Legg Mason: “La guerra commerciale favorisce i mercati emergenti”

Le offensive commerciali tra Stati Uniti e Cina sembrano destinate ad intensificarsi. Non dovrebbero però degenerare in una guerra commerciale su vasta scala e, sul lungo periodo, investitori accorti potrebbero ottenere dei benefici: lo sostiene Kim Catechis, head of global emerging markets di Martin Currie, affiliata del gruppo Legg Mason. I rapporti tra i due colossi sono precipitati il 22 marzo, quando gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo piano di tariffe contro la Cina, con l’accusa che questa stia favorendo il furto di proprietà intelletuali delle aziende americane.

I dazi USA sulle compagnie cinesi, concentrati soprattutto sulle importazioni di acciaio e alluminio, potrebbero raggiungere un totale di 60 miliardi di dollari, andando a deteriorare una relazione già molto tesa, e destando timori di una guerra commerciale su vasta scala che danneggerebbe le aziende di entrambi i paesi. La Cina ha risposto subito con sanzioni che potrebbero colpire beni del valore di 3 miliardi di dollari.

I mercati di tutto il mondo hanno già reagito, con il crollo di alcuni indici chiave. Tuttavia Catechis – che gestisce il fondo Legg Mason Martin Currie Emerging Markets – ritiene che la guerra commerciale potrebbe rivelarsi una buona porta di ingresso all’azionario cinese e ad altri mercati emergenti.

“Le tensioni commerciali e politiche tra Cina e Stati Uniti” spiega Catechis “dovrebbero intensificarsi da qui a metà 2018, ma è probabile che non degenereranno in una guerra commerciale totale o in un conflitto più grave.” “La minaccia di ulteriori dazi per 60 miliardi di dollari non è giunta inaspettata: i cinesi si sono fatti trovare pronti e hanno preparato a loro volta una lunga lista di dazi per contrattaccare”.

“Pechino ha avuto molto tempo per organizzarsi, e proprio come l’Unione Europea nel recente caso dei dazi sull’acciaio, ha quindi identificato una serie di prodotti da colpire in risposta ad un’eventuale escalation di dazi da parte degli Stati Uniti. Si è dunque già preparata per una lunga battaglia e difficilmente farà passi indietro, mentre il progetto Nuova via della seta, insieme ad altre iniziative, accelera la diversificazione cinese su più mercati.”

Per gli investitori, la reazione sul breve termine dei mercati potrebbe rivelarsi un’occasione da sfruttare. “I titoli dei giornali possono aver generato allarme tra chi investe nei mercati emergenti “ afferma Catechis “ma, sul lungo periodo, queste restrizioni commerciali probabilmente serviranno solo ad accelerare la rapida crescita del commercio intraregionale tra mercati emergenti, con l’esclusione degli Stati Uniti. A nostro parere, ciò sposterà ulteriormente il baricentro del commercio mondiale in favore dei mercati emergenti.” Catechis ritiene che uno scontro commerciale alimentato dagli USA potrebbe accelerare alcuni processi già in corso relativi al commercio internazionale.

Innanzitutto c’è la RCEP, un nuovo accordo commerciale multilaterale tra paesi asiatici, promosso dalla Cina, che comprende anche India, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e i paesi ASEAN dell’Asia meridionale. Insieme, queste nazioni rappresentano circa il 40% del commercio mondiale.

Nel frattempo, l’iniziativa cinese “One Belt One Road” – che vuole ricreare l’antica Via della Seta – sta costruendo infrastrutture per facilitare il commercio, raggiungendo 65 nazioni. Per Catechis, già ora questo progetto sta avendo effetti positivi sulla velocità delle rotte commerciali tra Europa e Cina.

Infine c’è il Partenariato Trans Pacifico, il trattato che venne negoziato dall’amministrazione Obama e per poi essere scartato dalla Casa Bianca l’anno scorso, che continua nonostante l’uscita degli Stati Uniti. Le altre undici nazioni, tra cui le emergenti Messico, Perù, Cile e Malesia, stanno infatti andando avanti coi negoziati.

Guardando nello specifico alla Cina, Catechis aggiunge di preferire alcune tipi di compagnie che operano molto sul mercato domestico, e che sono particolarmente esposte alla crescita della classe media. “Vediamo opportunità molto interessanti in Cina, indipendentemente dai rapporti con gli USA” dichiara “soprattutto in quelle aziende favorite dalla crescita della classe media, nelle aree del consumo privato e dei servizi.”

Il gestore predilige anche quelle compagnie legate al mondo internet, che in genere assicurano una crescita elevata e redditizia senza aver bisogno di finanziamenti esterni. Sul lungo periodo, le aziende da seguire sono quelle che traggono vantaggio dal “sogno cinese” del presidente Xi: società ambientali che assicurano acqua e aria pulite, e compagnie di servizi che tagliano tempi di attesa e costi. I settori potenzialmente da evitare, dunque, sono quelli della ‘vecchia economia’: ossia l’industria pesante, che è altamente indebitata, molto inquinante e tende ad avere margini di profitto minimi. “È una scelta limpida” chiude Catechis “preferire l’economia nuova, brillante, con elevato ritorno sul capitale a quella vecchia, inquinante, poco redditizia e molto indebitata.”

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