Obbligazionario, per affrontare il fine ciclo ci vuole un certo stile (di gestione)

A cura di Bryan Whalen, co-gestore del fondo Tcw Funds Sicav, Tcw Income Fund di Tcw

Nella prima metà dell’anno si sono registrati ampi divari di performance tra i diversi portafogli obbligazionari. Quali fattori a livello di scelte gestionali si sono rivelati più determinanti?

Molte delle differenze di performance sono riconducibili allo “stile” scelto dal gestore, ad esempio “value” o “momentum”. Bisogna tenere presente che nessuno stile è in grado di sovraperformare nel corso dell’intero ciclo del credito. Solitamente, nella seconda metà del ciclo i gestori ‘momentum’ ottengono performance migliori, perché si assumono rischi maggiori. Lo svantaggio è che, via via che il ciclo volge al termine, i rischi economici e finanziari aumentano, mentre il premio in termini di spread che si riceve per compensare questi rischi diminuisce. Quando il ciclo si conclude, qualunque sia la causa, la performance del credito ne risente e i gestori ‘momentum’, essendosi assunti rischi maggiori, sono più esposti ai ribassi al momento dell’aggiustamento. Noi siamo da sempre gestori “value”: ciò significa che nelle fasi finali del ciclo tendiamo a ridurre il rischio, cosa che può portarci a sottoperformare per un certo periodo. Tuttavia, dall’altro lato questa scelta ci consente di minimizzare l’esposizione ai ribassi quando il ciclo si inverte e di modificare il portafoglio per catturare il rialzo quando i mercati recuperano.

Uno degli obiettivi chiave per un gestore “value” è trovarsi in una posizione liquida al momento dell’inversione del ciclo. Che importanza ha avuto questo aspetto nella crisi provocata dal Covid-19?

A marzo, all’apice della crisi, la liquidità è stata il tema in assoluto più importante per i gestori. Quando si è presentata la necessità di far fronte ai riscatti, bisognava a tutti i costi evitare di trovarsi costretti a vendere asset di qualità a prezzi scontati. Chi si è trovato in questa situazione per mancanza di liquidità, di fatto ha reso permanenti le perdite subite nella fase di ribasso, cosa che renderà molto più difficile il recupero nei prossimi mesi e anni. All’opposto, chi disponeva di un portafoglio più liquido ha avuto il capitale necessario per cogliere le opportunità che si sono presentate, comprando asset interessanti a valutazioni stracciate.

Qual è il vostro outlook per il mercato obbligazionario?

Il volume di stimoli monetari e fiscali confluiti negli ultimi mesi sui mercati obbligazionari non ha precedenti. Queste misure hanno avuto un impatto notevole sulle valutazioni, con conseguenze molto significative per i gestori. In sostanza, le autorità hanno messo in salvo alcuni specifici segmenti del mercato, per assicurarsi che i prezzi e gli spread non raggiungano nuovamente i livelli di marzo. Ci sono quindi due aspetti da valutare: primo, quanta determinazione vi sia a livello politico di difendere a oltranza questi segmenti; secondo, cosa avverrà nelle aree che sono al di fuori del perimetro di azione di queste istituzioni, ad esempio leveraged finance, mercati emergenti e crediti subordinati.

Su quali settori vi state concentrando per la prossima fase?

Ci sembra molto difficile che possa concretizzarsi una ripresa finanziaria ed economica a “V”. La pandemia ha portato a una significativa distruzione della domanda e ampi segmenti dell’economia sono stati bloccati. Quanto tempo e quali misure serviranno per riattivarli rimane un’incognita. Quel che è certo è che vi sarà ancora molta volatilità sui mercati obbligazionari, escluse le aree che godono della protezione della Fed come i Treasury, le Agency Mbs e i bond societari investment grade. Per questo, guardiamo ancora con cautela a segmenti come leveraged finance e mercati emergenti. Vi saranno sicuramente opportunità più avanti, ma servirà ancora tempo perché si concretizzino.

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