Obbligazionario, rinforzate le vostre difese…ma siate pronti a cogliere le opportunità

Di Peter De Coensel, Fixed Income Chief Investment Officer, Degroof Petercam AM 

Man mano che le banche centrali usciranno dalle loro politiche monetarie non convenzionali, la frequenza con cui episodi di volatilità elevata si verificheranno dovrebbe aumentare e siamo preparati a vedere curve di rendimenti sempre meno piatte.

si nota che la crescita seppur contenuta dell’indice MOVE (che fornisce una stima della volatilità dei tassi obbligazionari negli Stati Uniti) all’inizio del 2018 è stata seguita da premi a lungo termine più elevati sui mercati dei titoli di Stato del G4 (Stati Uniti, Regno Unito, UE e Giappone). La linea viola mostra la differenza tra i tassi a 10 e a 2 anni delle obbligazioni governative del G4 ponderata per il PIL. Negli ultimi decenni, periodi di bassa volatilità dei tassi obbligazionari sono coincisi con differenziali di tasso più bassi e quindi con curve più piatte nei mercati sviluppati.

A partire dalla fine del 2016, abbiamo iniziato a modificare i pesi attribuiti a titoli di Stato e obbligazioni societarie nel nostro portafoglio. Mentre all’epoca le obbligazioni governative rappresentavano poco meno del 30% del fondo, il loro peso è aumentato costantemente fino a oggi, arrivando a superare di gran lunga il 60%. Allo stesso tempo, ci siamo gradualmente riposizionati su emittenti con rating più elevato. L’allocazione sulle obbligazioni ad alto rendimento (esclusivamente titoli di Stato di Brasile, Sudafrica e Portogallo) e sulle obbligazioni societarie con il rating più basso nella categoria investment grade (BBB-) è inferiore al 10%. Quasi il 40% delle nostre posizioni rientra nelle fasce di rating da AAA ad A-.

Infine, considerando che il nostro fondo si basa su una strategia relative value ad alta convinzione, manteniamo un elevato livello di protezione attraverso i derivati su crediti e tassi di interesse.

È ovviamente necessario procedere con cautela, ma con i giusti strumenti di analisi abbiamo individuato alcune aree di interesse per il breve, medio e lungo periodo. Possiamo cominciare dall’Europa e dalla convergenza dei tassi dei paesi periferici – Spagna, Italia e Portogallo – con quelli dei paesi centrali come la Francia e la Germania. Questo è un tema su cui puntiamo da tempo nel nostro portafoglio e il suo potenziale rimane valido.

Le obbligazioni periferiche offrono un valore aggiunto, in quanto il profilo finanziario di questi paesi si sta consolidando e, allo stesso tempo, i leader chiave dello scenario politico come Merkel e Macron sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda “pro-Europa”. Il rating di questi paesi periferici è già migliorato e continuerà a migliorare, conducendo a una riduzione degli spread. Riteniamo che i mercati stiano attualmente sottovalutando questo potenziale.

Al di fuori del continente, ci piace anche il debito pubblico in valuta locale dei mercati emergenti, ma a causa della sua maggiore volatilità, l’esposizione a questa classe di attivi deve rimanere modesta. Siamo interessati al Brasile, al Sudafrica e, dalla fine di questo trimestre, al Messico, soprattutto per le loro prospettive di ripresa economica in condizioni disinflazionistiche.

Per quanto riguarda il settore del credito, tendiamo a guardare alle blue chip del settore piuttosto che, ad esempio, agli emittenti di piccole dimensioni. Negli Stati Uniti, ci aspettiamo che la Fed continui a normalizzare la politica monetaria. Pertanto, nel settore non finanziario, che può essere influenzato negativamente dall’aumento dei tassi, ci concentriamo sulle obbligazioni con scadenza intermedia (da 3 a 7 anni). A lungo termine, guardiamo al debito bancario senior, poiché nel lungo periodo le banche tradizionalmente beneficiano di tassi più elevati.

Nel secondo trimestre ci aspettiamo un volume consistente di emissioni societarie in Europa e, pertanto, gli emittenti dovranno offrire premi più elevati per attrarre gli investitori. Con l’aumento dell’offerta, il credito diventerà più economico, esercitando una pressione al rialzo sugli spread. In base alla nostra analisi, vi sono alcune opportunità di valore nel settore assicurativo. Sempre per quanto riguarda l’Europa, stiamo aggiungendo al portafoglio i titoli finanziari a tasso variabile (FRN) e probabilmente proseguiremo in questa direzione. L’obiettivo è quello di proteggere al meglio il capitale degli investitori e di trarre vantaggio dall’inasprimento delle condizioni monetarie. In effetti, la domanda di obbligazioni a tasso variabile (e il loro valore) dovrebbe aumentare fino al 2019 e oltre.

A breve termine, preferiamo non prendere posizione sul tema di un potenziale aumento dell’inflazione. Tuttavia, nei prossimi due anni, l’inflazione americana dovrebbe aumentare e sono molto probabili sorprese al rialzo, anche se non ancora prezzate nel mercato. Spesso si sente dire: “Non combattete la Fed” e noi non abbiamo intenzione di farlo. Prevediamo tre rialzi in totale negli Stati Uniti per il 2018 – uno già avvenuto edue in arrivo -, mentre in Europa la graduale riduzione del quantitative easing questo autunno significa una stretta indiretta della politica monetaria. Da qui la nostra esposizione di circa il 25% sulle obbligazioni indicizzate all’inflazione, di cui il 15% investito in titoli legati all’inflazione statunitense e il 10% investito in obbligazioni indicizzate italiane e spagnole. Il loro potenziale si manifesterà non appena le aspettative di inflazione raggiungeranno il livello auspicato.

Per riassumere, è necessario costruire un muro difensivo, ma non semplicemente trincerarsi dietro di esso, visto che ci sono opportunità da cogliere. L’attuale transizione di regime significa che il tipo di opportunità che si possono cogliere sta cambiando. Si raccomandano strategie flessibili come il nostro fondo DPAM L Bonds Universalis Unconstrained o il nostro DPAM L Bonds Higher Yield e investimenti che beneficiano di tassi crescenti come le obbligazioni a tasso variabile.

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