Minibot? “Inutili, oltre che inattuabili” per Officine CST

“Se l’intento del Governo è, come dichiarato, rimettere in sesto i bilanci delle imprese creditrici e rilanciare la crescita economica e se i minibot non vogliono essere una moneta parallela, allora probabilmente non ce n’è realmente bisogno”.

È quanto dichiara Gianpiero Oddone, presidente del Centro Studi di Officine CST, a proposito del dibattito sulla misura proposta inizialmente dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi (Lega), e tornata alla ribalta con la mozione proposta dal deputato Simone Baldelli (Forza Italia) e approvata all’unanimità.

Officine CST, ora controllata dal fondo di investimento statunitense Cerberus Capital Management, è una società di gestione crediti sia performing che non-performing derivanti da forniture verso pubbliche amministrazioni, mercato retail e corporate.

“Per facilitare la PA nel rientro del debito verso i fornitori – osserva Oddone – sono già stati fatti alcuni passi avanti e una soluzione potrebbe essere quella di potenziare e rendere più efficaci gli strumenti già esistenti, tra cui la cessione di credito Pro-Soluto, grazie al recupero di liquidità che si ottiene vendendo i propri crediti verso la pubblica amministrazione”. In Italia, grazie all’introduzione della Piattaforma dei Crediti Commerciali, è stata uniformata la modalità con cui le pubbliche amministrazioni certificano che i crediti siano certi, liquidi ed esigibili. La certificazione consente di cedere i crediti o di portarli in compensazione con eventuali oneri tributari.

Al 20 dicembre 2018, le oltre 35.000 imprese registrate sulla Piattaforma dei Crediti Commerciali hanno presentato circa 180.000 istanze di certificazione per un controvalore certificato di oltre 8,5 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi smobilizzati presso intermediari finanziari. Alla luce della differenza tra importo certificato e importo ceduto e del fatto che, secondo i dati del MEF dell’8 maggio, circa 28 miliardi di euro di fatture risultano non pagate è evidente il potenziale di strumenti quali la certificazione dei crediti o la gestione efficiente delle posizioni verso la PA.

“È chiaro, quindi, che esistono già strumenti supporto delle imprese e, piuttosto che crearne uno nuovo soggetto a diversi paletti, sarebbe opportuno rendere la certificazione del credito ancora più efficiente. Ad esempio semplificando l’iter di certificazione dei crediti fino a renderlo totalmente automatizzato così da evitare la reticenza di alcuni enti a rilasciare la certificazione”, conclude Oddone.

Ideati dall’economista Claudio Borghi, tecnicamente i minibot sono dei titoli di Stato di piccolo taglio che dovrebbero servire per ripagare i debiti della pubblica amministrazione. Alcune loro particolarità li distinguerebbero dai classici bot: sarebbero utilizzabili dalle amministrazioni pubbliche per pagare i propri debiti; sarebbero privi di interessi; i portatori potrebbero a loro volta utilizzarli per pagare le tasse e anche come strumento di pagamento verso altre imprese, banche e dipendenti. Trattandosi di titoli meno liquidi di una moneta tradizionale, i detentori di minibot sarebbero costretti a cederli ad uno sconto rispetto al valore nominale. È ipotizzabile che tale sconto sia maggiore rispetto ai costi di cessione pro soluto attualmente riscontrati sui mercati.

Perché i minibot suscitano polemica? Perché contrastano con l’articolo 106 del Trattato di Lisbona, secondo il quale nella zona euro solo la Banca Centrale Europea può decidere la politica monetaria dei Paesi membri e autorizzare l’emissione di nuova moneta.

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