Performance e multipli, su quali indici azionari puntare e quali invece evitare?

A meno due mesi dalla fine del 2019, dopo l’ondata di risultati aziendali del terzo trimestre e con molte Borse sui massimi storici sarà ancora possibile assistere a un rally di fine anno? Oppure dovremo fare i conti con una correzione? E, soprattutto, quali sono gli indici favoriti per un potenziale ulteriore allungo dei corsi e per quali ragioni?

Se da un lato, come scritto in un nostro recente articolo, l’indice della “paura” Vix ai minimi potrebbe rimbalzare e comportare almeno in ottica di breve termine una discesa dei listini azionari, dall’altro osservando i fondamentali non mancano le Borse ancora a buon mercato, per lo meno se confrontate con la media del mercato.

Procediamo per ordine. Con una performance in euro di circa il +30%, il Nasdaq Composite e l’indice cinese Csi 300 sono i panieri azionari, tra i principali, che hanno registrato i rialzo maggiori da inizio anno a livello mondiale. Sul terzo gradino del podio l’S&P500,  forte di un rialzo nello stesso periodo di riferimento di oltre il +25%. Un risultato, quest’ultimo, simile a quello registrato sinora da Piazza Affari, dove il Ftse Mib.

Gli indici meno performanti sempre calcolati in euro e sempre nel medesimo lasso di tempo? Lo spagnolo Ibex 35 (+9%) e l’Hang Seng di Hong Kong (anch’esso +9% circa).

Le indicazioni del P/E e del dividend yield

Tuttavia, nonostante la scarsa performance, questi ultimi due panieri non sono le Borse più convenienti per quanto riguarda i multipli principali nel panorama azionario globale con un rapporto tra prezzo e utile (P/E) stimato per l’anno prossimo dal consensus medio degli analisti rilevato da Bloomberg rispettivamente di 12,9 e 10,85 e con unrendimento medio dei dividendi del 4,35% e del 3,6%. A Milano, per esempio, il Ftse Mib ha un P/E di 11,8 ma un dividend yield del 4,25%, quest’ultimo inferiore solo all’indice del listino di Londra Ftse 100 (4,9%), il cui P/E è però di 13,3.

Restando nel Vecchio Continente, il Dax, forte di un rialzo del 23% circa da inizio anno, appare ancora “caro” con un p/E di 15,3 e con un rendimento medio dei dividendi limitato al poco più del 3%. Così come, passando sull’altra sponda dell’Atlantico, il Dow Jones Industrial è il meno caro con un P/E di 18,45 e quello con il dividend yield maggiore (2,25%).     Gianluigi Raimondi

Fonte: Bloomberg

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