Lo stallo presidenziale del Venezuela scatena tensioni internazionali

A cura di Stéphane Monier, Chief Investment Officer, Banque Lombard Odier & Cie SA

Il Venezuela, nel pieno di un periodo di iperinflazione e di carenza di beni alimentari, attualmente si trova ad avere due Presidenti. Nicolás Maduro, vice presidente e successore di Hugo Chavez, e Juan Guaidò, 35enne e volto nuovo della scena politica. Il braccio di ferro tra i due ha dato via ad uno scontro politico, non appena Stati Uniti, Russia, Cina e Unione Europea hanno scelto da che parte schierarsi e, per la prima volta, il supporto internazionale coincide con un aumento dell’opposizione popolare.

Maduro, insediatosi nel 2013 dopo la morte di Chavez, ha iniziato all’inizio del 2019 il suo secondo mandato di 6 anni con il supporto – momentaneo – delle forze militari. Nel bel mezzo delle proteste da parte dell’opposizione, Guaidò si è auto-dichiarato presidente ad interim il 23 gennaio, affermando che la Costituzione consente al capo della legislatura di guidare un Governo provvisorio in vista di nuove elezioni, a seguito di quelle di maggio che egli ritiene illegittime. La salita di Gauaidò al potere è iniziata il 5 gennaio, quando è diventato presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana controllata dall’opposizione.. Nonostante il suo partito sia composto anche da membri più anziani, questi sono tutti in esilio, in arresto o si naocondono.

I catalizzatori dei disordini sociali in Venezuela non sono difficili da individuare. Il sistema sanitario è collassato e malattie come malaria, morbillo e difterite si stanno diffondendo nuovamente. Inoltre, secondo le Nazioni unite, l’80% della popolazione soffre di malnutrizione per via del fatto che non riesce ad avere accesso ai beni alimentari di prima necessità. Un venezuelano su 10, su una popolazione di 32 milioni, è fuggito dal paese negli ultimi 4 anni. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2018, il debito pubblico lordo del paese si è attestato al 159% del PIL, contro il 38,9% dell’anno precedente. Nel 2017, invece, l’inflazione ha raggiunto il 2.820%, salendo al 2.500.000% nel 2019 e, in base alle stime del FMI, potrebbe raggiungere i 10.000.000% nel 2019.

Questa però non è la prima volta che Maduro si è trovato difronte a delle proteste, compresi i diversi mesi di rivolte nel 2014 e nel 2017, che hanno causato centinaia di decessi. L’esercito ha un ruolo cruciale nella presa di potere di Maduro. Chavez, il suo predecessore era un ex ufficiale e ha riunito l’esercito intorno alla sua presidenza dando agli esponenti militari delle cariche politiche. Ad esempio, Manuel Quevedeo, Generale Maggiore della Guardia Nazionale, ricopre da dicembre 2017 anche il ruolo di Presidente di Petróleos de Venezuela S.A. (PDVSA), la compagnia petrolifera a partecipazione statale.

Tuttavia, il sostegno militare può dipendere dalla capacità di Maduro di continuare a pagare l’esercito e che riesca a mantenere in carica i membri del Governo da lui nominati. Si temono rappresaglie se questi dovessero essere deposti. Guaidó ha offerto amnistie e afferma di aver avviato dei colloqui “clandestini” con i militari. Abbiamo già visto una serie di defezioni degli esponenti di basso rango che hanno iniziato ad appoggiare Guaidó, compreso il funzionario militare Venezuelano a Washington.

Le sanzioni imposte la settimana scorsa dagli Stati Uniti sui 7 miliardi di dollari di asset di PDVSA hanno, di fatto, ridotto la principale fonte di reddito di Maduro. Gli Stati Uniti hanno messo il controllo dei conti bancari del Venezuela in mano a Guaidó, il quale ha affermato di star cercando di recuperare gli asset venezuelani detenuti all’estero.

