L’indice S&P500 è ancora a sconto, rimaniamo investiti in Equity

A cura di Carlo De Luca, Responsabile Asset Management, Gamma Capital Markets

Se guardiamo a quanto è avvenuto negli ultimi tre mesi, noteremo che, se è indubbio che il mercato azionario americano è salito molto (S&P + 16% da inizio anno) i dati macroeconomici, seppur ancora resistenti, sono in netto deterioramento (le attese sul PIL vanno dal 3,5% a 2,1%, le stime sulla disoccupazione da 3,4% a 3,7%) e anche le previsioni per le prossime pubblicazioni non sarebbero delle più rosee (le attese sul PIL vanno dal 3,5% a 2,1%, le stime sulla disoccupazione da 3,4% a 3,7%).

Per avere il quadro della situazione nel suo complesso e non farci ingannare da uno spettro temporale limitante, dobbiamo però portare lo sguardo ancora più indietro fino a tornare a sei mesi fa, ovvero al 30 settembre 2018. E’ da qui che bisogna far scorrere il nastro se vogliamo comprendere le dinamiche di mercato. Da questo punto, è semplice osservare come ci siano stati tre mesi di discesa continua (ottobre-dicembre) seguiti da tre mesi eccezionali (gennaio – marzo). E ora?

 

S&P500 sui massimi

Se guardiamo l’indice S&P500, noteremo che si trova di nuovo sui livelli massimi e sempre più vicino ai prezzi lasciati a fine settembre. Stupisce moltissimo allora quando si scopre che, benchè l’indice sia risalito, in realtà il prezzo delle azioni che lo compongono risulti meno caro.Facendo un passo indietro ricordiamo che gli utili pubblicati nel corso delle ultime due trimestrali sono stati migliori delle previsioni confermando una crescita annua del 13% degli utili per azione. Pertanto, benchè l’indice si trovi sugli stessi livelli, non è sbagliato affermare che i prezzi delle azioni che compongono l’S&P500 sono ancora a sconto: sei mesi fa infatti il PE medio si attestava intorno a 21,60 mentre ora è sceso a 19 perché al denominatore gli utili sono cresciuti mentre al nominatore i prezzi sono scesi da 22 a 16. A parità di utili ci sarebbe dunque ancora spazio per una nuova salita, per coloro che ritengono che i titoli al 30 settembre fossero correttamente prezzati e non “in bolla”.Nonostante il grande recupero dal quarto trimestre ad oggi. (+15%) la Borsa americana risulta dunque meno cara rispetto al 30 settembre perché il PE è inferiore.

Comprare quindi??

Per rispondere a questa domanda occorre vedere bene cosa faranno le trimestrali. Infatti, se gli utili delle società confermeranno una crescita del 12% annuo, il rapporto tra prezzo e utili calerà e la Borsa, che sconta sempre i guadagni futuri, crescerà perché è a livelli inferiori rispetto alla fine del terzo trimestre.

 

La view del gestore

In questo momento, manteniamo inalterata, pur senza sovrappesarla, la componente azionaria del portafoglio. Oltre alle considerazioni sui livelli, infatti, occorre ragionare sul fatto che al termine delle earning season inizia solitamente il periodo di buy back, che nell’ultimo trimestre è stato fortissimo. Si tratta di un fenomeno che si presta ad una doppia lettura: da un lato infatti il buy back è positivo perché significa che le aziende credono nel proprio business; dall’altro, è negativo in quanto in tal modo gli utili vengono “gonfiati” perché mettono in bilancio un guadagno sulle proprie azioni il trimestre successivo “drogando” l’utile futuro. Lo abbiamo visto chiaramente nell’ultimo trimestre: se da una parte si è registrato un deflusso degli investitori retail dai fondi, dall’altro ,da parte della Corporate America, ci sono state grosse operazioni di buy back, il che significa che è un mercato attualmente guidato dalle mani forti. E questo a noi non dispiace affatto.

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