Petrolio, non è più “oro nero”?

A cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr

Da quando l’emergenza coronavirus ha assunto una dimensione globale, il prezzo del Wti è crollato dai 65 dollari al barile, toccati a inizio gennaio sulla scorta delle tensioni in Iran, ai 49 di settimana scorsa, lasciando quindi sul terreno un quarto del suo valore in meno di un mese.

La Cina è il secondo consumatore di petrolio a livello globale e il blocco delle attività produttive ha provocato una contrazione della domanda di circa 3 milioni di barili al giorno, pari al 20% del totale, quindi la discesa dei prezzi in realtà non deve sorprendere. Guidata dall’Arabia Saudita, l’Opec aveva spinto nelle scorse settimane per una riunione d’emergenza allargata ai partner non Opec. Sul tavolo la possibilità di deliberare un taglio della produzione di 600mila barili al giorno proprio per contrastare la contrazione della domanda e sostenere i prezzi di mercato, ma la Russia si è subito mostrata titubante. La prossima riunione è programmata per il 5 marzo ma non è ancora del tutto esclusa la possibilità di un anticipo, anche se al momento nessun annuncio ufficiale è stato fatto. Negli ultimi giorni abbiamo assistito, però, a una stabilizzazione dei prezzi pur in presenza di un aumento delle scorte che ha superato le previsioni degli analisti.

E’ sicuramente presto per archiviare l’emergenza coronavirus e le stime sull’impatto che il rallentamento dell’economia cinese avrà sul Pil globale cambiano di giorno in giorno, ma non sarà certamente trascurabile. Prevedere quindi un recupero degli ordinativi di petrolio nel breve rappresenterebbe un grosso azzardo. Il mercato però si muove sulle aspettative e ai livelli di prezzo attuali, basta un miglioramento anche marginale per avere forti impatti sul mercato. Nell’ultima settimana il numero di nuovi contagi su base giornaliera si è stabilizzato e non sono stati riportati casi in nuovi paesi (al momento sono 24 quelli che hanno almeno un malato conclamato), segno che il cordone sanitario internazionale sta funzionando.

L’attività produttiva in Cina, al di fuori dell’area di Hubei, sta lentamente riprendendo e molti esperti ritengono che, con l’arrivo della stagione primaverile e l’aumento delle temperature, l’epidemia possa arrestarsi naturalmente. Infine anche dal punto di vista tecnico, l’area 50 dollari rappresenta un supporto importante che negli ultimi due anni è stato violato solo a dicembre 2018, quando il mercato scontava una recessione a livello globale, ipotesi che al momento anche i più prudenti tendono ad escludere.

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