L’hi-tech a volte trema, ma ha numeri da record

A cura di Marco Caprotti, Morningstar
La stagione delle trimestrali ha fatto tornare in cima alle cronache finanziarie i titoli tecnologici. In particolare quelli raccolti nell’acronimo Faang (Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google) che sembravano finiti in disparte sul finire del 2018, quando la volatilità dei mercati si era accanita sui nomi growth che negli ultimi anni avevano corso di più. Bilanci alla mano, hanno cercato di dimostrare come la loro crescita, nonostante alcune scivolate, potrebbe non essere finita.
Facebook
La società che ha sorpreso di più è stata Facebook che, nonostante un 2018 complicato (nel quale ha avuto anche a che fare con lo scandalo dei dati personali usati in maniera illecita), nel quarto trimestre ha battuto le previsioni sia in termini di ricavi che di profitti, grazie all’aumento degli utenti attivi mensili (+9%) e delle revenue da pubblicità. In Borsa il risultato è stato, a gennaio, un galoppo del 27% (in dollari) che ha portato il titolo a 170 dollari. Una quotazione comunque lontana dai 220 dollari della scorsa estate.
“Siamo convinti che la continua crescita di utilizzatori di Instragram, IGTV e Stories attrarranno altri inserzionisti sulla piattaforma Facebook”, spiega Ali Mogharabi, analista di Morningstar che, in un report del 30 gennaio 2019, ha alzato del 2% il fair value del titolo di Mark Zuckenberg portandolo a 190 dollari (rating 3 stelle, 166 dollari la quotazione di questi giorni).
I rischi, dopo lo scandalo dell’anno scorso, sono di natura regolamentare. “Facebook ha preso seriamente la questione tanto da ingaggiare, come responsabile della comunicazione, l’ex vice Primo ministro inglese, Nick Clegg”, spiega l’analista. Il lavoro non gli mancherà. Una delle prime grane di cui dovrà occuparsi è uno studio che lega l’uso dei social media ad alcuni problemi psicologici fra i giovani. “E’ una questione calda, che difficilmente si dissolverà nel corso del 2019 anche se i numeri di Facebook dovessero essere impressionanti”, spiega l’analista.
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Fonte: Morningstar
Apple
Se Facebook si muove con cautela sul fronte legislativo, Apple lo fa su quello dei numeri. La società di Cupertino ha lanciato un warning sui dati dell’anno fiscale 2019 dopo un primo trimestre in chiaroscuro che ha visto il calo del 15% delle vendite di iPhone rispetto all’anno precedente (il Ceo Tim Cook ha parlato di forza del dollaro che ha frenato gli acquirenti nei paesi emergenti) e la crescita del 19% di tutto quello che non è telefono. “Noi manteniamo il nostro fair value di 200 dollari per azione (prezzo di questi giorni: 170 dollari, Ndr)”, spiega Abhinav Davuluri, analista di Morningstar in un report del 29 gennaio 2019 nel quale viene confermato anche il rating di 4 stelle. “Ci attendiamo una crescita del fatturato nell’ordine del 5%, a partire dal 2020, dopo un modesto 2019”.
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Fonte: Morningstar
Amazon
Non ha probemi di numeri, invece, Amazon che ha postato una trimestrale da record con 3 miliardi di dollari di profitti e ricavi per 72,4 miliardi. “Il mercato ha alcune preoccupazioni riguardo le strategie di maggiore internazionalizzazione del gruppo in determinate aree, come ad esempio l’India”, spiega R.J. Hottovy, analista di Morningstar in un report del primo febbraio 2019 in cui conferma il rating sul titolo (4 stelle) e il fair value (2.200 dollari. 1.600 dollari circa la quotazione di questi giorni). “Noi crediamo che, dal punto di vista degli investitori, sia una mossa per diventare una società sempre più dinamica e che dà ottime prospettive di monetizare nel lungo periodo. Ci aspettiamo un po’ di volatilità nel breve termine, ma crediamo che le potenzialità di creazione di flussi di cassa e l’evoluzione del business model non possano essere ignorati dagli investitori”.
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Fonte: Morningstar
Google
Numeri in crescita ha fatto vedere anche Alphabet (la società che controlla Google) con revenue in salita del 22% a 40 miliardi nel quarto trimestre grazie all’aumento delle inserzioni, dell’uso tramite mobile e della crescita di YouTube. “Non facciamo cambiameti alle nostre proiezioni e confermiano il fair value a 1.300 dollari (1.100 dollari la quotazione di questi giorni, Ndr)”, spiega Mogharaby, in un report del 4 febbraio 2019 in cui viene anche confermato il rating di 3 stelle. “Ci aspettiamo un rallentamento delle revenue per quanto riguarda le inserzioni pubblicitarie, ma nel complesso, grazie al contributo di YouTube e dei servizi cloud, la crescita sarà a un tasso del 17% all’anno fino al 2023”.
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Fonte: Morningstar
Netflix
Discorso a parte, almeno dal punto di vista operativo, merita Netflix che, nell’ultimo quarter dell’anno scorso, ha avuto ricavi per 4,2 miliardi di dollari e una crescita degli abbonatisuperiore alle attese. Il rating Morningstar è di una stella, a indicare che il titolo, a 344 dollari, è decisamente sopravvalutato rispetto a un fair value di 135 dollari. Colpa, soprattutto della corsa agli abbonamenti alla piattaforma degli ultimi anni, che ha fatto volare le richieste degli investitori per il titolo.
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Fonte: Morningstar

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