Petrolio: cosa cambia con il ritiro Usa dall’accordo iraniano?

A cura di Ned Salter, Head of Research, Europe, di Fidelity International
Gli Stati Uniti si ritirano dall’accordo sul nucleare con l’Iran e reintroducono le sanzioni. Stando al documento diffuso dal Dipartimento di Stato americano, le sanzioni dovrebbero però essere graduali e non immediate come lascerebbero invece intendere le prime pagine dei giornali.
Le altre parti in causa nell’accordo sul nucleare, ossia Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia, non si sono ritirate e continuano ad appoggiare l’accordo in essere, pur lasciando intendere di essere disposte a concluderne uno “nuovo”, migliore del precedente.
Sul fronte dei mercati petroliferi globali, il consensus prevede un impatto sull’offerta nell’ordine dei 300.000-500.000 barili al giorno, corrispondente allo 0,3%-0,5% dell’offerta globale. È improbabile che vi siano effetti immediati sui flussi delle esportazioni.
I calcoli sono presto fatti: dal ritiro delle sanzioni, la produzione iraniana è salita all’incirca di un milione di barili al giorno, con le esportazioni di greggio che ora si aggirano sui 2,2 milioni di barili al giorno (i dati di aprile sono notevolmente superiori).
Circa il 60% del volume di esportazioni è diretto in Asia, in particolare verso Cina, India, Corea del Sud e Giappone. Gli acquirenti europei ne comprano circa il 25% e potrebbero essere disposti ad interrompere gli acquisti per evitare le sanzioni statunitensi, anche se Regno Unito, Francia e Germania restano tra i firmatari dell’accordo.
Rimangono quindi circa 500.000 barili al giorno che potrebbero essere riassorbiti in mercati non europei. L’Arabia Saudita, inoltre, ha dichiarato di essere disposta a mitigare l’effetto di questa riduzione dell’offerta dovuta alle nuove sanzioni.
Sul fronte delle quotazioni petrolifere, ritengo che sia molto utile guardare al prezzo spot. A seguito dell’annuncio di Trump, mercoledì 9 maggio il greggio Brent è salito di un dollaro, attestandosi così sui 77 dollari al barile; nelle ultime 4 settimane il prezzo del Brent ha registrato invece un aumento nell’ordine dei 10 dollari al barile dato che, in previsione dell’evento, la maggior parte degli operatori specializzati nel settore aveva già dato quasi per scontato il ritiro statunitense. Le sanzioni favoriranno in ultima analisi le quotazioni petrolifere.

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