L’alta volatilità non molla la presa

A cura di Wings Partners Sim

Partenza d’anno che non sembra variare il tema di un dilagante pessimismo sui mercati che ci ha regalato il dicembre peggiore dal 1931 per i listini azionari americani e la performance annuale più deledente per lo S&P500 dalla crisi del 2008. La speranza di un cambio di passo all’alba del nuovo anno sfuma già questa mattina sulla scia di nuove e pesanti prese di beneficio sul comparto asiatico, complice il rilascio di statistiche cinesi che ancora una volta sembrano indicare una fase di protratta contrazione nel gigante asiatico. Se infatti l’indice PMI manifatturiero ufficiale aveva qualche giorno fa stigmatizzato una fase recessiva in di cembre, per la prima volta dal luglio 2016, questa mattina arriva la conferma dell’indice manifatturiero generalmente ritenuto più affidabile, il Caixin, che con un consuntivo a 49,7 conferma l’entrata in una fase di co ntrazione per la prima volta dal maggio 2017.

Al di là di questa non certo gradita conferma, i temi rimangono più o meno gli stessi visti in dicembre, tra colloqui sino-americani per ora ancora alle fasi preliminari in tema di politiche commerciali, il parziale shutdown governativo in USA, oggi al suo 11mo giorno in un braccio di ferro tra Congresso e Trump in tema di finanzia mento delle politiche presidenziali di confine, qualche nuova minaccia dalla Corea del Nord, la Brexit ed ovviamente gli ormai immancabili episodi di terrorismo che hanno costellato la vigilia del nuovo anno; insomma nulla di nuovo all’orizzonte ma anche nessun sviluppo positivo.

In tema di materie prime, il petrolio va a chiudere il primo anno in flessione dal 2015 appena tre mesi dopo aver registrato i massimi di quattro anni; il gas naturale si porta sotto quota 3 dollari per la prima volta da settembre, facendo così segnare il peggior dicembre dal 1991, l’oro entra nel 2019 sui massimi di sei mesi, sostenuto dalla avversione al rischio che si ribadisce visibilmente anche sui rendiment i dei titoli di stato americani, tutti in significativo ripiegamento a cavallo del capodanno.

I metalli non ferrosi, che inaugurano la prima sessione del 2019 con la dichiarazione opzioni di gennaio, non potevano certo rimanere immuni alle molteplici istanze ribassiste di queste giornate, per quanto alcuni metalli, e segnatamente piombo e, in misura più ridotta, zinco, abbiano mostrato a più riprese una certa inclinazione a smarcarsi dal resto del comparto per cercare un allungo tutto sommato giustificato dai buoni fondamentali. Decisamente meno positive le performance del rame, che chiude l’anno a ridosso dei minimi del 2018 (salvo poi tentare nella notte un rapido blitz verso quota 6.000 dollari, già abortito nelle prime fasi di apertura dell’LME) e dell’alluminio che chiude le ultime ba ttute del 2018 portandosi a ridosso di quota 1.800 dollari apparentemente immune alle notizie di ulteriori e corposi tagli produttivi da parte della Cina.

Anno che si apre quindi all’insegna di incertezza e volatilità, elementi che probabilmente ci accompagneranno ancora per i mesi a venire, ma chissà che questa non sia, almeno per i metalli, una ultima fase di debolezza prima di un recupero fattivo delle quotazion i, che a dire il vero, sembra essere abbastanza condiviso in prospettiva dalla maggior parte degli analisti.

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