Esportazioni di petrolio

L’economia venezuelana dipende fortemente dal petrolio. Il greggio rappresenta il 95% delle esportazioni del paese e il 25% del PIL. Secondo l’OPEC, nel 2017 il paese deteneva le più grandi riserve di petrolio del mondo, il 24,9% del totale. Tuttavia, lo scorso anno le esportazioni sono crollate a 1,25 milioni di barili al giorno, il livello più basso raggiunto dal 1990, rispetto ai circa 3 milioni di bpd durante la presidenza di Chavez (1999-2013). L’iperinflazione e la recessione economica hanno complicato gli attuali problemi di stoccaggio del greggio e hanno rallentato le riparazioni e la manutenzione degli impianti. Inoltre, anche le raffinerie, che funzionano a circa un terzo della loro capacità, sono state minate dalla carenza di manodopera. L’agenzia di rating Fitch stima che quest’anno la produzione potrebbe diminuire di un altro terzo.

Più del 40% delle esportazioni di petrolio del Venezuela sono indirizzate negli Stati Uniti, con Cina e India che, secondo i dati di Bloomberg, acquistano circa un quarto della produzione l’una. Il Venezuela è il terzo maggiore fornitore di greggio per gli Stati Uniti, dopo Canada e Arabia Saudita.

La scelta delle parti

Maduro, ex autista di autobus di Caracas e sindacalista, ha ottenuto il sostegno di Cina, Iran, Turchia, Messico e Russia. Sergei Lavrov, ministro degli Affari Esteri russo, ha affermato che il suo paese “farà di tutto per sostenere il Governo legittimo del presidente Maduro”.

La Cina e la Russia sono i maggiori creditori del Venezuela. La Russia ha elargito al Venezuela prestiti e investimenti per un valore di circa 17 miliardi di dollari e a dicembre ha siglato un altro accordo da 6 miliardi di dollari, investendo nei settori dell’oro e del petrolio. La Cina ha prestato al Venezuela circa 62 miliardi di dollari nel decennio 2006-2016 2016 che andranno rimborsati in gran parte in petrolio.

Guaidó, laureato in ingegneria e pubblica amministrazione, eletto al parlamento venezuelano nel 2010, ha il sostegno degli Stati Uniti, del Canada, del Regno Unito e di gran parte del Sud America, tra cui quello del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, di Argentina, Colombia, Cile e Perù. L’Unione Europea ha richiesto che nel paese vengano effettuate “elezioni libere e credibili” per risolvere la crisi, mentre Spagna, Francia e Germania hanno dichiarato che sosterranno Guaidó se non verranno convocate nuove elezioni entro pochi giorni.

Maduro ha dichiarato di essere disposto a dialogare con l’opposizione, in presenza di mediatori internazionali. “Se gli imperialisti vogliono nuove elezioni, che aspettino fino al 2025” ha affermato in un intervista rilasciata il 30 gennaio all’agenzia di stampa russa RIA Novosti. Gli Stati Uniti stanno cercando di “mettere le mani sul nostro petrolio, proprio come hanno fatto in Iraq e Libia”, ha dichiarato Maduro la settimana scorsa.

Lo stesso giorno, la Corte Suprema venezuelana ha congelato i conti bancari di Guaidó e gli ha vietato di viaggiare. Tale provvedimento fa seguito alla decisione del Procuratore Generale venezuelano di aprire un’indagine sul leader dell’opposizione.

Cosa succederà adesso?

C’è la possibilità che, con il costante supporto dell’esercito, Maduro possa rimanere al potere. Tuttavia, con le redini finanziarie ormai furi dal controllo di Maduro e un maggior numero di paesi che riconoscono Guaidó come leader legittomo, una transizione politica deve essere vicina, a meno che la Russia e la Cina non scelgano di incrementare i prestiti per sostenere il regime esistente. Purtroppo, Maduro e i suoi sostenitori hanno ben poco da guadagnare dalla rinuncia al potere con mezzi democratici. Qualunque sia il risultato, la popolazione venezuelana ha disperatamente bisogno di una soluzione alle sue sofferenze economiche che deve anche essere messa in pratica rapidamente.

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