Mercati all’insegna dell’incertezza, è l’ora delle obbligazioni emergenti in valuta forte

“A caratterizzare i mercati nel corso dell’estate sarà la più elevata incertezza politica registrata dagli indici negli ultimi dieci anni. La guerra commerciale avviata dagli Usa verso la Cina – e la cui minaccia non ha risparmiato neppure l’Europa – avrà impatti sulle catene di fornitura globali. In Europa, sono diverse le questioni sul tappeto: l’Ecofin del prossimo 9 luglio dovrà valutare se raccomandare o meno la procedura di deficit eccessivo per l’Italia. Inoltre, aumentano in Gran Bretagna i timori rispetto a una hard Brexit in attesa di conoscere l’identità del successore della dimissionaria Theresa May, anche se lo scenario più probabile resta quello di una estensione dell’articolo 50 oltre la scadenza del prossimo 31 ottobre”. E’ la previsione di Manuela D’Onofrio, Head of Investments & Products di Cordusio Sim, che in questa analisi prefigura gli effetti sui mercati degli scenari geopolitici che si prospettano per la seconda metà del 2019.

Al momento, il ritmo di crescita globale sembra essersi stabilizzato a un livello inferiore rispetto a quello registrato nel 2018. Non mancano elementi positivi su questo fronte: le economie sono sostenute dal calo dei tassi di disoccupazione. Tuttavia in Usa, dove pure il mercato del lavoro è in buona salute, si vedono i primi segnali di un possibile rallentamento, con i nuovi posti di lavoro di maggio che sono meno della metà rispetto alle attese e un terzo rispetto a quelli di aprile. Senza considerare che alcuni segmenti della curva dei rendimenti governativi Usa sono già invertiti, segnalando rischi crescenti di recessione. In compenso, l’inflazione stabilmente sotto il 2% supporta le politiche monetarie espansive in atto in tutto il mondo, con i paesi asiatici che hanno avviato i primi tagli dei tassi.

Nella seconda metà del 2019, la crescita anemica, soprattutto di Europa e Giappone, potrebbe comportare per i mercati azionari ritorni più bassi e una maggiore volatilità. Nel contempo, poiché l’inflazione è destinata a mantenersi contenuta per un lungo periodo di tempo, le banche centrali manterranno bassi i tassi d’interesse spingendo gli investitori verso gli asset di rischio, nella speranza di ottenere extra rendimento.

“Operativamente i fattori di rischio elencati – prosegue D’Onofrio – ci inducono innanzitutto a ridurre il peso dell’azionario globale nella fascia bassa del range di neutralità e a sottopesare l’equity emergente, nell’ottica di rendere il portafoglio più difensivo. Incrementiamo invece a sovrappeso la parte obbligazionaria emergente, puntando sulle emissioni in dollari il cui yield to maturity è pari a circa il 6%”.

Un rendimento interessante che dipende da tre diverse motivazioni: la prima è l’aumento dell’incertezza riguardo ai negoziati commerciali tra Usa e Cina; la seconda è l’avvio del processo di riduzione dei tassi di interesse da parte di alcune banche centrali asiatiche, in particolare India, Malesia, Filippine; l’ultima è che il tasso di revisione degli utili degli Emerging Markets resta negativo, pur essendo in miglioramento.

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