Obbligazionario asiatico, gestire i default nell’era del Covid

“Una delle previsioni più comuni dopo l’inizio della crisi globale Covid-19 è stata quella di un forte aumento dei default. A prima vista, sembrerebbe logico. L’interruzione senza precedenti delle attività di industria e servizi a livello globale ha inevitabilmente messo sotto pressione i flussi di cassa delle imprese e le capacità di far fronte ai debiti. A fronte del rischio aggiuntivo di un crollo dei prezzi del petrolio e di un contesto commerciale globale sempre più ostile, non sorprende che i premi per il rischio asiatici, misurati in base agli spread dei bond high yield, siano stati per la maggior parte dell’anno ai livelli massimi pluriennali. Infatti, il rendimento dell’indice Ahbi (Asian high yield) ha registrato una media del 9,1% nel 2020 rispetto al 6,8% dei tre anni precedenti (fonte: His Markit). Ma in realtà si è poi realizzata questa previsione di diffusi fallimenti aziendali?“. E’ quanto sottolinea Marcus Weston, Portfolio Manager di JK Capital Management, società del gruppo La Française. Di seguito la sua analisi.

Negli otto mesi fino alla fine di agosto 2020, il valore nozionale totale dei bond asiatici in dollari Usa in default è stato di 7,6 miliardi di dollari. Ciò equivale a circa il 2,6% del mercato degli high yield circolanti e a circa lo 0,7% del mercato totale del dollaro asiatico. Annualizzato, il tasso di default sul mercato degli high yield sarebbe pari al 3,9%. E anche se questo è certamente un aumento rispetto ai tassi di default al 2,3% e al 3,3% che abbiamo visto nel 2019 e nel 2018, non è certo l’enorme picco che gli economisti pessimisti avevano previsto (fonte: Barclays Research).

Si noti inoltre che quasi la metà del valore dei default del 2020 è attribuibile a una società, Peking Founder Group, che era in difficoltà finanziarie ben prima dell’inizio della crisi Covid. Forse stiamo vedendo solo la punta dell’iceberg e i tassi di default potrebbero aumentare nel corso dell’anno, soprattutto se le attuali condizioni economiche rimanessero deboli. Anche gli enormi livelli di iniezioni di liquidità delle banche centrali e le moratorie sui debiti concessi dai governi hanno contribuito ad allentare la pressione immediata sui bilanci delle imprese, che però potrebbero riaffermarsi una volta che tali politiche finiranno. Tuttavia, le prospettive potrebbero non essere così negative come si pensa. Se gli investitori sono preoccupati per la riduzione dei flussi di cassa, lo stesso vale per i dirigenti aziendali, infatti nelle ultime settimane abbiamo assistito a un significativo aumento delle aziende che propongono soluzioni per la gestione delle passività al fine di ridurne la pressione.

La più frequente di queste proposte è stata l’offerta di scambio in cui i detentori di bond high yield di breve durata sono invitati a scambiarli con una nuova emissione più a lungo termine, spesso con qualche incentivo, aumento del rendimento o garanzie aggiuntive. Certamente le offerte di scambio in passato non sono sempre state transazioni amichevoli con alcune società che utilizzavano questo strumento per una negoziazione forzata sul creditore all’ultimo minuto, per evitare un imminente default, o peggio, proponendo uno scambio a sconto sul valore iniziale dopo che il default era già avvenuto. Tuttavia, più di recente stiamo iniziando a vedere più società high yield offrire tali scambi semplicemente come alternativa al rifinanziamento tradizionale, con il vantaggio che le società possono programmare lo scambio in momenti di condizioni di mercato favorevoli, evitando il doppio pagamento di cedole da sovrapposizioni di operazioni di rifinanziamento anticipato.

Si potrebbe tuttavia sostenere che le offerte di scambio siano semplicemente un mezzo per permettere alle aziende di eludere i loro obblighi di rimborso. Tuttavia, questo ci appare ingiusto. Infatti se si guarda ai mercati obbligazionari a livello globale, dai titoli di stato con rating AAA fino ai prestiti ai consumatori, il rifinanziamento è di gran lunga il modo più comune per affrontare la gestione delle passività. Dato che è improbabile che la crisi Covid rappresenti un problema strutturale a lungo termine per l’economia, ha senso che le aziende spostino i loro obblighi di rifinanziamento in futuro in un momento potenzialmente meno difficile per l’economia. Resto ovvio che il lavoro sul credito deve ancora essere fatto e gli investitori devono esaminare ogni operazione di scambio in quanto si esporrebbero a una nuova emissione, ma a eccezione delle frodi o dei modelli di business non redditizi a lungo termine, si spera che la comunità degli investitori possa vedere il vantaggio di accettare un certo grado di estensione del debito.

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