A cura di Stefan Graber, Head Commodity & Alternative Investment Strategy, Credit Suisse
Materie prime: il petrolio tocca minimi pluriennali malgrado la situazione geopolitica. La debolezza delle materie prime prosegue senza posa, con i prezzi del petrolio in particolare che toccano nuovi minimi pluriennali a inizio 2016. Il Brent è sceso al di sotto di USD 35 – un livello non più osservato dal 2004. Le ultime perdite giungono sullo sfondo di un’escalation delle tensioni geopolitiche tra Arabia Saudita e Iran, proprio prima del probabile allentamento delle sanzioni nelle prossime settimane. Invece che indurre il mercato ad aggiungere qualche premio per l’incertezza, si ritiene che il conflitto tra le due principali potenze a livello regionale riduca ulteriormente la probabilità di un’azione congiunta dei membri dell’OPEC.
Fondamentalmente, i mercati fisici del petrolio restano caratterizzati da un massiccio eccesso di offerta. Dal momento che la domanda globale di petrolio continua ad apparire elastica nonostante i continui timori di natura macroeconomica, la produzione dovrà subire un aggiustamento perché ci possa essere un ribilanciamento sul mercato. Tuttavia questo processo resta penosamente lento e la produzione non-OPEC dovrà rallentare in modo più significativo.
Le tempistiche sono difficili da determinare con esattezza dato che i recenti tagli della spesa in conto capitale fanno sentire i loro effetti solo con un notevole ritardo. L’accesso ai mercati dei capitali sta diventando un fattore critico. Nel 2015 i trivellatori di scisto negli USA sono stati ancora in grado di finanziarsi in modo sorprendentemente semplice a fronte di una parziale copertura della produzione. Ora che le coperture sono in roll off e aumentano le pressioni su margini/cash flow, il rifinanziamento diventerà più difficile e i costi saliranno inevitabilmente. Detto questo, i volumi prodotti dai nomi del credito di qualità inferiore, maggiormente a rischio, sono relativamente ridotti e saranno necessari anche aggiustamenti della produzione in aziende di esplorazione e produzione (E&P) più grandi, dotate di bilanci più solidi. Nel nostro scenario di base, prevediamo ancora un mercato caratterizzato da un eccesso di offerta per tutto il primo semestre 2016, con un ulteriore accumulo di scorte prima che la situazione migliori (e i prezzi si riprendano moderatamente) a un certo punto nel secondo semestre 2016.
Nello stesso tempo, i rischi estremi ribassisti da qui consisterebbero nel raggiungimento dei limiti di magazzinaggio globali (probabilità medio-bassa) o in uno sganciamento del Riyal saudita dal dollaro USA (probabilità bassa). In ogni caso i rischi restano elevati (le volatilità implicite indugiano attorno al 50%) e gli elevati costi di carry in reazione alle curve dei future in ripidi riporti lasciano ai tentativi di bottom fishing uno scarsissimo rapporto rischio/rendimento. Seppur ancora rischioso, gli investitori potrebbero valutare di vendere la volatilità attraverso le opzioni. Anche i contratti sui future a più lunga scadenza (dal 2017 in avanti) potrebbero offrire del valore, dato che i prezzi poco al di sopra di USD 40 saranno forse troppo bassi per fornire degli incentivi finanziari a nuovi progetti di fornitura, che fondamentalmente saranno necessari un po’ più avanti (a causa dei naturali tassi di diminuzione nei giacimenti esistenti e di una domanda ancora in crescita).
Reddito fisso: favoriamo l’investment grade con parametri di credito più solidi. I titoli di stato benchmark sono stati i principali beneficiari del sentiment avverso al rischio sui mercati finanziari. Tuttavia, con i dati tecnici dei grafici che indicano ulteriori rendimenti negativi, manteniamo il nostro parere complessivamente negativo sul reddito fisso. Nell’ambito dei titoli di stato, diventiamo neutrali sulla Svizzera. Dopo la forte underperformance dello scorso mese, le valutazioni ora appaiono meno dispendiose, con i titoli sovrani che dovrebbero evidenziare performance in linea con il resto del segmento dei titoli di Stato andando avanti. Sui mercati del credito continuiamo a favorire le obbligazioni investment grade su base selettiva. Malgrado il turbolento inizio d’anno, il mercato primario dell’investment grade statunitense ha riaperto con otto nomi che hanno raccolto USD 15,8 miliardi nella giornata di martedì. Sebbene gli elevati volumi delle emissioni restino un rischio in termini di ampliamento degli spread, nomi più forti come Disney sono stati ancora in grado di registrare una contrazione degli spread dopo la guidance iniziale sui prezzi. Gli investitori nell’investment grade ora hanno una preferenza più equilibrata verso parametri di credito più solidi, con la selezione che riveste un ruolo essenziale in questa fase per evitare rischi di downgrade e perdite di capitale.
