Materie prime, Trump fa balzare le quotazioni

Commodity in ascesa grazie soprattutto all’intervento del Presidente Trump che ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con l’omologo cinese Xi, dando il via alla ripresa delle negoziazioni per il trattato commerciale.

Dichiarazioni che hanno portato rialzi sul comparto dei metalli non ferrosi, dove spicca il rame che ha aggiornato i massimi di giugno, toccando i 5.975 dollari per tonnellata. La portata del movimento viene limitata proprio dalle incognite sulla possibilità di raggiungere un accordo USA-Cina entro fine mese, con una soluzione positiva che aprirebbe spazi per rialzi ben maggiori, supportati ulteriormente dalla situazione fondamentale favorevole. “Infatti – fanno notare gli analisti di Wings Partners Simprosegue lo sciopero alla miniera di rame cilena di Chuquicamata, una delle più grandi al mondo, con oltre 3.000 lavoratori che hanno incrociato le braccia dimezzando la produzione del sito. L’incapacità della controllante Codelco (che ha già preparato una nuova proposta) di raggiungere un’intesa sul rinnovo del contratto con i sindacati limiterà le disponibilità di concentrati sul mercato, che già risultano in una situazione di scarsità relativa.

In aggiunta, l’indonesiana Amman Mineral Nusa Tenggara ha annunciato l’intenzione di ridurre le esportazioni di concentrati di rame, preferendo mantenere disponibile il materiale per le fonderie locali.

Discorso analogo per il nickel, che ha toccato un picco in zona 12.000 dollari per tonnellata, mentre zinco e piombo sono tornati rispettivamente in area 2.520 e 1.920. Di minore entità, invece, il recupero per le quotazioni dell’alluminio, che vedono le potenzialità ascendenti limitate (per il momento) dalla presenza del livello di resistenza tecnica di area 1.780 dollari.

 

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