Lombard Odier: vento contrario per l’euro. L’analisi delle valute

A cura di Vasileios Gkionakis, Head of FX Strategy, Kiran Kowshik, Global FX Strategy, Homin Lee, Macro Strategist Asia e Sophie Chardon, Senior Cross-Asset Strategist di Banque Lombard Odier & Cie

Euro

La sentenza del tribunale tedesco (Gcc) del 5 maggio relativa al Public Sector Purchase Programme (Pspp) della Bce rappresenta un forte vento contrario per l’euro. Il Gcc ha stabilito che la Bundesban non può più partecipare al Pspp, a meno che la Bce non dimostri che “gli obiettivi di politica monetaria non sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica fiscale ed economica del programma”, e ha inoltre concesso alla Bce tre mesi di tempo per fornire una prova di quanto affermato. Abbiamo discusso ampiamente di ciò che questo implica per il cambio euro/dollaro nel nostro ultimo Investment Strategy Bulletin, e qui di seguito forniamo una sintesi della nostra view.

In primo luogo, è improbabile che la decisione inneschi una vera e propria crisi costituzionale (la Bundesbank dovrebbe essere in grado di fornire una giustificazione per il Pspp sulla falsariga di quanto richiesto), ma farà calare il già fragile sentiment degli investitori nei confronti delle attività dell’area euro. La sentenza crea inoltre confusione sul primato della Corte di Giustizia Europea per quanto riguarda l’interpretazione del diritto comunitario e – in una certa misura – mina l’indipendenza della Bce. In secondo luogo, è probabile che mantenga elevati gli spread periferici dell’area euro, fattore che eserciterebbe ulteriore pressione sulla valuta. In terzo luogo, anche se non dubitiamo della volontà della Bce di espandere ulteriormente il Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme) visti i rischi legati al virus, ora la sentenza della Corte di Giustizia tedesca potrebbe avere una maggiore influenza sulle decisioni future relative alle dimensioni e alla composizione di ulteriori acquisti di asset. In quarto luogo, questa mossa ha creato un precedente che aumenta il rischio di simili battaglie legali tra i tribunali e le banche centrali nazionali in tutti gli Stati membri. Infine, è possibile che la decisione possa aprire la strada a un simile controllo legale per il Pepp.

Non riteniamo che il cambio euro/dollaro crollerà, visto che c’è una significativa sottovalutazione delle partite correnti dell’area euro e gli stimoli fiscali sono stati emanati dai singoli Stati membri per arginare l’epidemia. Tuttavia, questa incertezza in ambito costituzionale si traduce nel fatto che adesso c’è un premio di rischio più elevato incorporato nell’euro, e che l’asticella per l’apprezzamento materiale è aumentata.

Rischi per questa view: vediamo sia i rischi al rialzo che quelli al ribasso.
Da un lato, il recente accordo tra Germania e Francia per sostenere un Recovery Fund da 500 miliardi di euro rappresenta un importante sviluppo, soprattutto perché verrebbe finanziato tramite prestiti europei e il ricavato verrebbe poi distribuito attraverso trasferimenti di bilancio (in modo da non incidere sui profili di indebitamento delle economie). Tuttavia, una tale proposta richiede l’accordo di tutti i 27 membri dell’Ue, e Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia stanno già opponendo resistenza (preferiscono l’erogazione di risorse tramite mutui). Di conseguenza, questo potrebbe rivelarsi un processo lungo, in un momento in cui i danni economici indotti dalla pandemia iniziano ad essere visibili in diversi paesi dell’Ue. Ciononostante, si tratta di una svolta significativa, e se portasse a un rapido accordo e a una rapida attuazione del fondo, la nostra view sul cambio EUR-USD sarebbe nuovamente costruttiva.
Dall’altro, il cambio euro/dollaro si rivelerebbe decisamente ribassista se: 1) la sfida costituzionale si trasformasse in una vera e propria crisi; 2) i leader dell’Ue non riuscissero a trovare un accordo su una misura comune di sostegno fiscale o il processo si trascinasse troppo a lungo; e/o 3) il trend positivo della curva di contagio in Europa si invertisse.

Franco svizzero

Oltre alle modifiche apportate alle nostre previsioni sul cambio euro/dollaro, abbiamo abbassato i nostri target per il cambio euro/franco svizzero di quest’anno per due motivi. In primo luogo perché l’aumento dei rischi dell’area euro (come indicato in precedenza) genera un’ulteriore fonte di pressione sulla coppia euro-franco svizzero. Nei periodi di maggiore avversione al rischio, il cambio tende ad essere inversamente correlato con gli spread di rendimento Btp-Bund, suggerendo che, fino a quando gli spread resteranno elevati, sarà molto difficile per il cambio euro/franco svizzero riportare performance al rialzo. In secondo luogo, i rendimenti statunitensi e dell’eurozona sono scesi o sono rimasti eccezionalmente bassi, portando il differenziale di rendimento reale tra l’Unione Monetaria Europea (e gli Usa) e la Svizzera a comprimersi, esercitando una pressione al rialzo sui cross in franchi svizzeri.

Detto questo, ci aspettiamo comunque che la banca centrale svizzera continui a intervenire sul mercato per garantire che il cambio euro/franco svizzero non scenda in modo sostanziale e sensibilmente al di sotto di 1,05, ovvero quella che sembra la nuova “linea di confine” per la banca centrale svizzera.

Rischi per questa view: lel nostro Investment Strategy Bulletin abbiamo discusso sia i rischi al rialzo che quelli al ribasso di questa view. In sintesi, adotteremmo un atteggiamento leggermente costruttivo sul cambio EUR-CHF qualora i rischi dell’area euro si riducessero, anche se ci aspettiamo che la traiettoria si indirizzi verso la parità se: 1) i rischi dell’area euro dovessero aumentare (relativi alle sfide costituzionali della regione e/o alla risposta fiscale coordinata dell’Ue alla pandemia); e/o 2) la Snb decidesse di non intervenire più in ambito valutario visto che ha già un bilancio eccezionalmente ampio.

