

Imposizione tributaria sulle eredità e incentivi all’investimento per ripartire. Quando si parla di Italia, si parla del Paese con uno dei più alti tassi di risparmio al mondo e con un numero di micro-imprese sul totale che lambisce il 95% dei casi. Nello stesso tempo, però, si parla anche di un Paese con un tasso d’investimento privato e un’educazione finanziaria decisamente tra i più bassi se comparati a Paesi come la Francia e la Germania.

«Qualcosa sta cambiando anche in Italia, ma siamo lontani dalla meta. Sta a noi intermediari e alle istituzioni promuovere un’educazione finanziaria di base che aiuti i risparmiatori a diventare investitori consapevoli» sottolinea Paolo Galvani, presidente e co-founder di MoneyFarm.

I patrimoni sembrano essere ben tutelati anche dal punto di vista della tassazione, ma il punto è che senza incentivi fiscali per chi investe (soprattutto in realtà come le piccole imprese) non si riuscirà a rimettere in moto il circolo virtuoso di cui l’Italia ha bisogno.

La tassazione sulla successione, abolita dal governo Berlusconi nel 2001 e reintrodotta in misura limitata da Prodi nel 2006, permettendo il taglio del cuneo fiscale, è oggi tra il 4 e il 10% (per gli eredi stranieri), laddove all’estero varia tra il 30% della Germania e il 45% della Francia. Persino la Svizzera, anche se di poco, ha un’imposta di successione più alta della nostra.

Stesso discorso per la soglia di esenzione applicata a suddetta tassa. Nel caso italiano è garantita l’esenzione completa per patrimoni al di sotto del milione di euro per coniuge e figli (100mila euro, se si eredita da fratelli o sorelle).

«Legare l’imposizione tributaria sulle eredità ad incentivi all’investimento potrebbe rivelarsi un buon modo per risolvere due problemi in uno» – dichiara Galvani. Gli investitori istituzionali potrebbero supportare le piccole imprese nostrane, creando una sinergia utile e quanto più necessaria di questi tempi. Ma basta guardare alle quotazioni sul mercato delle piccole medie imprese per capire quanta strada ci sia ancora da fare.

In Germania, il mercato MTF dedicato alle piccole e medie realtà imprenditoriali, ha quotato sinora 170 imprese. L’Alternext e il Marchè Libre francesi quotano rispettivamente 265 e 260 imprese, l’Aim Uk ne quota circa 1100. L’Aim Italia, finora ne ha quotate solamente 72… su un totale di sole 350 imprese quotate.

Pesa, in questo contesto, una normativa farraginosa, costi di quotazione elevati e, in buona parte, anche una storica idiosincrasia delle imprese, soprattutto quelle famigliari, a cedere quote di proprietà del loro “progetto di vita” pluri-generazionale. Nel Paese degli eterni paradossi e della spasmodica ricerca di ricette magiche per fermare il declino, legare la tassazione sulle eredità ad incentivi all’investimento potrebbe essere una buona idea.

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