Mercati, l’importanza di essere settoriali

Correzione in vista? L’aumento della volatilità e l’illiquidità che contraddistinguono storicamente i mesi estivi potrebbero offrire terreno fertile per una fase di consolidamento dei mercati. Del resto, nelle ultime settimane, il sentiment degli investitori si è mantenuto costruttivo in misura quasi sorprendente, considerando gli sviluppi negativi sul fronte della pandemia e l’escalation delle tensioni geopolitiche. E’ l’analisi del team di Ricerca e Advisory di Anima. Di seguito le prospettive tracciate nel nuovo report sui mercati.

In particolare, per quanto riguarda l’evoluzione dell’epidemia, il virus continua a colpire gli Stati Uniti, importanti paesi emergenti (India e Brasile) e alcune aree dell’Asia (Tokyo, Hong Kong e Melbourne hanno registrato contagi record). Anche in Europa, il riaccendersi di alcuni focolai (soprattutto in Belgio e Spagna, mentre in Italia e Francia la situazione rimane ancora sotto controllo), alimenta le preoccupazioni per una seconda ondata con l’avvento dell’autunno.

Tuttavia, allo stato attuale, la sensibilità dei mercati al flusso di notizie negative sembra un po’ diminuita, con gli investitori più focalizzati sui progressi nel trattamento medico dell’infezione e nella messa a punto di un vaccino. In ogni caso, l’incertezza sull’evoluzione della pandemia nei prossimi mesi resta elevata, così come quella sulle sue implicazioni per le economie globali; basti pensare che, oltre oceano, il processo di riapertura è in fase di pausa/regressione nell’80% del territorio degli Stati Uniti.

Sul fronte geopolitico si è registrata una nuova escalation delle tensioni fra Stati Uniti e Cina, anche se le dichiarazioni di Trump sembrano più da ricondurre ad azioni intimidatorie che non alla volontà di introdurre concretamente nuovi dazi: interventi sulle tariffe, in un momento già complicato per il virus, avrebbero sicuramente conseguenze negative sul contesto economico/finanziario e in una fase pre-elettorale non giocherebbero di certo a favore del consenso del Presidente in carica. Nulla però si può dare per scontato e come è già successo in passato, Trump potrebbe sorprendere spostando l’attenzione dalla politica interna a quella estera.

Con riferimento alle politiche monetarie, il 29-30 luglio si è tenuta l’ultima riunione del Fomc della Federal Reserve prima della pausa estiva, che non ha riservato grandi sorprese. Portato a termine il difficile compito di garantire stabilità, l’obiettivo prioritario della banca centrale è diventato quello di assicurare la giusta dose di supporto all’economia statunitense. La Fed rimane pronta ad utilizzare tutti gli strumenti, ma prima di intraprendere nuove misure espansive occorrerebbe maggior chiarezza sulla velocità di ripresa che, come ha sottolineato il Presidente Powell, dipende in primis dall’evoluzione del virus.

Per quanto riguarda il quadro macro a livello globale, nelle ultime settimane si sono moltiplicate le sorprese positive e la nostra aspettativa che la profonda contrazione del II trimestre sarà seguita da un rimbalzo energico nel III sta trovando conferme (in particolare, l’indice Citigroup di sorpresa economica globale ha raggiunto i massimi storici). Al contempo, però, va sottolineato che la ripresa è stata finora sostenuta soprattutto dagli sviluppi sul lato dell’offerta (gli indici di fiducia delle imprese sono tornati ai livelli pre-crisi sia in Cina, che negli Usa e in Area euro), mentre il recupero sul fronte della domanda resta debole.

