L’outlook e l’asset allocation di Amundi Sgr per le prossime settimane

Di Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR

A noi ed a i nostri figli sono note le montagne russe, anche se meno nota forse è l’origine del termine che dà nome a queste giostre mozzafiato. Fu Caterina II di Russia nella sua reggia nei pressi di San Pietroburgo nella seconda metà del XVIII secolo a far installare delle strutture in legno lastricate di ghiaccio alte 15-20 metri su cui scivolare con una slitta raggiungendo una velocità fino ai 70 km all’ ora. Ebbene questa settimana i mercati azionari hanno ritrovato quella forte sensazione di caduta nel vuoto e poi di lenta ripresa tipica delle montagne russe, ma questa volta a causa del ritorno dei venti di guerra commerciali da parte degli Stati Uniti nei confronti della Cina.

Un Trump stizzito dall’apparente “melina” cinese nel chiudere il tanto agognato accordo rompe gli indugi e dapprima minaccia, sempre via Twitter, e poi effettivamente impone un rialzo delle tariffe su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi dal 10% al 25. Provvedimento entrato in vigore venerdì 10 maggio. Peraltro, in perfetta linea con il suo stile, Trump fa trapelare verso fine settimana di aver ricevuto una telefonata “confortante” dal Presidente Xi Jinping, alimentando la confusione in noi poveri spettatori, ma al contempo attori sui mercati. Non solo, ma da lunedì 13 maggio cominceranno le procedure per imporre eventuali altre tariffe sui circa 300 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina ancora non colpite da tali provvedimenti. Il bilancio netto della settimana è così in profondo rosso peri mercati azionari, anche se, come spesso accade, proprio il mercato USA, quasi sbeffeggiando il resto del mondo, ha compiuto una virata mozzafiato nella giornata di venerdì, passando da un passivo di oltrel’1%a metà seduta ad una chiusura in positivo in extremis. Tra l’altro l’inversione è avvenuta nonostante l’apertura deludente della IPO più attesa degl iultimi quattro anni, quella di Uber Technologies, che, pur avendo stabilito il prezzo di emissione a llivello più basso della forchetta indicata, ha bucato il prezzo di emissione per chiudere in ribasso del -7,6%.

Quali i possibili sviluppi sui mercati nelle prossime settimane?

Come anticipato la settimana scorsa un incremento delle tensioni sino-americane certo non giova ed essendo la speranza di un accordo uno degli elementi che ha spinto al rialzo i mercati nel primo quadrimestre, il procrastinarsi di negoziati inconcludenti con lo spettro dell’introduzione di nuove tariffe da parte dell’Amministrazione USA non può che far temere un prosieguo della correzione inatto. Anche la stagionalità non depone a favore dato che il mese di maggio si associa al noto adagio anglosassone “sell in May and go away” .Sul fronte positivo va però ricordato che l’atteggiamento di tutte le principali Banche Centrali è estremamente accomodante e che una caduta di tono negli indicatori prospettici sulla crescita potrebbe portare la Federal Reserve ad agire riducendo i tassi. In secondo luogo le economie occidentali ed emergenti, seppur a macchia di leopardo, stanno mostrando germogli primaverili che potrebbero portare all’esaurimento della corsa alle revisioni al ribasso sulle previsioni di crescita da parte dei principali istituti e organismi internazionali. Nel frattempo allacciamo le cinture e affrontiamo un altro giro sulle montagne cinesi.

Azioni

Questa settimana la ripresa delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e i commenti contraddittori di Trump hanno pesato sui mercati azionari che hanno messo a segno un lieve rialzo venerdì nella speranza che un accordo commerciale fosse ancora possibile.  I dati macroeconomici e la stagione delle trimestrali sono stati ignorati dagli investitori. Le notizie sui negoziati commerciali tra USA e Cina dovranno essere strettamente monitorate nelle prossime settimane perché potrebbero cambiare completamente il nostro scenario. Il persistente clima di incertezza potrebbe danneggiare il sentiment degli investitori. I prossimi giorni saranno determinanti per valutare se ci sono ancora i margini per un orientamento positivo nei confronti delle  azioni dei mercati emergenti.

Obbligazioni governative

Il rendimento dei Treasury decennali USA è calato di 6 pbe quello dei Bund decennali di circa 8 pb.  Gli spread dei titoli di Stato dei Paesi periferici si sono ampliati rispetto ai bund. Le curve di titoli di Stato core si sono appiattite, la curva del segmento 2-10 anni dei bund tedeschi di 5 pbe quella dei Treasury USA di 2 pb. Sui mercati è scattata la modalità di avversione al rischio a causa della disputa commerciale tra USA e Cina, con Trump che ha aumentato a sorpresa i dazi sui prodotti cinesi.  Questa mossa ha provocato un calo dei tassi di interesse. Lo spread tra i BTP italiani e i Bund è stato penalizzato dalla pubblicazione dei dati su PMI servizi più deboli del previsto.

Obbligazioni corporate

Nel corso della settimana c’è stato poco movimento sugli spread. È stata effettuata qualche leggera presa di beneficio dopo il robusto rally da inizio anno per via dei dati macroeconomici contrastati e dell’assenza di novità alla fine della riunione del FOMC. Nella zona Euro i fattori tecnici appaiono ancora più favorevoli che negli USA, soprattutto nei segmenti a beta elevato. La caccia al rendimento sta alimentando la domanda in un  mercato primario meno attivo sul fronte dell’offerta.

