Perché guardare al credito investment grade Usa

A cura di Luke Farrell, direttore degli investimenti nel reddito fisso di Capital Group

Le obbligazioni corporate investment grade (con rating pari o superiore a BBB/Baa) possono rappresentare un’ottima asset class per gli investitori con un orizzonte temporale di lungo termine. Gli investimenti principali consistono in obbligazioni emesse dalle più note società USA. Oltre ai vantaggi della diversificazione, questi titoli generalmente offrono un rendimento superiore ai Treasury su orizzonti temporali lunghi.

Inoltre, hanno registrato una volatilità inferiore rispetto agli asset più rischiosi come le azioni o le obbligazioni high yield e possono contribuire a conservare il capitale. Riteniamo che il mercato investment grade statunitense possa offrire delle opportunità per gli investitori del Vecchio Continente, dato il rendimento più elevato rispetto al credito investment grade europeo. Inoltre, il più ampio ventaglio di opportunità e la maggiore liquidità del mercato statunitense fornisce vantaggi d’investimento sia strategici che tattici. Per di più, questo offre il beneficio aggiuntivo di una minore correlazione con il mercato azionario europeo rispetto agli investimenti nel credito investment grade dell’Eurozona.

Se gli investitori globali hanno la capacità di acquistare rischio senza copertura, anche a fronte di un modesto rialzo dei tassi d’interesse USA, potrebbero trarre vantaggio dal rafforzamento del dollaro. Anche nei casi con copertura, gli investitori globali possono guadagnare 80-150 punti base in funzione della struttura, della qualità creditizia e della maturità dell’obbligazione.

Attualmente il nostro principale sovrappeso riguarda il settore dei beni di consumo non ciclici, che è principalmente composto da tre comparti: farmaceutico, alimentari e del tabacco. In questi comparti, abbiamo visto molte società farmaceutiche, preoccupate dalle scadenze dei brevetti e dalla redditività futura in generale, portare avanti acquisizioni finanziate con debito che incrementano il proprio livello di indebitamento. Alcune di queste società presentano buoni flussi di cassa e sono in grado di mantenere i propri rating e di rimborsare il debito; . Un’altra rilevante posizione di sovrappeso riguarda il settore energetico. Nel 2015 presentavamo un sottopeso su questo comparto, ma verso fine 2015 abbiamo iniziato a incrementare l’esposizione continuando all’inizio di quest’anno a fronte del calo delle quotazioni del petrolio sotto i 30 dollari al barile.

L’opinione fondamentale della nostra ricerca sosteneva che 30 dollari al barile non fosse un prezzo sostenibile e che ci sarebbe stata volatilità nel breve termine (per circa due o tre anni), ma prevedevamo una risalita delle quotazioni del petrolio verso i 60 dollari al barile. Infine, riteniamo che i trust di investimento immobiliare (REIT) offrano un buon valore. I REIT stanno generando consistenti flussi di cassa disponibili e stanno migliorando i loro parametri creditizi. Abbiamo notato un valore particolare nei REIT relativi agli uffici e agli spazi multifamiliari rispetto a quelli industriali o commerciali. Questa posizione rappresenta per noi un sovrappeso costante da ormai due anni e riteniamo possa generare ancora un buon valore a fronte dal calo dei tassi di capitalizzazione e degli sfitti e dell’aumento degli affitti.

Prestare particolare attenzione ai settori in calo nell’universo investment grade può contribuire alla performance relativa più dell’investimento in un settore in aumento, per via del profilo di rendimento asimmetrico delle obbligazioni. Oggi il nostro principale sottopeso riguarda il comparto bancario, soprattutto le banche europee che emettono in dollari USA. Nel complesso, il rischio europeo dei servizi finanziari è aumentato, con timori specifici a livello Paese per le banche britanniche, tedesche e italiane. In generale, le banche europee non hanno una capitalizzazione tanto solida quanto le banche statunitensi e presentano un maggiore rischio fondamentale a causa della debolezza e del rallentamento dell’economia dell’Eurozona.

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