Lo scenario base del team di Ricerca e Advisory di Anima, dunque, prevede un rallentamento della crescita nel IV trimestre, in primis per effetto dell’indebolimento degli stimoli che hanno supportato l’economia nel III trimestre. Vale a dire, in Usa il cosiddetto “Ppp”, Paycheck Protection Program, letteralmente “Programma di Protezione delle Buste Paga”, con il quale sono stati destinati 670 miliardi di dollari alle aziende che impiegano meno di 500 dipendenti o che operano nei settori del turismo e della ristorazione; cassa integrazione e garanzie governative sul credito bancario in Europa. Alcune evidenze stanno cominciando ad emergere, soprattutto negli Usa dove la fiducia dei consumatori è calata e le nuove richieste di sussidi di disoccupazione sono aumentate per la prima volta da fine marzo. Senza contare che le pressioni inflazionistiche restano molto modeste, con il dato dell’inflazione core prossimo ai minimi storici; tema, questo, che va monitorato con attenzione perché ad alto impatto per le scelte future delle banche centrali.

La perdita di momentum della ripresa potrebbe indebolire l’appetito per il rischio degli investitori, a maggior ragione dopo che la gran parte dei catalyst positivi sembra essere esaurita – il raggiungimento dell’accordo sul recovery fund da parte del Consiglio Europeo, l’estensione dei programmi di supporto della Fed, la creazione di un ampio consenso sul nuovo pacchetto di stimoli fiscali negli Usa – e con il focus sui rischi legati alle elezioni americane in aumento.

In particolare, per quanto riguarda il recovery fund (ribattezzato “Next Generation EU”), al termine di una lunga e intensa negoziazione, il Consiglio Europeo del 21 luglio ha raggiunto un accordo sulle misure eccezionali decise per sostenere la ripresa: ammonterà a 750 miliardi di dollari, di cui 390 in sovvenzioni e 360 in prestiti agli Stati membri.

Di qui, come anticipato, la possibilità che i mercati azionari possano attraversare una fase di consolidamento/correzione. La view si mantiene neutrale, nella convinzione che un approccio flessibile sia il più indicato in condizioni di elevata incertezza, ma il posizionamento è diventato più prudente. Fasi di debolezza sarebbero tuttavia interpretate come opportunità di acquisto: il giudizio sui mercati azionari resta infatti costruttivo nel medio termine, considerato il supporto derivante da politiche economiche ultra-espansive, la prospettiva di consolidamento della ripresa e i potenziali flussi derivanti da un riposizionamento strategico degli investitori istituzionali.

Mercati obbligazionari e valute: sui Btp la view torna orientata alla neutralità

I mercati obbligazionari sono stati contraddistinti da scarsa direzionalità e bassa volatilità, al netto dell’apprezzamento dei titoli di Stato dei paesi periferici alimentato dall’accordo raggiunto dal Consiglio Europeo sul recovery fund. Le aspettative di ritorno e la volatilità prospettica sul comparto dei governativi core restano basse e la view si conferma neutrale.

Per quanto riguarda i titoli di Stato italiani, il sovrappeso era stato impostato con l’idea di beneficiare di tre aspetti: il chiarimento della Bce sui reinvestimenti del Pepp; l’approvazione del recovery fund; le aspettative di potenziamento della risposta politica alla crisi economica. Questi eventi si sono tutti verificati e il target per lo spread intorno a quota 150 punti base è stato raggiunto (si veda il Grafico 1 riportato sotto).

Una presa di profitto è giustificabile, anche alla luce del potenziale aumento della volatilità sulla scena politica: la view viene ricondotta alla neutralità, pur mantenendo un modesto sovrappeso. Stessa sorte per le obbligazioni societarie investment grade. Il supporto della Bce e l’abbondante liquidità presente nei portafogli degli investitori hanno permesso agli spread di recuperare il 75% dell’allargamento registrato durante la crisi, ritornando nella fascia bassa del range che ha contraddistinto il mondo “pre-Covid”: il potenziale ulteriore restringimento è limitato e il giudizio passa da positivo a neutrale. Fasi di debolezza provocate dalla volatilità macroeconomica o politica sarebbero sfruttate come occasioni di acquisto, visto l’orientamento delle banche centrali. Infine, per quanto riguarda il mercato dei cambi, viene mantenuta la view negativa sulla sterlina e diventa di segno negativo anche il giudizio sul dollaro, sopravvalutato da un punto di vista fondamentale e penalizzato dalla percezione di maggiori rischi a livello economico, politico e sanitario negli Usa. Alla luce del consistente deprezzamento recente sono state privilegiate strategie in opzioni.

