Pazza idea: regalare 200 euro al mese a tutti per far ripartire la crescita. Funzionerebbe?

Tutto è iniziato negli anni Ottanta, spiega un interessante studio dell’Ocse: da allora la “forbice” delle disuguaglianze tra ricchi e poveri ha iniziato ad allargarsi. Dapprima lentamente, poi, con la caduta del Muro di Berlino e la globalizzazione, in modo sempre più rapido. Il rapporto tra il reddito disponibile del 10% più ricco della popolazione e quello del 10% più povero è salito da sette volte nel 1980 a nove volte nel 2015. I benefici della crescita economica finiscono in tasca a una fascia sempre più ristretta della popolazione, spiega sempre l’Ocse nel suo studio “Income Inequality”.

Tra il 1975 e il 2012, negli Stati Uniti circa il 47% del reddito generato dalla crescita economica è andato a gonfiare i portafogli solo dell’1% più ricco della popolazione, un fenomeno particolarmente pronunciato anche in Canada (37% dei benefici all’1% della popolazione), Australia e Gran Bretagna (entrambe con il 20% all’1%). Di conseguenza, come documenta un altro recente studio dell’Ocse, la classe media un tempo ampia e stabile si ritrova sempre più sotto pressione.

Il declino della classe media

I motivi di questa distribuzione asimmetrica della ricchezza sono tanti: c’è innanzitutto l’impatto della globalizzazione, che ha completamente rivoluzionato i flussi commerciali, ma anche dell’innovazione tecnologica, che sta creando nuove professioni ad alto valore aggiunto rendendone obsolete molte altre, con ovvie conseguenze su salari e occupazione. Ma all’aumento delle diseguaglianze ha contribuito secondo l’Ocse anche un mercato del lavoro sempre più “finanziarizzato”, con ampio uso di piani di stock options (azioni assegnate gratuitamente ai dipendenti, di solito i top manager) e bonus per i dirigenti, assieme al declino della regolamentazione e del ruolo dei sindacati.

La forbice tra ricchi e poveri, che si è allargata ancora dopo la crisi del 2008, sta ora ricevendo un nuovo, potente impulso dalla politica monetaria non convenzionale delle Banche centrali. Tenere tassi di interesse bassi per un lungo periodo di tempo significa infatti condannare i sistemi previdenziali europei, che investono in titoli di Stato, a distribuire in futuro pensioni più basse, indebolendo di conseguenza i consumi e appesantendo l’economia.

E se si sostituisse il Qe con “helicopter money”?

Da una parte abbiamo quindi una maggioranza di popolazione condannata ad avere minori risorse economiche. Dall’altra c’è invece una minoranza che beneficia dei Quantitative easing — l’acquisto di asset finanziari da parte delle banche centrali — varati a più riprese, e di recente riproposti dalla Bce: questi tendono infatti a far salire il valore di asset finanziari come l’azionario, nel quale investe una fascia ristretta e benestante della popolazione.

“Come ha documentato uno studio della Banca d’Italia gli investimenti indiretti delle famiglie italiane in azioni attraverso gli strumenti di risparmio gestito sono pari ad appena il 5% del totale – spiega Alessandro Tentori, Chief Investment Officier di Axa IM – e la situazione è simile in Germania. Solo nei Paesi anglosassoni, grazie a un mercato dei capitali meglio sviluppato e probabilmente anche per una miglior educazione finanziaria, si tende a investire di più sul mercato azionario, con benefici nel lungo termine. Il risultato è che in Europa, una fascia ristretta della popolazione, quella già benestante, tende a beneficiare della politica di bassi tassi d’interesse e di Quantitative Easing”. Nel Vecchio Continente solo gli Stati con un welfare particolarmente sviluppato, come quelli Scandinavi o la Svizzera, riescono ad arginare la crescita delle diseguaglianze. Senza riuscire tuttavia a invertire il trend.

Come rimediare? Qualcuno ha rilanciato l’antica idea dell’“helicopter money” teorizzata a fine anni Sessanta e rispolverata, almeno a livello teorico, nel 2015-16 dall’allora Governatore della Federal Reserve (Fed), Ben Bernanke. L’“helicopter money” è la metafora coniata dal premio Nobel Milton Friedman nel 1969 per indicare un tipo molto particolare di politica ultraespansiva: un elicottero che fa cadere dall’alto una pioggia di banconote. In pratica rappresenta una distribuzione diretta di denaro ai cittadini da parte delle banche centrali, senza acquisto per esempio di asset finanziari come nel caso del Quantitative easing.

Distribuire denaro ai cittadini. Funzionerebbe?

A tornare a parlare di recente di “helicopter money” sono stati l’ex governatore della Fed di Dallas, Richard Fischer, l’ex vice della Banca del Canada, Jean Boivin, e l’ex presidente della Banca centrale svizzera Philipp Hildebrand, che hanno pubblicato una proposta mirata all’utilizzo di un fondo di emergenza fiscale finanziato dalla banca centrale. Moritz Kraemer, capo economista di Acreditus, società di consulenza con sede a Dubai, in un articolo sul Financial Times ha ipotizzato un programma della Banca Centrale Europea di 36 mesi che regali 200 euro mensili a ogni cittadino se il tasso di inflazione scende sotto l’1% annuo. Le somme sarebbero poi ridotte gradualmente fino ad azzerarle al raggiungimento del 2% di inflazione. Un’operazione colossale, da 900 miliardi di euro. Ma funzionerebbe? Riuscirebbe a far ripartire inflazione, consumi, e in generale la crescita?

“Intanto va chiarito che l’helicopter money appartiene al regno della politica fiscale, non monetaria, perché la distribuzione diretta di denaro sui conti correnti implica l’emissione di bond per riequilibrare le passività della Bce”, premette Tentori. Ma visto che nell’eurozona non esistono né una figura di superministro delle Finanze, né gli eurobond, nella decisione andrebbero coinvolti tutti i singoli ministri delle Finanze dei 19 Stati aderenti all’euro, continua il Chief Investment Officier di Axa IM, con tutte le incognite del caso. “Dal punto di vista tecnico, l’unica differenza rispetto all’attuale Quantitative Easing, l’acquisto di titoli di Stato da parte di una banca centrale per immettere nuova moneta, è il fatto che, anziché acquistare asset finanziari, la Bce distribuirebbe denaro ai cittadini, aumentando di conseguenza la massa monetaria”.

La domanda di fondo è però una sola: la gente spenderebbe i soldi “regalati” dalla Bce? “Su questo non ci sono certezze – sottolinea Tentori – perché i cittadini potrebbero decidere di risparmiarli, vanificando l’operazione. Anche se il denaro accreditato sui conti venisse in buona parte speso, l’inflazione ripartirebbe ma solo per la durata dell’helicopter money: finita la ‘droga’ degli stimoli si tornerebbe al punto di partenza”.

Difficile insomma che un’economia possa crescere senza veri investimenti in infrastrutture, che migliori solo perché la gente con i soldi della Bce andrebbe (e non è nemmeno certo) più spesso al cinema o in pizzeria. La “bacchetta magica” dell’helicopter money si rivelerebbe un’arma spuntata, perché le aspettative dei mercati sull’inflazione si adatterebbero in fretta al nuovo clima del denaro facile. Se, quindi, l’helicopter money rischia di non avere l’effetto sperato, quale potrebbe essere la soluzione? Per Tentori la soluzione al problema va cercata in un miglioramento della cooperazione e della coordinazione tra le politiche monetarie e fiscali.

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