Mercati finanziari, equilibrio stabile ma fragile

A cura di Anima Sgr

Uno stabile, fragile equilibrio. Si potrebbe sintetizzare con questa metafora l’attuale situazione dei mercati finanziari a livello globale. Da un lato, infatti, sino a fne aprile almeno, è continuato il trend rialzista che da inizio anno sta interessando indistintamente quasi tutte le classi di investimento, grazie alle ulteriori conferme di un orientamento accomodante da parte delle Banche Centrali e alla contestuale riduzione del rischio geopolitico.

Dall’altro lato, però, sono bastati i toni lievemente meno concilianti del previsto – utilizzati dal Presidente della Federal Reserve, Jeremy Powell, in occasione della riunione del Fomc dello scorso 1° maggio – per creare tensioni sulle Borse, in primis su quella americana, ma anche su quelle europee. La Fed, nello specifico, ha lasciato invariati i tassi di interesse (il costo del denaro è rimasto fermo fra il 2,25% e il 2,50%) e ha continuato a fare proprio un atteggiamento di tipo attendista, nonostante il pressing politico da parte del Presidente USA, Trump, a tagliare i tassi dell’1% e a far ripartire un piano di Quantitative Easing (per stimolare l’economia e continuare a mantenere un ritmo di crescita elevato attualmente nell’ordine del 3,2%).

La Fed ha dunque riaffermato all’unanimità la propria linea “paziente” di fronte ad una crescita ancora “solida”, pur con un’inflazione “bassa” che si è allontanata dal target del 2%. Anche sul fronte geopolitico ci sono stati alcuni sviluppi che in prima battuta hanno favorito le Borse, ma altri che più recentemente le hanno penalizzate. Per quanto riguarda la vicenda Brexit, infatti, dopo il superamento della prima deadline del 29 marzo, il termine di uscita del Regno Unito dall’Unione europea è stato spostato al 31 ottobre 2019. In merito, invece, alla questione commerciale, le lunghe trattative fra Stati Uniti e Cina sembravano alle battute fnali, tanto che, secondo indiscrezioni di stampa, l’obiettivo sembrava essere quello di fissare un incontro fra i due Presidenti Trump e Xi per la ratifica di un accordo entro l’inizio di giugno.

Ma lo scorso 5 maggio si è verificata una nuova escalation delle tensioni, che ha fatto tornare concreta la minaccia di una trade war: per Trump i negoziati con la Cina starebbero procedendo “troppo lentamente” e così nel tentativo di alzare la posta in gioco, il Presidente ha annunciato (via twitter) nuovi dazi americani saliti dal 10% al 25%  su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi.

Ma c’è di più. Perché Trump ha anche riferito la volontà di introdurre nuovi dazi del 25% su merci cinesi mai finora assoggettate a tariffe, per un valore di oltre 325 miliardi di dollari. Questo ennesimo fuori programma del Presidente statunitense ha sorpreso sia la Cina, che gli investitori, con il risultato che sono state penalizzate tutte le Borse mondiali e, in particolare, quelle cinesi e asiatiche.

Inoltre, anche sul prezzo del petrolio è ritornata volatilità: dopo il rally alimentato dal mancato rinnovo da parte degli Usa delle esenzioni ai paesi che acquisteranno petrolio dall’Iran, l’aumento della produzione russa e le pressioni di Trump sull’Opec per mantenere i prezzi bassi, hanno provocato una fase successiva di debolezza. Di contro va evidenziato che, nelle ultime settimane, ad alimentare il sentiment costruttivo degli investitori sulle attività rischiose, sono stati soprattutto i primi segnali di ripresa della crescita.

Infatti, in particolare, è stato costruttivo il flusso dei dati in Cina, con l’indice di sorpresa, che è rimbalzato ai massimi da oltre un anno. Inoltre, lo scenario si preannuncia più roseo anche per i fondamentali delle aziende: la stagione di pubblicazione degli utili relativi al primo trimestre del 2019 è appena cominciata, ma i risultati riportati finora sono coerenti sia in Usa che in Europa con sorprese positive sugli utili nell’ordine, rispettivamente, del 6% e 2%.

Ci aspettiamo che i segnali di stabilizzazione delle variabili macroeconomiche vadano via via aumentando, ma monitoreremo con la massima attenzione intensità e durata della ripresa in atto, nonché la sincronizzazione fra gli sviluppi nelle diverse aree geografiche. In questo contesto manteniamo una preferenza per le classi di investimento più rischiose, ma con un orientamento prudente giustificato dal ridimensionamento delle opportunità valutative dopo il rally da inizio anno e dal posizionamento sbilanciato di alcune tipologie di investitori quali i fondi quantitativi. L’approccio resta tattico e selettivo, focalizzato sulla ricerca di quei segmenti di mercato che ancora offrono valore.

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