A proposito della valuta statunitense, l’accordo sul Recovery Fund ha sicuramente contribuito ad aumentare la fiducia sulla moneta unica e quindi alla risalita del tasso di cambio euro/dollaro (si veda il Grafico 2), però il movimento che si sta osservando dall’inizio del mese di luglio è da ricondurre alla debolezza del dollaro, sceso nei confronti di tutte le valute, comprese le divise emergenti. Del resto, il rafforzamento del dollaro che ha caratterizzato il 2018 e il 2019 è stato favorito dall’ampliamento del differenziale di crescita e tassi fra Stati Uniti e resto del mondo, con la riforma fiscale di Trump del 2017, la stretta monetaria della Fed e le politiche protezionistiche che hanno avuto un ruolo di primo piano. Da inizio anno, il supporto offerto da queste variabili si è indebolito ed è iniziata una fase di consolidamento.

Nelle ultime settimane poi, le difficoltà degli Usa nella gestione della crisi sanitaria e il focus crescente sui rischi connessi alle elezioni hanno indebolito l’appetito degli investitori per la divisa americana.

Mercati azionari Europa: preferenza in termini relativi

Nel corso del mese di luglio il mercato azionario europeo ha registrato una performance positiva, supportato dalla politica monetaria accomodante e dall’intesa sul recovery fund: questo accordo rappresenta un passaggio storico per l’iter di integrazione europa e supporta la visione strategica positiva sul mercato azionario europeo. Inoltre, considerando l’aumento del numero dei casi di Covid-19 negli Stati Uniti e l’avvicinarsi delle elezioni americane con il rischio concreto che le potenziali riforme volute da Biden vengano prezzate nei mercati, riteniamo che il mercato europeo possa sovraperformare quello statunitense. Pertanto, in un’ottica di medio termine, sul piano dell’allocazione geografica, rischi epidemiologici e politici nettamente inferiori e il rafforzamento dell’architettura istituzionale europea, giustificano una preferenza relativa per l’Europa. Al tempo stesso le scelte settoriali restano una leva cruciale di generazione di valore, vista la dispersione fra le performance registrate negli ultimi mesi.

A questo proposito, in Europa, la view è positiva sul settore delle materie prime: per incrementare tatticamente l’esposizione ciclica del portafoglio è stato scelto questo settore, sia in virtù delle valutazioni piuttosto ragionevoli, sia come possibile beneficiario della riapertura delle economie globali e di investimenti infrastrutturali. Inoltre, il giudizio resta costruttivo sul comparto delle utilities, in seguito agli sviluppi del cosiddetto “Green Deal” (ovvero ad un trend di medio-lungo periodo collegato al consolidamento delle tematiche ambientali e alla crescita strutturale delle energie rinnovabili) e alla compressione dei tassi. Visione positiva, infine, sul settore dell’information technology, sostenuto da una crescita strutturale, riconducibile a diversi macro temi, quali ad esempio i Big Data.

Italia: fondamentale il supporto del recovery fund

L’economia domestica è stata fortemente penalizzata dall’emergenza sanitaria e dalle misure di contenimento adottate nei mesi scorsi. In base agli ultimi dati comunicati dall’Istat, il Pil reale dell’Italia nel II trimestre ha subito una contrazione senza precedenti, con un crollo del 12,4% sul trimestre precedente e del 17,3% rispetto allo stesso periodo del 2019. Non è andata molto meglio alla Germania: il Pil tedesco ha registrato una flessione del 10,1% nel II trimestre del 2020 e il calo su base annua è stato nell’ordine dell’11,7%. Si tratta di un dato decisamente peggiore rispetto al record negativo del -4,7%, toccato nel I trimestre del 2009, nel pieno della crisi finanziaria. In profondo rosso anche la crescita sia della Francia che della Spagna (si veda a proposito il Grafico 3).

