La volatilità dei mercati finanziari e i timori di un contagio globale

a cura di BNY Mellon

Nelle settimane passate, le autorità monetarie globali hanno dovuto riconoscere che i tassi di crescita delle economie internazionali saranno più bassi in futuro di quanto non siano stati sinora, sia nei Paesi emergenti sia in quelli sviluppati. Secondo gli esperti di BNY Mellon, l’affermarsi del nuovo scenario e le aspettative sulle politiche monetarie hanno scatenato la recente fase di volatilità dei mercati finanziari globali.

Bart Grenier, Presidente, CEO e CIO di The Boston Company Asset Management, società d’investimento parte del Gruppo BNY Mellon, commenta: “Se si ritiene che l’andamento delle azioni dipenda dagli utili aziendali, allora la crescita economica è senz’altro un fattore determinante nel guidare le performance delle Borse. Oggi la maggior parte degli investitori guarda con particolare attenzione alla Cina, ma in realtà non sono i fattori ben noti ai mercati a preoccuparci, quanto piuttosto quelli imprevisti, o quelli ignorati dai più. In particolare, riteniamo che oggi un’area di rischio risieda nei Paesi le cui valute sono direttamente o implicitamente collegate al dollaro statunitense. Ci aspettiamo infatti che il dollaro conservi a lungo la propria forza nello scenario attuale, e gli Stati con un tasso di cambio ancorato potrebbero trovarsi a sostenere pressioni per la svalutazione competitiva delle divise locali”.

Effetto contagio?

Sinead Colton, Head of Investment Strategy di Mellon Capital Management (Gruppo BNY Mellon), ritiene che l’andamento dei prezzi delle materie prime negli ultimi anni abbia anticipato in una certa misura il rallentamento della Cina, e che rifletta anche l’eccesso di offerta di alcune singole commodity.
Secondo Colton, i mercati sviluppati sembrano offrire le opportunità d’investimento più attraenti. “Il Giappone e le principali economie dell’Eurozona hanno retto bene nello scenario attuale, e le aspettative sugli utili delle aziende locali restano piuttosto robuste. Lo stesso non si può dire per molti altri mercati. Oggi più che mai, dunque, è fondamentale essere selettivi nelle scelte d’investimento”.

L’attuale fase di correzione dei mercati è iniziata dalla Cina, per poi proseguire in altri Paesi. Molti investitori temono ora che l’effetto contagio possa espandere ulteriormente la propria portata. Secondo Colton, “Il timore è che un possibile rallentamento della crescita in Cina possa avere ricadute negative anche su altre economie che si sono già indebolite, o che stanno attraversando una fase di ripresa meno robusta. Le esportazioni verso la Cina variano in larga misura tra i singoli Paesi sviluppati, quindi è opportuno distinguere caso per caso. Inoltre, molti operatori dubitano dell’affidabilità dei dati macroeconomici che arrivano da Pechino. Tale incertezza viene incorporata nella valutazione dei rischi, facendo sì che gli investitori reagiscano più bruscamente alle notizie sul rallentamento dell’economia cinese di quanto non farebbero altrimenti”.

Le possibili risposte delle autorità monetarie

David Leduc, CEO e CIO di Standish Mellon Asset Management, società d’investimento del Gruppo BNY Mellon, invita a monitorare le attività delle Banche Centrali, e ritiene che proprio la Banca Popolare Cinese potrebbe essere tra le prime istituzioni ad adottare nuove misure contro la volatilità finanziaria.
Al contrario, negli Stati Uniti la Federal Reserve potrebbe rimandare la normalizzazione delle politiche monetarie: “Nei verbali dell’ultima riunione, i membri della Federal Open Market Committee appaiono divisi circa l’opportunità di un rialzo dei tassi, a causa dello scenario internazionale e dell’andamento delle materie prime. Da quando i verbali sono stati pubblicati, il contesto globale si è fatto ancor più complesso, quindi è probabile che la normalizzazione delle politiche monetarie venga rimandata ulteriormente”, spiega Leduc.

Steve Kolano, Responsabile delle strategie multi-asset all’interno dell’Investment Strategy & Solutions Group di Standish, sostiene che i recenti movimenti di mercato possano essere spiegati solo se inseriti in un più ampio contesto economico. Il timore principale, sostiene Kolano, è che la fase di correzione si tramuti in una vera e propria crisi: “Non c’è dubbio che al momento gli investitori stiano incorporando nelle valutazioni un livello di crescita economica più basso. Ma se il contagio dovesse estendersi ulteriormente, allora dovremmo chiederci quali altri fattori sono in gioco. Il Brasile, che sinora è stato ai margini dell’attenzione dei mercati, potrebbe svolgere un ruolo chiave: il Paese è stato caratterizzato da turbolenze politiche, da una fase di debolezza economica legata all’andamento delle materie prime, e da massicci volumi di emissioni di debito denominato in dollari e in valuta locale. Sinora, di tutti questi fattori si è parlato ben poco, ma potrebbero presto venire a galla”.

Il premio sulla liquidità

I gestori di BNY Mellon osservano come il mese di agosto sia storicamente un “periodo nero” per la liquidità globale, a causa dell’attività ridotta sui mercati finanziari. David Leduc conferma: “Quest’anno, il basso volume di scambi è stato esacerbato dalle tendenze strutturali dei mercati obbligazionari. Tuttavia, il problema della liquidità non è limitato al reddito fisso, ma coinvolge anche i listini azionari internazionali, come si evince dall’andamento delle Borse negli ultimi giorni”.

“La domanda da porsi è la seguente: quello che sta accadendo in Cina porterà a un nuovo rallentamento in Asia, influenzando così l’outlook per l’intera economia globale? È possibile. Ma ci sarà un impatto effettivo anche sugli Stati Uniti? Al momento, non lo riteniamo probabile. Se la Federal Reserve dovesse posticipare il rialzo dei tassi, le ricadute sarebbero positive per tutti gli strumenti finanziari più esposti al rischio”.

Grenier paragona la volatilità dei mercati azionari alla “coda di una frusta che si muove rapidamente su e giù”. Secondo il manager, “Tre elementi hanno contribuito a determinare la situazione attuale: 1) l’andamento al ribasso delle materie prime, guidate dal petrolio, e il conseguente indebolimento di molte economie esportatrici; 2) il rallentamento della Cina; 3) un rafforzamento persistente del dollaro USA dopo decenni di debolezza, con implicazioni per tutti i Paesi e le società che emettono debito denominato in dollari”.

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