L’Europa fra numeri e politica

A cura di Marco Caprotti, Morningstar
Non è stato un mese facile per chi investe in Europa. L’indice Morningstar dedicato al Vecchio continente, nel periodo (fino al 30 ottobre e calcolato in euro) ha perso più del 7%, portando a -6,3% la performance da inizio anno.
Indice Morningstar Europe
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Dati in euro aggiornati al 30 ottobre 2018
Fonte: Morningstar Direct
Diversi sono gli elementi da chiamare in causa per giustificare i ribassi: il declassamento dell’Italia da parte di Moody’s (con l’outlook che comunque rimane stabile), la pubblicazione all’interno dell’Eurozona e in particolare in Germania, di PMI preliminari deludenti ad ottobre e i nuovi warning che hanno scandito il periodo delle pubblicazioni dei risultati aziendali. Sui mercati sono tornate anche le tensioni per la guerra commerciale Usa-Cina dopo l’introduzione dei dazi in America.
Gli analisti della Banca centrale europea, intanto, hanno tagliato le stime di crescita dell’Eurozona per il 2018 e 2019 e hanno lasciato invariate quelle per il 2020. Come emerge dalla Survey of Professional Forecasters della Bce, il Pil dell’area euro si attesterà al 2% quest’anno (lo 0,2% in meno rispetto alle stime precedenti), all’1,8% nel 2019 (lo 0,1% in meno) e all’1,6% nel 2020 (stima invariata).
Merkel in bilico. Ci sono state poi questioni politiche che i mercati non hanno potuto ignorare. Ad esempio, in Germania, la potenziale fine della leadership del Cancelliere Angela Merkel. La questione è stata sollevata innumerevoli volte nel corso del 2018 ma, in questi giorni, nuove fonti hanno riportato i suoi piani di dimettersi da leader dell’Unione Democratica Cristiana (CDU), pur confermando la sua carica di Cancelliere.
“La Merkel in Europa ha rappresentato una figura stabilizzante e ci aspettiamo che nel lungo termine possano sorgere delle preoccupazioni sulle conseguenze della sua dipartita politica”, spiega Aneeka Gupta, Associate Director of Research di WisdomTree. Da registare anche la riunione della Bce che si è conclusa senza sorprese con la conferma della conclusione del Quantitative Easing per la fine dell’anno e del livello attuale dei tassi fino all’estate del 2019. Il numro uno dell’Eurotower Mario Draghi ha ribadito che resta necessario un ampio grado di accomodamento monetario per accompagnare l’inflazione verso la soglia obiettivo del 2%.
Crollano tutti, ma i Value un po’ meno
Per quanto riguarda i fondi, le categorie Morningstar dedicate agli strumenti che puntano sul Vecchio continente in quattro settimane (fino al 30 ottobre e calcolate in euro) hanno fatto registrare performance decisamente negative. Nel segmento Large cap, il comparto dedicato agli strumenti Blend si è lasciato per strada quasi l’8%. Quello destinato ai Growth è sceso del 9,3%. Male anche gli strumenti medium cap (-9,5%) e quelli small cap (-10,8%).
In generale, quello che ha perso meno è stato l’insieme dedicato alla Large cap value, calato del 7,5%. In questo segmento il fondo che si è comportato meglio, contenendo le perdite al 4,25%, è stato Franklin Mutual European N(acc)USD. “I gestori cercano large e mid cap europee che trattino a forte sconto rispetto alle stime o al loro valore intrinseco”, spiega Mathieu Caquineau, fund analyst di Morningstra in un report del 3 ottobre 2018. “Prestano particolare attenzione alla generazione di flussi di cassa e prediligono quei manager che sono convinti facciano gli interessi degli azionisti. L’orizzonte temporale è di lungo periodo. Di conseguenza, il turnover di portafoglio è fra i più bassi della categoria. A differenza di molti concorrenti, il fondo non è legato al paniere MSCI Europe in termini di azioni, settore, paesi o pesi”.

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