Mercati emergenti, lo scontro commerciale Usa-Cina peserà sulla crescita

Il rallentamento della crescita globale, le politiche accomodanti delle banche centrali nei paesi sviluppati e il probabile aumento di politiche monetarie non convenzionali, uniti a un contesto di bassa volatilità dei cambi, hanno incrementato i rendimenti dei mercati emergenti dall’ultimo trimestre del 2018. Molte banche centrali dei mercati emergenti hanno approfittato di questa opportunità per politiche di riduzione dei tassi al fine di stimolare la crescita. Questa festa potrebbe tuttavia finire, sottolinea Michael Vander Elst, CFA, Portfolio Manager Fixed Income di DPAM.

Cosa è cambiato? Il recente aumento delle tariffe applicate dagli Stati Uniti su altri 300 miliardi di merci cinesi e la reazione del renminbi, che ha rotto il livello molto importante di 7.00 rispetto al dollaro Usa, hanno portato alla vendita di valute emergenti.

In un contesto di indebolimento valutario sui mercati emergenti, nota l’esperto, diventerà sempre più difficile per le banche centrali dei paesi emergenti stimolare la crescita abbassando i tassi, specialmente nei paesi che importano inflazione tramite il deprezzamento delle valute. La finestra per un ulteriore allentamento potrebbe chiudersi a breve.

La ricerca globale di rendimento (carry), con quasi 13 trilioni di dollari di debito che già mostrano rendimenti inferiori allo zero in tutto il mondo, è fortemente a favore delle obbligazioni dei mercati emergenti e i tassi di interesse reali dei paesi emergenti rimangono a livelli interessanti. Un aumento della volatilità delle valute emergenti rende tuttavia meno appetibile l’investimento sul debito di tali mercati.

“In questo contesto, rimaniamo costruttivi nei confronti del debito dei mercati emergenti in quanto vediamo i tassi globali scendere, ma siamo più cauti nei confronti delle valute di questi paesi“, conclude Vander Elst.

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