La recessione solleva non pochi dubbi sulla dinamica dei conti pubblici italiani, ma si ritiene che la Bce continuerà a offrire un supporto cruciale mantenendo i costi di finanziamento su livelli relativamente bassi. Lato politiche fiscali, l’Italia dovrebbe ricevere la quota più alta, in termini assoluti, delle risorse connesse al recovery fund, circa il 28% dei fondi ottenendo un significativo supporto per la ripresa economica e la modernizzazione di alcuni settori. In termini prospettici, pertanto, i maggiori beneficiari della situazione attuale risultano essere i settori più esposti ai temi legati agli investimenti strutturali, anche identificati dal Recovery Fund, e che si dimostrino resilienti in un contesto di distanziamento sociale: il settore tecnologico trarrà vantaggio dalla straordinaria accelerazione del processo di digitalizzazione e il settore delle telecomunicazioni sarà sostenuto dalla percezione sempre più diffusa della strategicità di un’infrastruttura che garantisca una connettività efficiente.

Prudenza sulla parte più ciclica del mercato (industriali, lusso) in quanto crediamo che la ripresa dell’economia rimarrà soggetta a vuoti d’aria. Nelle ultime settimane, gli investitori hanno reagito con entusiasmo alle notizie di politiche fiscali e monetarie espansive, ma la velocità e la dimensione del rimbalzo (circa 45% dai minimi del 16 marzo) ci spingono a ritenere che da qui in avanti ci possa attendere una fase più riflessiva in attesa di una maggiore visibilità sulla velocità della ripresa e sull’implementazione del recovery fund. Il posizionamento resta per queste ragioni nel complesso neutrale.

Usa: dubbi sulla tenuta del mercato del lavoro

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, al recupero vigoroso dell’attività sul fronte dell’offerta (un trend condiviso con Cina ed Eurozona) si affianca in modo del tutto distintivo un’accelerazione importante della domanda interna: le vendite al dettaglio sono tornate ai livelli “pre-Covid” sia in termini di livelli che di composizione per mix di prodotto. Eppure, il futuro potrebbe essere meno roseo. Un fattore cruciale che ha sostenuto i consumi delle famiglie, infatti, è la forza del mercato del lavoro (fra maggio e giugno è stato riportato un aumento di 9,4 milioni di occupati e un calo di 4,4 milioni di disoccupati). La situazione potrebbe tuttavia radicalmente cambiare con la scadenza del “Paycheck Protection Program” (Ppp), un programma che stimiamo abbia protetto circa 50 milioni di posti lavoro (l’80% della forza lavoro delle piccole imprese), offrendo prestiti a fondo perduto alle aziende che si impegnano a mantenere i livelli occupazionali e dei salari per 8/24 settimane (a seconda che le richieste siano state accolte prima o dopo il 5 giugno) e a destinare una quota dei fondi (rispettivamente 75%/60%) al pagamento degli stipendi. Alla luce poi delle incertezze legate all’emergenza sanitaria e alle elezioni presidenziali già all’orizzonte, la view sul mercato azionario americano resta neutrale.

Borse emergenti: economia cinese in ripresa

La Cina rappresenta l’unico paese sistemico su cui il team Ricerca e Advisory di Anima si aspetta tassi di crescita sequenziali del Pil su base annua in accelerazione (4,5% nel III trimestre e 5,5% nel IV, con un’espansione del Pil reale nel 2020 del 2%). La ragione è che i fattori che hanno guidato la ripresa nel II trimestre, export e investimenti, dovrebbero continuare a offrire un supporto importante. Le esportazioni, in particolare, sono state sostenute da beni e servizi riconducibili alla pandemia, ma saranno resilienti, vista la dinamica dei contagi su scala globale. Gli investimenti, invece, sono stati il canale privilegiato dalle autorità per sostenere l’economia e manterranno un ruolo cruciale, con i Governi Locali incentivati a finanziare progetti per 1,5 trilioni di yuan nel II semestre (più del doppio rispetto al 2019).

Continuiamo a esprimere una nota di cautela sui consumi privati, vista la debolezza del mercato del lavoro e la crescita anemica del reddito disponibile. Stante la nostra valutazione del quadro macro/fondamentale e l’entità della sfida che l’emergenza sanitaria pone in diversi Paesi emergenti, il posizionamento resta prudente e orientato alla neutralità.

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