Tassi di cambio

Il dollaro americano si è leggermente svalutato nei confronti delle valute dei Paesi dei G10. Lo yen giapponese è stata la divisa che ha messo a segno la miglior performance (1,20% sul biglietto verde), mentre la sterlina britannica si è aggiudicata la maglia nera (-1,20% rispetto al dollaro). L’euro è rimasto complessivamente invariato. Per quanto riguarda i Paesi emergenti, l’unica valuta che si è apprezzata nei confronti del dollaro è stato il baht thailandese (+0,83%), mentre la lira turca si è svalutata del 3,7%. Questa settimana la modalità di avversione al rischio dei mercati, scatenata dall’aggravarsi dello scontro commerciale tra USA e Cina, ha penalizzato le valute high yield/ a beta elevato sia sui mercati sviluppati, sia su quelli emergenti. Per quanto riguarda la Brexit, stando ai giornali sembrerebbe che il governo britannico sia ancora lontano da un accordo sull’uscita dall’UE, tant’è vero che dovrà partecipare alle elezioni del Parlamento europeo alla fine di maggio.

Materie prime

Le quotazioni del petrolio sono rimaste relativamente tranquille nonostante una settimana molto movimentata sul fronte delle notizie geopolitiche: il prezzo del WTI è ora di 62 dollari al barile e quello del Brent è di 71 dollari. L’oro non ha reagito in modo particolare all’annuncio sui dazi nella disputa sino-americana ed è ancora sotto i 1.300 dollari l’oncia. I metalli di base hanno ritracciato dell’1,6%. Il nostro scenario principale rimane favorevole alle materie prime globali, ma le tensioni geopolitiche, se dovessero perdurare, potrebbero cambiare radicalmente il quadro generale. L’OPEC e i timori riguardo a un’interruzione delle forniture in Venezuela, Libia e Iran determineranno il prezzo del greggio. I bilanci delle banche centrali incideranno sulle quotazioni dell’oro e sulla richiesta mondiale di attivi sicuri, mentre l’allentamento del credito in Cina favorirà i metalli di base.

Stati Uniti

Nessuna variazione delle condizioni di finanziamento, ma domanda dei prestiti in lieve calo; il Senior Loan Officer Opinion Survey della Federal Reserve per il primo trimestre di quest’anno segnala soprattutto una domanda generalmente più debole dei prestiti, mentre in termini netti le norme e le condizioni sui finanziamenti non si sono complessivamente inasprite. Le condizioni di finanziamento sono rimaste invariate per i prestiti commerciali, industriali, i mutui residenziali e i prestiti per gli acquisti di automobili, mentre si sono in parte inasprite per i mutui di immobili commerciali o le carte di credito. La domanda è risultata moderatamente più debole in termini netti per i prestiti commerciali, industriali, residenziali, per le carte di credito e per altri finanziamenti al consumo.

Europa

Lieve peggioramento del clima di fiducia delle imprese. L’indice PMI composito della zona Euro ha ritracciato leggermente ad aprile scendendo a quota 51,5. Questo calo è dovuto alla componente servizi, mentre la componente manifatturiera ha riguadagnato terreno Inoltre le vendite al dettaglio nella zona Euro sono rimaste stabili a marzo rispetto a febbraio. Su base annua il progresso è stato dell’1,9%. Anche se i dati sulla crescita del PIL nel Q1 pubblicati la scorsa settimana sono risultati migliori del previsto, la ripresa degli indici sulla fiducia delle imprese rimane lenta. Il settore manifatturiero sta migliorando rispetto a livelli molto bassi, il settore dei servizi sta risentendo con un certo ritardo della debolezza del settore manifatturiero. Il trend nei prossimi mesi dovrebbe essere ancora rialzista anche se con modalità più graduali.

Mercati Emergenti

Il 9 maggio, malgrado una riunione protrattasi per diverse ore, gli USA e la Cina non sono riuscite ad evitare l’aumento dei dazi su merci importati negli USA dalla Cina per 200 miliardi di dollari annunciato alcuni giorni prima dal presidente Trump. A differenza dal round precedente, le merci che hanno già lasciato la Cina non saranno soggette alla nuova aliquota tariffaria. L’annuncio fatto da Trump lo scorso fine settimana ha colto di sorpresa la maggior parte degli investitori e degli analisti. La sua attuazione ha acuito di nuovo il clima di incertezza perché molti erano convinti che il dialogo fra le due parti fosse diventato più costruttivo. Difficile immaginare che cosa succederà a breve. I negoziati dovrebbero proseguire. Rimane l’incognita di altri possibili dazi.

Giappone

Pochi sono convinti del vigore dei consumi, anche se a marzo la spesa delle famiglie è aumentata del 2,1% annuo in termini reali per il quarto mese consecutivo. Il sentiment dei consumatori è sceso ad aprile a livelli che non si vedevano dall’inizio del 2016, e negli ultimi sedici mesi non ha mai accennato a risalire. Un leggero miglioramento dell’occupazione su base mensile non è riuscito a invertire il trend ribassista. L’indagine mensile sul lavoro conferma questo scenario perché la crescita dei salari nominali sta rallentando dall’inizio dell’anno e la creazione dei nuovi posti di lavoro ha accusato la prima flessione in 10 anni. Le famiglie sono scoraggiate dai continui rialzi dei generi alimentari, della benzina che riflettono l’aumento del prezzo delle commodity e dei costi di gestione.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!