Fino a quando “non ci sono alternative”?

“Fra i possibili temi del 2021, avevamo indicato il processo di normalizzazione dei tassi negli Stati Uniti. Oggi, a distanza di sole tre settimane, il trend appare ancora pienamente in atto, in particolare a seguito dell’ac­celerazione indotta da un’onda blu democratica ‘a scoppio ritardato’. Infatti, con la nuova maggioranza in Senato a dare ulteriore forza alla nuova Ammini­strazione, aumentano le possibilità che le politiche americane siano fortemente improntate alla spesa pubblica e, almeno nella prima fase, a un forte aumento del deficit, ovvero dell’offerta stessa di Treasury. Il riflesso condizionato dei mercati è stato quindi quello prevedibile, con il decennale arrivato all’1,15%. Questo movimento ha in ogni caso conse­guenze non limitate all’obbligazionario: per dirla con un vecchio adagio del settore, ‘le valutazioni di tutte le asset class dipendono dal decennale americano’”. Lo afferma Antonio Anniballe, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr. Di seguito la sua analisi.

Un punto riguarda ad esempio i mercati azionari. Nel 2020 è tornato prepotentemente di moda il concet­to di “premio al rischio”: il celebre acronimo TINA (There Is No Alternative) ha dato sostanza teorica a valutazioni azionarie approdate ai livelli più elevati degli ultimi vent’anni. “Non c’è alternativa all’azio­nario”, con rendimenti obbligazionari pari a zero (o negativi!). A questo punto, ascesa delle scadenze lunghe americane e concomitante rally azionario hanno invece riportato il premio al rischio azionario ai minimi da fine 2018. Risulta naturale quindi porsi un nuovo quesito: qual è il livello dei Treasury che danneggia i mercati azionari?

La risposta più plausibile non è in un singolo numero, ma nella forma che prenderà il processo. La chiave, per evitare di far deragliare il rally aziona­rio, è duplice. Innanzitutto la risalita dei tassi deve essere graduale: fiammate improvvise potrebbero creare i presupposti per una correzione azionaria; in secondo luogo, è bene che i tassi reali, ovvero i rendimenti depurati dall’inflazione, rimangano ancorati ai nominali e, possibilmente, negativi. In fondo, questo duplice obiettivo è quello perseguito dalla stessa Fed. Stando alle ultime dichiarazioni di vari esponenti della banca centrale (Bostic su tutti), in una certa misura il processo di normalizzazione delle scadenze lunghe in atto è considerato salutare. È però chiaro che un’accelerazione incontrollata del movimento non è nei desideri di nessuno e potrebbe indurre a interventi, quanto meno verbali.

Se gli eccessi di mercato potrebbero essere smus­sati dalle autorità monetarie, rimane il fatto che, ai livelli attuali di premio al rischio, i mercati sono mag­giormente vulnerabili rispetto a improvvise notizie ne­gative. Tali livelli sono il risultato delle recenti notizie positive (vaccini, accordo Brexit, nuova Amministra­zione Usa). Informazioni di segno contrario (disor­dini nell’insediamento di Biden? Lenta distribuzione vaccini?) potrebbero indurre i mercati a prezzare diversamente i rischi e, in altri termini, favorire un movimento correttivo.

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