Nel breve, i titoli ciclici sono un affare: la view di Kames

A cura di Neil Goddin, gestore del Kames Global Equity fund di Kames Capital
L’imperdibile affare del momento sono i deep cyclical. Dopo aver assistito alla scalata dei record di molti indici azionari, a questo punto del ciclo di mercato, possiamo affermare che la maggioranza dei guadagni sia già stata registrata per molti dei titoli definibili come difensivi o appartenenti a settori ciclici di buona qualità. La recente correzione ha tolto un po’ di schiuma dai mercati, scoprendo una nuova area di interesse, ovvero quella dei titoli fortemente ciclici, la cui performance è strettamente correlata all’andamento dell’economia. Queste azioni, infatti, hanno dimostrato di correre ad un ritmo più veloce nelle fasi finali di un bull market.
Esistono tre possibili scenari per i mercati: un trascinamento sull’onda di tassi di crescita del Pil nella media e di scarsa ispirazione; un ulteriore sell-off; un ritorno agli apprezzamenti visti prima della correzione. Crediamo che il terzo panorama sia quello più probabile, specialmente dati i recenti aggiustamenti, e ora è tempo per gli investitori di cercare ritorni da quelle società con una natura più ciclica. Non quelle di maggiore spicco, ma quelle minori che hanno raggiunto prezzi competitivi alla luce della recente volatilità di mercato. Questi nomi hanno subito un ripiegamento e ora hanno il potenziale per un solido rimbalzo. Tra questi LonKing, business di costruzioni cinese, Canfor, azienda canadese di lavorazione del legno, e Nippon Light Medal, società giapponese di prodotti chimici e in alluminio.
Per alcuni di questi nomi i tassi di crescita non si riflettono ancora nei valori delle azioni, anche se è importante considerare bene quanto mantenere questi titoli in portafoglio. Certamente non chiameremmo questo un investimento di lungo termine, ma questo sottoinsieme offre degli affari in un contesto globale che al momento non pullula di nomi interessanti dopo il prolungato rally rialzista.
Titoli ciclici sì, dunque, mentre a nostro parere è meglio evitare l’area più difensiva del mercato, compreso telecomunicazioni e servizi pubblici. Abbiamo deciso, infatti, di uscire da alcuni dei “porti sicuri” riducendo a zero la nostra esposizione ai beni di consumo, utility e tlc. Detto ciò siamo convinti che ci siano ancora margini di crescita per il mercato. Guardando alle valutazioni attuali, usando una metafora, si potrebbe dire che ci troviamo al settimo o ottavo inning, ma siamo ancora lontani dai livelli “bolla” visti nei cicli precedenti, in particolare nel boom dot.com.

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