Long sul Brasile, short sul Giappone. La view sul credito di Petercam

Con tassi di interesse ai minimi storici non è facile trovare occasioni di investimento (e soprattutto di rendimenti) nel comparto delle obbligazioni. “Anche se in questa fase la crescita del debito è costante, non potremo andare avanti per sempre così: il rischio è quello di una bolla degli asset”. A parlare è Peter de Coensel, capo del comparto corporate Bond dell’asset manager belga Petercam. Che gestisce un fondo obbligazionario globale (Petercam Bonds Universalis) senza benchmark, ma con strategie di absolute return. “Le politiche quantitative e qualitative delle Banche Centrali hanno creato una situazione da ‘wait and see’ ormai accettata universalmente. Che spinge ai minimi i tassi di interesse, e quindi anche i rendimenti delle obbligazioni, ma distorce completamente l’allocazione dei capitali”. Tanto che ormai il 40% delle emissioni governative europee ha rendimenti negativi, e in Germania siamo al 70 per cento. Negli Stati Uniti però potremmo essere vicini a un primo rialzo dei tassi… “Vero – commenta de Coensel – E da uno studio statistico sull’impatto dei rialzi si rileva come a guadagnare di più sia stato il comparto delle commodity, con un +25% in media. Ma si era in un mercato rialzista di lungo per il settore. Poi l’azionario emergente e quello globale. Nel settore obbligazionario il miglior settore è stato quello Usa del money market con un +7% e quindi i Tips con un +6,6 per cento”. E cosa ne pensa della situazione dei bond? “Guardando alle curve dei rendimenti vediamo come i Treasury scontino un tasso del 2,25% sui 10 anni, un dato che mi sembra normale. Non è invece normale la situazione del Bund tedesco, che rende lo 0,3% a 10 anni! Una repressione finanziaria che distorce completamente quelle che sono le dinamiche mondiali. Basti pensare che lo spread tra i due benchmark è ai massimi da 25 anni”. E qual è ora la composizione del vostro portafoglio? “Principalmente debito corporate a basso beta, poi emissioni finanziarie, governativi, corporate ad alto beta e debito emergente. Abbiamo un 5% di debito del Brasile, mentre siamo usciti completamente dalle obbligazioni convertibili. Invece non abbiamo debito dell’est Europa, anche se forse quello in zloty sembra ora interessante. E nemmeno bond scandinavi perché li consideriamo imprevedibili: non vogliamo rischiare colpi di mano sul modello Danimarca. Infine siamo short sui bond lunghi giapponesi. La fine del nucleare porterà a importazioni elevate di petrolio e quindi al ritorno dell’inflazione: quindi a un rialzo dei tassi dei J-bond”. E in termini di rating? “Il 56% del portafoglio ha rating almeno pari ad A-, mentre in termini valutari l’esposizione è all’euro per il 38% circa e al dollaro per il 48 per cento”.  M.M.

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