Outlook 2021-2025, i tre possibili scenari economici secondo Robeco

“Nel delineare questi scenari ci basiamo su quattro elementi fondamentali: la risoluzione della crisi sanitaria, l’alleggerimento della crisi in corso, la gestione della domanda aggregata e il superamento degli inevitabili fallimenti politici lungo il percorso. Il coordinamento tra politica fiscale e monetaria determinerà ancora in gran parte il successo della gestione della domanda aggregata, che dipenderà in primis dalla soluzione della crisi sanitaria globale e dall’attuazione di urgenti misure di sostegno. L’efficacia con cui questi quattro elementi di base verranno effettivamente implementati determinerà in larga parte anche il tipo di ripresa economica per i paesi e le regioni, nonché il comportamento dei mercati”. Così Peter van der Welle, Strategist Global Macro team di Robeco, introduce l’analisi – che riportiamo di seguito – in cui delinea i tre possbili scenari economici per il prossimo quinquennio.

Nel nostro scenario di base, “Finanziatori fiscali credibili“, la ripresa post-pandemia inizia in maniera diseguale, dal momento in cui il divario esistente tra i settori tecnologici con un basso grado di servizi in presenza ed i settori che non possono far leva su un’ulteriore digitalizzazione si amplia ulteriormente. Le piccole imprese, soprattutto quelle operanti nel settore del tempo libero e dell’ospitalità, riescono a recuperare solo in parte, lasciandosi dietro una lunga scia di ristrutturazioni ed insolvenze. Tuttavia, prevediamo che i settori che offrono servizi in persona recupereranno in modo significativo dopo il 2022, poiché i vaccini anti Covid-19 saranno in grado di garantire l’immunità di gregge, consentendo una ripresa meno frammentata e asincrona. Alla fine del 2025, la crescita riuscirà a raggiungere il trend di lungo periodo, mentre l’inflazione nei mercati sviluppati aumenterà fino al 3% negli Stati Uniti entro il 2025.

Osserviamo un maggior coordinamento tra i policy maker. Le banche centrali si stanno adattando efficacemente al nuovo ruolo, ritardando l’erosione della sostenibilità dei debiti sovrani. Dopo aver esaurito gli strumenti monetari convenzionali a disposizione (portando i tassi a zero), ed aver conseguito obiettivi inferiori con quelli non convenzionali (stimolando la domanda aggregata attraverso l’espansione dei bilanci), entrano in una fase in cui l’onere della gestione della domanda aggregata viene riconsegnato ai governi.

Ritagliandosi questa posizione secondaria, le banche centrali si concentrano sul nuovo ruolo di facilitatori dell’esperimento fiscale, che impone di mantenere i tassi nominali vicini al limite inferiore effettivo e di monetizzare i deficit fiscali, al fine di garantire che i costi di servizio del debito pubblico siano sufficientemente bassi da facilitare gli esborsi da parte dei governi e lo stimolo della domanda aggregata. Alla fine del nostro periodo di proiezione 2021-2025, le banche centrali reindirizzeranno la propria strategia, dato che potranno finalmente osservare un livello di inflazione soddisfacente e persistente, forse addirittura superiore al target range.

Nel nostro scenario ottimistico, “Una ripresa che riecheggia quella degli anni ’70“, la crescita economica mantiene lo slancio dopo il rimbalzo iniziale del 2021. La prima fase, che risolve la crisi sanitaria, ha maggiore successo. Nel 2021 vengono messi in circolazione diversi vaccini efficaci contro il Covid-19 e il virus non muta le sue cellule di base, consentendo a tali vaccini di rimanere efficaci più a lungo. In termini di sostegno immediato post-crisi, si evita il cosiddetto fiscal cliff” (o precipizio fiscale), senza ritardo significativo tra la scadenza dei provvedimenti a favore della liquidità presi dal governo e l’instaurarsi di una ripresa in grado di auto-alimentarsi, generando flussi di cassa. Questa fase viene gestita meglio rispetto al caso base, poiché l’esempio europeo dell’adozione di misure preventive mirate a mantenere i lavoratori occupati più a lungo viene adottato su scala più larga.

Diversamente dallo scenario di base, il paradosso della parsimonia (ovvero un risparmio eccessivo che inibisce la ripresa della domanda aggregata) non trova più applicazione. La ripresa del mercato del lavoro appare robusta e i tassi reali molto bassi incoraggiano un risparmio negativo (“dissaving”) da parte di famiglie e imprese, mentre l’economia si rafforza. Gli stimoli fiscali si dimostrano molto efficaci, con moltiplicatori più elevati a causa delle maggiori ricadute tecnologiche in settori in cui la digitalizzazione non aveva ancora espresso il suo pieno potenziale. La domanda aggregata va in overshoot rispetto al trend, grazie ad un’impennata della spesa: vista la lenta risposta dal lato dell’offerta nei mercati del lavoro e delle materie prime rispetto ai miglioramenti sul lato della domanda, l’inflazione nei mercati sviluppati supera il target del 2% nel 2022, e accelera al 3% nel momento in cui si assiste ad un febbrile recupero della spesa.

Le banche centrali iniziano a valutare un aumento dei tassi prima rispetto al momento previsto nello scenario di base, con la Fed che avvia un nuovo ciclo di restringimento monetario entro il 2023, quando l’inflazione core statunitense si avvicina al 3,5%. In questo scenario ottimista, si evidenzia un paradosso: il coordinamento delle politiche è stato così efficace nel far ripartire l’economia che le banche centrali decidono di allontanarsi dal ruolo di finanziatori fiscali, e mostrare la loro indipendenza.

Nel nostro scenario pessimista, “La grande stagnazione da Covid-19“, le crepe nell’economia globale diventano sempre più ampie. La pandemia è a malapena tenuta sotto controllo, con battute d’arresto nella ricerca di un vaccino a causa di mutazioni inaspettate del virus. La distribuzione di un vaccino efficace viene quindi ritardata fino al 2022. Gli attori economici rimangono in modalità di crisi, mentre nel tira e molla tra lockdown e riaperture il primo sembra essere favorito. Il kit degli strumenti di sostegno si esaurisce, e si prospetta un fiscal cliff prima che si possa avviare una ripresa autosufficiente.

Con l’esaurimento dello spazio di politica fiscale e monetaria in alcune parti dell’economia globale, un’altra recessione prende piede. Questo percorso a forma di “W” è seguito da una stagnazione. Temi come l’eccesso di indebitamento da parte delle imprese, l’aumento delle disuguaglianze di reddito e l’erosione della fiducia nelle istituzioni e nella geopolitica sono fattori di rischio che avrebbero tipicamente causato una recessione classica, indipendentemente dalla crisi da Covid-19, ma tuttavia sono ancora presenti ed aggravati dalla pandemia. Il ruolo delle banche centrali come finanziatori fiscali fallisce, in un contesto di crescita dei consumi più bassa a causa di forti spinte disinflazioniste, di un deleveraging forzato e di un minore “effetto ricchezza”. Ne consegue un periodo prolungato di disinflazione ed una crescita reale molto bassa.

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