L’inflazione e la “teoria del ketchup”

“Siamo ancora nel mezzo della più grande crisi sanitaria globale registrata nell’arco di un secolo, e il mondo è in attesa di un vaccino che ci permetta di tornare alla vita normale. Il mercato, tuttavia, ha già avuto la sua dose sotto forma di un sostegno monetario e fiscale senza precedenti offerto al settore privato. Il grande interrogativo è se l’immunità alle notizie negative durerà fino alle elezioni statunitensi, sopravvivendo ai negoziati sulla Brexit, alle tensioni geopolitiche e al recente aumento dei contagi da Covid-19. Sul lungo periodo, non abbiamo dubbi che i fondamentali siano ancora importanti per i mercati; negli ultimi mesi, tuttavia, gli interventi delle autorità monetarie hanno prevalso su tutto il resto. L’azione veloce e decisiva dei governi e delle banche centrali ha contribuito a riassorbire gran parte delle perdite iniziali, eliminando il rischio sistemico dal mercato. Il rischio di una crisi bancaria o persino di una crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona è probabilmente diminuito rispetto a prima del Covid-19, grazie alla semplificazione della regolamentazione bancaria, all’introduzione di titoli simili agli Eurobond, a norme meno rigide per il sostegno statale e a diverse altre azioni di supporto intraprese dalle autorità”. E’ quanto afferma Jamie Stuttard, Head of Global Macro Fixed Income Team di Robeco. Di seguito la sua analisi sulle prospettive dei mercati.

Consapevoli di questa dinamica, siamo rassicurati dal fatto che almeno gli spread del debito bancario senior e dei titoli di Stato dell’area euro sono sotto il controllo delle autorità e difficilmente destinati a registrare un marcato incremento. Lo stesso vale per le obbligazioni corporate di alta qualità che sono ammissibili agli acquisti da parte della Bce e che beneficiano di un sostegno fiscale sotto forma di prestiti garantiti, programmi di congedo ed altre misure. Uno dei pochi segmenti del mercato in cui i fondamentali hanno ancora un peso è l’estremo più debole del mercato high yield. Infatti, si trovano molte imprese vulnerabili che non sopravviveranno ad un lungo periodo di debolezza della domanda.

Limitate conseguenze inflazionistiche

È difficile che si verificherà un impatto inflazionistico significativo dall’enorme incremento dell’offerta di moneta immesso dalle autorità fiscali e dalle banche centrali, almeno nei prossimi anni. Le spinte disinflazionistiche derivanti dal calo della domanda saranno semplicemente troppo forti. Neppure trend secolari quali l’invecchiamento demografico e lo sviluppo tecnologico lasciano presagire un’inflazione galoppante. Inoltre, la ricerca accademica suggerisce che l’impatto inflazionistico della deglobalizzazione non dovrebbe essere sopravvalutato. Le probabilità di un aumento dell’inflazione in un orizzonte che va oltre i prossimi anni sembrano però più elevate. Tuttavia, ciò richiederebbe che l’espansione dell’offerta di moneta fosse sostenuta e in definitiva associata a un deciso incremento della spesa delle famiglie e delle imprese, in quanto una maggiore quantità di denaro permetterà di acquistare un minor numero di beni. L’inflazione seguirà probabilmente le regole della “teoria del ketchup”: “All’inizio senza fare pressione non esce nulla, ma continuando ad agitare la bottiglia il ketchup comincia a scorrere, e alla fine se ne versa più di quanto desiderato.”

Rallentamento della ripresa

Dopo lo shock iniziale, i dati macroeconomici nel terzo trimestre hanno sorpreso al rialzo rispetto alle aspettative molto pessimistiche, dando impulso ai mercati degli asset rischiosi. Tuttavia, il dinamismo della ripresa sta chiaramente scemando e le sorprese positive sono finite. Con l’avvicinarsi dell’inverno nell’emisfero nord, si assiste già a un aumento dei contagi in gran parte dell’Europa e all’imposizione di lockdown locali che pregiudicheranno la ripresa economica. Per molte imprese la contrazione economica si traduce in bilanci più deboli e cash flow negativi. Non dimentichiamo che il Covid-19 è sopraggiunto dopo la più lunga espansione economica mai registrata dall’Nber negli Stati Uniti. Debolezze quali l’eccessivo indebitamento in bilancio, le operazioni di M&A finanziate con debiti e la scarsa documentazione erano già prevalenti nel mercato del credito corporate. Il massiccio intervento del governo nel settore privato e le iniezioni di liquidità hanno contribuito a prolungare il ciclo, ma è probabile (e salutare) che andremo incontro a una fase ribassista. Un mercato bear è il metodo di bonifica migliore, poiché favorisce l’eliminazione delle imprese fortemente indebitate, il risanamento dei bilanci e il rafforzamento della documentazione. Solo quando questo processo sarà completato i mercati saranno pronti per una nuova fase rialzista pluriennale nel mercato del credito.

Valutazioni elevate

Per la totalità del mercato le valutazioni ci sembrano elevate. I livelli degli spread sono pari o inferiori alla media di lungo periodo in tutti i segmenti di mercato. Questi differenziali ridotti possono essere spiegati dalla solidità dei fattori tecnici, ma non compensano l’attuale situazione dei fondamentali. Il mercato appare ancora più sopravvalutato se si tiene conto della qualità. Il peso dei titoli BBB nel mercato investment grade statunitense è salito progressivamente dal 35% del 2008 a oltre il 50% di oggi, portandosi entro lo 0,5% dal suo massimo storico. Per le obbligazioni high yield è più facile prevedere un futuro ampliamento degli spread, poiché questo mercato trae solo un beneficio indiretto dal supporto della banca centrale. La Fed limita gli acquisti di singole obbligazioni high yield alle società che avevano rating investment grade prima di fine marzo 2020, per un totale di soli otto bond.

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