Il mercato primario dell’high yield, nel frattempo, è ancora chiuso al momento della redazione. Siamo molto cauti verso l’high yield, specialmente negli USA, dove la combinazione tra problematiche della liquidità, rischio di default e deterioramento dei fondamentali è destinata a esercitare ulteriore pressione su questa classe di attivi. Nell’high yield UE, sebbene la classe di asset sia supportata dalla politica monetaria accomodante della Banca Centrale Europea e da fondamentali generalmente più solidi, le valutazioni tirate e i potenziali rischi politici limitano il potenziale al rialzo.
Valute: un inizio 2016 doloroso per le valute dei mercati emergenti. Sul mercato valutario, le crescenti apprensioni per la crescita in Cina e negli USA e per la situazione geopolitica hanno innescato un netto deprezzamento delle valute dei mercati emergenti (ME). Ciò mostra come la valutazione conveniente non sia ancora sufficiente a stabilizzare il blocco dei ME. Le valute dei mercati emergenti continueranno a fronteggiare venti contrari nel breve termine alla luce del deprezzamento del CNY (che ci aspettiamo prosegua), del calo dei prezzi delle materie prime (che riducono le ragioni di scambio dei paesi esportatori di commodity) oltre che di limitati segnali di un’accelerazione della crescita nei ME. Il recente aumento dell’avversione al rischio è parimenti un fattore negativo, in quanto l’accresciuta volatilità riduce il carry per le monete dei ME. Mentre le valutazioni stanno diventando molto attraenti grazie a questa debolezza e i dati tecnici restano complessivamente neutrali, resteremmo ancora generalmente cauti sulle valute dei ME. Le eccezioni sono rappresentate da INR e MXN, che dovrebbero resistere meglio a un USD forte.
Lo yen giapponese ha guadagnato più del 2% rispetto all’USD e si è anche rafforzato nei confronti di altre valute. Mentre la forte sottovalutazione dello yen rispetto all’USD è dunque diminuita in seguito al recente movimento nel segmento spot, manteniamo le nostre prospettive negative su USD/JPY. Un ulteriore incremento dell’avversione al rischio potrebbe riflettersi in uno scivolone di USD/JPY ulteriormente al ribasso verso l’area 116–117. EUR/USD e USD/CHF hanno continuato a consolidarsi nei recenti range, considerato che le posizioni lunghe in USD non sono state ancora ridotte. Manteniamo pertanto le nostre prospettive neutrali per entrambi i cross. Anche i nostri pareri su altre valute del G10 restano invariati; continuiamo prevedere un consolidamento di USD nei confronti di GBP oltre che delle valute delle materie prime AUD e CAD.
Azioni: sentiment negativo a breve termine ma i fondamentali e le valutazioni sfociano in una posizione neutrale. Come altri asset rischiosi, le azioni globali sono finite sotto pressione nel nuovo anno. Nel contesto di una performance negativa in tutte le regioni, i mercati difensivi come la Svizzera e gli USA hanno sovraperformato i ME, il Giappone e l’Eurozona (UME) questa settimana. Lo stesso dicasi per i settori dove i difensivi hanno tenuto meglio dei ciclici. A nostro parere un sentiment difficile sul mercato potrebbe persistere a breve termine ma i fondamentali globali non sono diventati negativi e anche le valutazioni suggeriscono una posizione neutrale. Pertanto, manteniamo la nostra propensione neutrale sulle azioni globali.
UME e Svizzera restano le nostre regioni favorite. Nel difficile contesto globale, riteniamo che l’UME dovrebbe essere sostenuta dai suoi migliori fondamentali, con solidi dati dal settore manifatturiero e il recente taglio del tasso di deposito destinati ad alleggerire parte della pressione inflazionistica nei prossimi mesi. Nel breve termine, tuttavia, il suo beta elevato e il carattere ciclico potrebbero innescare un’underperformance. La posizione nell’azionario svizzero offre una copertura difensiva in una sessione di trading riskoff, beneficiando anche di una politica monetaria allentata e di una ripresa economica dell’UME. Vediamo delle opportunità anche in Australia, dove le valutazioni appaiono particolarmente attraenti.
Per contro, ci aspettiamo un’underperformance delle azioni statunitensi e britanniche. Negli USA, la sorpresa negativa degli indicatori anticipatori e le prospettive di tassi più elevati dovrebbero portare a un’underperformance, a nostro avviso. Nel Regno Unito l’incertezza sui prezzi delle commodity oltre a una possibile «Brexit» potrebbero mettere sotto pressione le azioni.