La tregua commerciale Usa-Cina spinge i mercati

La settimana ha registrato un ottimo andamento per i mercati azionari, favorito dalla tregua commerciale Usa-Cina, sancita a Osaka durante l’incontro tra Donald Trump e il suo omologo cinese Xi. La tregua ha tra l’altro contribuito anche al calo dello spread Btp-Bund.
Viene quindi scongiurata la tanto temuta “escalation” della guerra commerciale in atto. E’ quanto si sottolinea nel commento settimanale ai mercati elaborato da Banca del Piemonte.

A Osaka, nel corso del G20, non c’è stato un accordo stabile tra Washington e Pechino, ma gli Usa non alzeranno le tariffe sull’import di beni cinesi e hanno soprattutto aperto alle forniture di aziende americane verso Huawei mentre Pechino si è impegnata all’acquisto di un ammontare non specificato di prodotti agricoli americani.

Gli analisti di Banca del Piemonte restano convinti del fatto che una risoluzione definitiva delle delicate questioni sul tavolo negoziale (dalla protezione della proprietà intellettuale al trasferimento forzoso di tecnologia) richieda tempi molto più lunghi del previsto, per cui il sollievo portato dalla tregua può dare respiro ai mercati nel breve termine ma non eliminare del tutto l’incertezza.

L’Italia evita la procedura di infrazione

Il mercato lo stava scontando da qualche giorno e poi in settimana è arrivata l’ufficialità: la Commissione europea ha ritirato la raccomandazione di aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Un’altra buona notizia per l’Italia è rappresentata dalla nomina di Christine Lagarde alla Bce: con questi due fattori a supporto lo spread tra Btp e Bund è calato velocemente fino a 207 punti base, minimi da maggio del 2018. Il differenziale tra Btp e Bund resta pur sempre più elevato rispetto ai 130 punti base di inizio maggio 2018, cioè prima della pubblicazione della prima bozza del Contratto di governo tra Lega e M5S, ma ugualmente il calo di questi giorni è considerevole, riportando l’Italia ai giorni precedenti alla formazione del Governo.

Macro

La probabilità che la Bce possa riprendere il suo programma di acquisto delle obbligazioni (governativi e corporate) è aumentata significativamente nel corso delle ultime settimane. Tuttavia, nonostante i mercati scontino che il QE possa essere uno dei primi programmi a essere riavviati dalla Bce in caso di deterioramento del contesto economico, l’euforia attuale del mercato al riguardo e sugli effetti sullo spread potrebbe essere prematura.
Recentemente infatti gli indicatori europei hanno mostrato alcuni segnali di stabilizzazione, portando con sé la possibilità (a meno di escalation da parte di Trump sulle tariffe auto) che i dati del secondo trimestre migliorino rispetto a quelli del primo ed inducano la Bce a posticipare l’avvio del QE.
In ogni caso l’entità di un eventuale QE 2.0 potrebbe essere inferiore rispetto alla prima versione: dagli 80 mld al mese si potrebbe passare ad un range compreso fra i 30 ed i 50 mld al mese, con il programma di acquisto di corporate bond che potrebbe non rappresentare un grande sconvolgimento di mercato alle condizioni attuali.

Altro fattore importante di cui tenere conto – notano gli analisti – è che l’appetito per il rischio degli investitori verrebbe soddisfatto da un maggior flusso di emissioni da parte delle aziende (anche Usa, si stanno osservando molti emittenti richiamare debito in dollari per emettere in euro) anche su scadenze molto lunghe per approfittare delle condizioni di mercato: questo potrebbe creare un’indigestione di offerta, indebolire il mercato e causare un sottoperformance degli spread di credito dell’area euro.

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