Le incertezze del FMI

a cura di DeAWM

Un mondo senza Centro di gravità permanente Basta leggere l’introduzione al World Economic Outlook, ad opera del Capoeconomista FMI Olivier Blanchard, per capire quanto sia intricata la tela delle relazioni economico-finanziarie di questo 2015. Blanchard fa riferimento alle ripercussioni delle due grandi crisi degli ultimi anni (Lehman e debito europeo), notando come queste siano ancora in circolo in diversi Paesi. In termini di prospettive di crescita, il FMI prevede un 3,5% di crescita PIL globale nel 2015 (dopo due anni di crescita a 3,4%) e ci ricorda che le prospettive di crescita globale a medio termine (5 anni) sono ora a ~4,1% erano del 5% soltanto cinque anni fa. Il minore potenziale di crescita, purtroppo, diventa esponenziale nel tempo e riguarda ancora più da vicino i Paesi Emergenti. Ma, aggiunge Blanchard, anche la volatilità sui tassi di cambio ed il forte calo del prezzo del petrolio sono fattori dirompenti. I quattro fattori appena enumerati – ovviamente – non lavorano in autonomia: come nei libri di Lewis Carroll, paradossi e complicazioni diventano più reali del reale… Alcuni Paesi hanno definitivamente archiviato i momenti più bui della crisi, altri non ancora; alcuni Paesi raggiungeranno tassi di crescita fortemente inferiori a quelli registrati finora, altri (pensiamo all’India) stanno invece sperimentando l’opposto; anche con i movimenti dei cambi e del petrolio ci sono vincitori e vinti.

A livello di singoli Paesi, notiamo che le prospettive di crescita degli Stati Uniti risultano più forti del vicino Messico, dell’Est Europa oltre che di praticamente tutti i Paesi latinoamericani. Nel Vecchio continente, purtroppo l’Italia risulta il penultimo Paese in termini di crescita per quest’anno (come pure per il 2014, dopo Cipro) e addirittura l’ultimo per il 2016. In termini aggregati, le probabilità di recessione in Eurozona calano dal 40% dello scorso Ottobre al 25%, mentre le probabilità di deflazione calano dal 35% al 30%. Una nota positiva viene dal fatto che, rispetto allo scorso Ottobre, le stime di crescita sono diventate più incerte, ma con gran parte dell’incertezza nella regione positiva: +1,5% nel livello alto della “forchetta” di stime per il 2016, -0,4% nel livello basso.

La Grecia e il Wunderbund Il silenzio della Grecia ha fatto molto rumore in settimana: la situazione delle finanze elleniche è stata affrontata – senza novità sostanziali – ai margini degli incontri di Washington, dove si sono riuniti FMI, Banca Mondiale e G20. Sono previste due riunioni dell’Eurogruppo, il 24 Aprile e l’11 Maggio: il Governo greco deve sborsare, oltre agli stipendi di fine mese, 200 milioni a inizio Maggio, 1,4 mld l’8 Maggio, 766 milioni il 12 Maggio e 1,4 mld il 15 Maggio. Con ogni probabilità, le disponibilità elleniche di cassa sono inferiori a questi impegni, e lo stesso Ministro delle finanze Varoufakis ha ventilato l’opzione di default ricordando che – purtroppo – è già avvenuto nel 2012. Lui ed il vice Primo ministro Dragasakis sembrano essere intenzionati a rivendicare la permanenza nell’Eurozona anche in caso di default, ma Christine Lagarde del FMI ha già rigettato questa possibilità. Il vecchio adagio «sell in May and go away» sembra essere rafforzato dalle elezioni in Regno Unito il 7 Maggio e di 13 su 17 comunidades autónomas spagnole il 25 Maggio, e non stupisce che l’avversione al rischio abbia accompagnato una nuova e dirompente discesa dei rendimenti dei Bund tedeschi: i rendimenti sono negativi su tutte le scadenze fino ai 9 anni, mentre il trentennale ormai restituisce un rendimento a scadenza inferiore allo 0,50%. D’altra parte, è doveroso ricordare che rispetto ai momenti più bui dell’apice della crisi del debito europeo tra 2011 e 2012, questa volta l’Unione Europea ha a disposizione una supervisione bancaria comune e un impianto di Quantitative Easing che ha portato un effettivo scudo protettivo per gli altri Paesi periferici, Portogallo incluso. Mario Draghi, nella conferenza stampa successiva al Consiglio della BCE, ha ribadito l’enorme “capacità di fuoco” del programma di Quantitative Easing, rafforzando l’impegno di tutto il Board perché si rafforzi la ripresa in Eurozona.

Incognita Cina La Cina ha registrato in settimana una serie di dati macroeconomici che sembrano rafforzare un raffreddamento particolarmente “forte” per gli standard cinesi, anche se purtroppo nei primi mesi dell’anno si risente della volatilità dovuta alle festività del nuovo anno lunare. Le esportazioni sono in calo del 15%/anno, le vendite al dettaglio in crescita del 10,2% sono il dato più debole dal 2004, mentre il PIL è cresciuto soltanto dell’1,3% nel primo trimestre. Nel weekend la People’s Bank of China ha tagliato il tasso di riserve obbligatorie dell’1%: un taglio così forte non avveniva dall’apice della crisi Lehman nel 2008, e libererà RMB 1,3 mld (EUR ~195 mld). Allo stesso tempo, sono stati ammessi il prestito titoli per short selling ed è stato espanso il mercato futures sugli indici cinesi: potrebbe crescere la volatilità anche in quell’area.

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