Sterlina

La nostra view costruttiva a medio e lungo termine sulla sterlina si basa su tre ipotesi. In primo luogo, l’ampio downside che secondo noi il dollaro dovrebbe riportare nella seconda metà dell’anno; in secondo luogo, l’attuale sottovalutazione della sterlina da una prospettiva a lungo termine; in terzo luogo, la nostra view secondo cui il Regno Unito eviterà una Brexit no-deal alla fine dell’anno.
Tuttavia, i rischi di downside sono in aumento. Innanzitutto ci stiamo rapidamente avvicinando alla deadline di luglio per richiedere una proroga del periodo di transizione. Nonostante le varie problematiche legate alla diffusione del coronavirus farebbero logicamente supporre che il Regno Unito chieda una proroga, Boris Johnson ha insistito affinché non venga fatta alcuna richiesta in tal senso. Questo significa che i tempi per risolvere le numerose e complicate divergenze con l’Ue sono diventati decisamente stretti, aumentando il rischio che a fine anno si giunga a una Brexit no-deal. Inoltre temiamo la lentezza con cui si prevede di revocare le misure di lockdown. L’economia britannica ha subito una contrazione del 2% su base trimestrale nei primi tre mesi dell’anno, e l’impatto nel secondo trimestre sarà sicuramente molto più drammatico. Gli attuali piani di allentamento delle restrizioni si estendono fino all’inizio di luglio, fattore che implicherebbe una parziale inattività dell’economia britannica per quasi quattro mesi, un periodo più lungo rispetto ad altre economie europee (sulla base della pianificazione attuale).

I piani per l’introduzione di un periodo di quarantena di 14 giorni per chi arriva dall’estero metterebbero in ginocchio l’industria dell’aviazione (che attualmente ha una percentuale del Pil pari a 52 miliardi di sterline all’anno) e paralizzerebbero molti altri segmenti del settore dell’hospitality. Di conseguenza, temiamo che la ripresa non essere in linea con le aspettative, fattore che sarebbe un chiaro segnale negativo per la valuta. Per il momento, manteniamo la nostra previsione sul cambio sterlina/dollaro a quota 1,23 per il secondo trimestre 2020 e a 1,28 per la fine dell’anno – ma seguiremo attentamente gli sviluppi.

Rischi di questa view: si tratta per lo più di rischi di downside e riguardano: 1) una ripresa molto lenta a causa di una lentissima riduzione delle misure di isolamento; 2) l’incapacità del Regno Unito di proseguire i negoziati con l’Ue su questioni significative legate alla Brexit nella seconda metà dell’anno; e 3) una mossa della Bank of England (BoE) per portare i tassi di interesse in territorio negativo. In un recente discorso, il chief economist della Bankf of England Andy Haldane ha suggerito che è molto probabile che vengano introdotte misure di emergenza, compresi i tassi negativi. Questa opinione è condivisa da Silvana Tenreyro – membro esterno del Mpc – il quale ha dichiarato che i tassi negativi hanno avuto un effetto positivo sull’area euro.

Yen

In diverse occasioni abbiamo fatto due osservazioni sulla nostra preferenza per lo yen giapponese. In primo luogo, la coppia yen-dollaro è sostanzialmente dislocata da una serie di metriche tra cui il differenziale di rendimento tra Stati Uniti e Giappone e i relativi tassi di crescita dei bilanci delle due rispettive banche centrali. In secondo luogo, abbiamo ripetutamente affermato che lo yen giapponese resta l’hedging più efficace (insieme all’oro) contro i rischi globali, come il peggioramento della pandemia, nuove tensioni tra Usa e Cina e/o una ripresa molto lenta della crescita globale.

La nostra view in merito a questi fattori resta invariata e abbiamo recentemente deciso di incrementare la nostra esposizione allo yen giapponese del 2% (rispetto al dollaro) nei nostri portafogli, a causa della sostanziale sottovalutazione e dei rischi di nuove tensioni tra Usa e Cina (per lo più legati al fatto che l’amministrazione statunitense che accusa la Cina di non aver comunicato e gestito in modo inadeguato la gravità della diffusione del Covid-19 in maniera tempestiva, minacciando anche di imporre varie sanzioni).

Nelle ultime settimane ci è stato chiesto perché il ritmo del deprezzamento del cambio dollaro/yen sia rallentato di recente. Riteniamo che questo sia legato ai consistenti deflussi azionari in uscita dal Giappone (essenzialmente l’acquisto di valuta estera e la vendita di yen). Tuttavia, notiamo che il ritmo di acquisizione di azioni estere è piuttosto anormale ed è improbabile che sia sostenibile. Ci sono infatti prove recenti secondo cui questi acquisti stanno rallentando, e riteniamo che le ultime notizie sugli attriti tra Usa e Cina freneranno ulteriormente il trend.

Rischi di questa view: I rischi per la nostra view rialzista per lo yen giapponese includono l’abbandono da parte di Trump dell dura retorica contro la Cina come punto centrale della sua campagna pre-elettorale e una ripresa molto rapida della crescita globale nella seconda metà dell’anno a seguito del miglioramento delle prospettive sulla diffusione del virus. Riteniamo che ci siano scarse probabilità che si verifichino entrambi gli eventi. Infine, troviamo la scoperta e la distribuzione su larga scala di un vaccino per il Covid-19 in tempi abbastanza brevi, fattore che porterebbe a una forte ripresa degli asset di rischio e deprimerebbe la domanda di yen per un certo periodo di tempo.

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