Mercati finanziari, cosa potrebbe andare storto?

di P. O. Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas

Dopo aver toccato dei livelli record, questa settimana i mercati azionari europei hanno registrato un calo. Oltre all’evidente delusione sui  dati americani, altri due fattori potrebbero giustificare questo calo: l’apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro e l’aumento dei rendimenti sovrani. Due fattori che, secondo me, sono correlati: nel corso delle prossime quattro settimane, le emissioni nette di obbligazioni sovrane dell’area Euro dovrebbero aumentare e superare l’ammontare degli acquisti della BCE.

Come ho spiegato la scorsa settimana il rischio, nel brevissimo termine, è quello di un rialzo dei rendimenti obbligazionari in Eurozona, specialmente se i negoziati con la Grecia dovessero protrarsi a lungo. Un’altra conseguenza è che il rialzo dello spread reale fra i rendimenti dell’Eurozona e quelli degli Stati Uniti a 2 anni sta spingendo al rialzo l’euro rispetto al dollaro. Tutto ciò depone a favore della nostra view relativa ad una temporanea forza dell’euro.

Questa recente volatilità sui mercati finanziari dovrebbe indurre a pensare a cosa potrebbe andare storto a livello globale ed, in particolare in Eurozona, dopo l’ottimo andamento del mercato azionario da inizio anno. Per quanto concerne l’economia globale, un rialzo significativo del prezzo del petrolio fungerebbe da catalizzatore per altre notizie negative sia a livello globale che per l’economia USA. Alla luce del protrarsi dell’eccesso di offerta di petrolio, dubitiamo che il recente rialzo sia sostenibile ed a nostro avviso il prezzo del petrolio dovrebbe tornare a scendere. L’andamento del prezzo dell’oro nero continuerà quindi ad essere un elemento chiave dello scenario globale in quanto il sentiment potrebbe cambiare rapidamente, passando dai timori su una fase di deflazione a quelli di una fase di inflazione.

Questa settimana abbiamo avuto anche la conferma che la Fed stia ancora pensando ad un rialzo dei tassi nella seconda metà dell’anno. Le dichiarazioni dell’FOMC sono state più hawkish di quanto atteso da alcun analisti ed hanno in gran parte giustificato l’attuale debolezza dell’economia statunitense con alcuni fattori temporanei. In poche parole la Fed ha confermato che non sarà la debolezza del primo trimestre a farle cambiare i piani. Per questo motivo manteniamo la nostra view su un primo rialzo dei tassi a settembre. Anche se riteniamo che ciò dovrebbe avere, per quest’anno, un impatto contenuto sulla parte lunga della curva dei rendimenti USA, i mercati non sono ancora pronti per un rialzo dei tassi a settembre e questo non farà altro che aumentare l’incertezza.

Per quanto riguarda l’Eurozona, lo scenario per quest’anno è ormai abbastanza chiaro: una ripresa robusta basata su un miglioramento della situazione creditizia, su rendimenti sovrani estremamente bassi per i prossimi 12 mesi ed, infine, su un miglioramento dei saldi di bilancio grazie al QE della BCE. I principali rischi domestici rimangono l’incertezza politica in Grecia ed un consensus troppo ottimista sulle prospettive di crescita dell’Eurozona in seguito agli ottimi dati di inizio anno. Come già detto, alla luce dell’elevato ammontare delle emissioni di debito sovrano a maggio, il segmento delle obbligazioni sovrane dell’Eurozona sarà meno protetto dall’andamento dei negoziati con la Grecia dagli acquisti della BCE. Inoltre, sebbene il consensus possa non essere molto positivo sui consumi attesi, potrebbe, invece, essere troppo ottimista sugli investimenti attesi da parte delle imprese dell’Eurozona.

Tutto sommato, il rischio principale per l’Eurozona potrebbe quindi provenire dall’esterno piuttosto che dall’interno. La zona Euro sta vivendo una fase di ripresa con un lag temporale rispetto ad altre aree e si basa principalmente sulla domanda estera. Per questo motivo gli investitori europei saranno probabilmente maggiormente sensibili alle condizioni dell’economia statunitense e, più in generale, a quelle dell’economia globale. Anche se ci aspettiamo un’accelerazione dell’economia americana nel corso dei prossimi trimestri, vi è il rischio che il forte apprezzamento del dollaro degli ultimi 12 mesi continui a pesare più del previsto sull’andamento dell’economia a stelle e a strisce.

In un certo senso, l’economia mondiale ha registrato un ritmo di crescita moderato ma costante dall’inizio della crisi finanziaria ed i cambiamenti nei mercati valutari possono semplicemente spostare la crescita da una zona all’altra, con l’Eurozona che ne ha beneficiato maggiormente negli ultimi tempi. Per questo motivo, in una fase in cui i mercati emergenti dovrebbero ancora mostrare segni di instabilità finanziaria, il rallentamento globale in corso evidenzia come il processo deleverage non sia ancora terminato e come stia aumentando il rischio di incorrere in errori di politica monetaria, soprattutto da parte della Fed.

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