Modelli semplici Contro Modelli complessi

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Riparto dal post della settimana scorsa Euristiche in finanza Per completare l’analisi dell’intervento del prof. Gerd Gigerenzer, Del Mark Planck Institute of Human Development, visto che è stato veramente bello.
Riassumendo velocemente il post, per chi non ha voglia di leggerselo, è partito da un concetto di definizione di rischio e di incertezza, due ambienti completamente diversi:
1)Rischio è un ambiente dove noi possiamo prendere le decisioni quando tutte le alternative, le conseguenze e le probabilità sono note. In questo ambiente funziona bene l’ottimizzazione.
2)Ma la realtà non è purtroppo ben determinata e ascrivibile al campo delle probabilità semplici perché non conosciamo tutte le alternative, tutte le conseguenze e le probabilità delle nostre scelte.
Oltre all’esempio del ragazzo che deve prendere la palla, ha poi portato un altro esempio di come le euristiche umane hanno risolto situazioni molto complicate, come il miracolo del Hudson River dove i piloti, guardando la torre di controllo dell’aeroporto in lontananza che diventava più grande, hanno convenuto che non sarebbero riusciti ad atterrare e quindi sono scesi sul fiume.

La logica economica è simile, perché è meglio utilizzare delle euristiche semplici piuttosto che perdersi in ottimizzazioni complesse con il rischio che non si sia tenuto conto di parametri che ne inficiano i risultati.
L’esempio è Harry Markowitz, che per il proprio portafoglio usava 1/n, ovvero un portafoglio equipesato, perché non richiedeva tempo computazionale ed era molto più pratico, soprattutto in un ambiente in cui i dati erano pochi (era il 1952).

Quindi in ambienti di scarsa incertezza e scarse alternative, e con larghe quantità di dati, la complessità della ottimizzazione può portare valore aggiunto, in caso di alta incertezza, molte alternative e scarsità di dati, è molto meglio una semplice euristica.
Quindi l’errore totale di stima è derivante dalla formula Total error = (Bias)2 + Variance + Noise
Ciò significa che a volte è meglio avere Bias (Errore) ma non Varianza piuttosto che non avere Bias ma alta varianza (esempio delle freccette).

Questo esempio è perfetto per chi esegue backtest (simulazioni) su serie storiche; moltissimi fanno l’errore di ottimizzare, spesso con complicazioni successive, un algoritmo su una singola serie storica, arrivando ad avere un rendimento teorico passato strepitoso nella teoria (basso Bias) ma ad avere una varianza enorme nella realtà.
Mentre è assolutamente meglio analizzare molte serie storiche insieme e scegliere quei parametri che ne riducono la Varianza.
Anche se ovviamente degli errori ci saranno nell’applicazione reale, almeno la formula è più robusta e restituisce risultati sicuramente non stratosferici come nel back test del primo caso, ma molto più probabili (meno variabilità).
APPROSSIMAZIONE
Questo fenomeno è evidente anche nella scelta di quale modello usare per approssimare la serie storica e quindi poter prendere delle valide scelte di investimento. L’esempio portato dal prof. Gerd riguarda le variazioni delle temperature di Londra nel 2000, descritta con delle polinomiali di grado 3 e di grado 12.

Quale polinomiale descrive meglio le temperature? La polinomiale di grado 12, ovviamente, perché più gradi polinomiali è meglio per descrivere con maggiore precisione la serie storica, però per predire i valori futuri è molto meglio una polinomiale con grado basso, quindi “less is more” ovvero meno è meglio (anche se bisogna stare attenti al troppo semplificato).
Quindi per predire una serie storica è meglio avere un alto bias con bassa varianza (della polinomiale) piuttosto che un basso bias ma con alta varianza (sempre della polinomiale).

 
Il grafico fa capire che una approssimazione migliore della serie storica in realtà porta a risultati peggiori e questo avviene anche in finanza, i falsi segnali generati dai modelli che cercano di prevedere tutto, in realtà non prevedono niente, o meglio, i risultati sono molto più scadenti di quelli che non hanno la pretesa di azzeccarci sempre, ma solo di migliorare il profilo rischio rendimento dell’investimento.
La frase finale dell’intervento è stata: problemi complessi non sempre richiedono soluzioni complesse.

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