Petrolio, rimbalzo nel breve. Ma l’outlook a lungo termine resta ribassista

“Un crollo senza precedenti della domanda di petrolio – finora equivalente a circa un terzo del consumo globale – ha fatto sprofondare il prezzo dell’oro nero, spingendo il future in scadenza ad aprile addirittura in territorio negativo. L’interrogativo che si pone chi investe nei mercati è se ciò possa creare opportunità di investimento nel settore energetico o se si tratta di un arresto ciclico che impone di stare alla larga da questo comparto“. E’ l’analisi di Shawn Driscoll, gestore del fondo T. Rowe Price Funds Sicav – Global Natural Resources Equity di T. Rowe Price.

“A nostro avviso – prosegue – c’è il potenziale per un potente rialzo anticiclico dei prezzi del petrolio e delle azioni del settore energia, che potrebbe durare dai 12 ai 24 mesi. Tuttavia, il nostro outlook a lungo termine per il greggio e il settore energetico è meno positivo. I continui miglioramenti della produttività, grazie all’automazione e alle migliori tecniche di gestione dei giacimenti di ‘scisto’ negli Usa, dovrebbero rendere gli idrocarburi sempre più facili da estrarre e meno costosi, lasciando probabilmente il petrolio intrappolato in un mercato ‘orso’”.

Verso la “guarigione”

I prezzi del petrolio negativi indicano la necessità per l’industria di intraprendere azioni incisive per allineare l’offerta alla domanda. Alcuni produttori potrebbero tagliare in eccesso la produzione, arrestando così il riempimento dei serbatoi di stoccaggio e favorendo lo smaltimento dell’accumulo. La fine della quarantena dettata dall’emergenza da coronavirus dovrebbe poi contribuire a ridurre le scorte di petrolio, aumentandone la domanda.

La mancanza di spese in conto capitale nell’industria petrolifera e del gas farà accelerare il calo della produzione, specialmente nello scisto americano, dove i pozzi tendono a mostrare tassi di declino più ripidi, spingendo al rialzo i prezzi del greggio finché non saranno raggiunti livelli che giustificheranno investimenti in nuovi pozzi. A nostro avviso, il West Texas Intermediate Crude Oil potrebbe raggiungere i 45-50 dollari al barile entro il prossimo anno.

Più disciplina nella gestione del capitale

Con il settore dell’energia in subbuglio, dopo che i prezzi del petrolio sono crollati per la seconda volta in cinque anni, è probabile che questa volta i mercati dei capitali saranno meno inclini a fornire un sostegno.

Ciò d’altra parte dovrebbe portare a una maggiore disciplina nel modo in cui le società energetiche allocano il capitale. Per le società di servizi petroliferi e di esplorazione e produzione (E&P), i cui ricavi tendono a mostrare una maggiore sensibilità ai prezzi dell’energia, tutto questo dovrebbe tradursi in un mix più equilibrato di produzione e flussi di cassa. I buyback probabilmente si fermeranno, mentre come alternativa si potrebbe fare ricorso ai dividendi speciali.

Nel futuro del settore potrebbe anche esserci un processo di consolidamento, con le principali compagnie petrolifere integrate che potrebbero espandere la loro presenza nello scisto americano attraverso acquisizioni strategiche nel Bacino di Permian, una zona nel Texas occidentale ricca di petrolio. Il mercato dello shale oil ha infatti raggiunto uno stadio di maturazione in cui la sofisticazione e l’esperienza nella gestione dei progetti delle società di maggiori dimensioni sono necessarie per sbloccare valore e aumentare l’efficienza di estrazione.

Opportunità selettive

Il nostro outlook per il settore energetico è quindi “ciclicamente ottimistico” per i prossimi 12-24 mesi, ma “strutturalmente ribassista” nel lungo termine. Vi sono comunque diverse opportunità nelle principali compagnie petrolifere integrate, così come nel settore E&P e nelle società di servizi petroliferi, laddove valutazioni basse e il potenziale di un rialzo anticiclico dei prezzi del petrolio creano un profilo di rischio/rendimento attraente nelle aziende di alta qualità.

Nel segmento E&P, continuiamo a concentrarci su operatori a basso costo e con bilanci solidi, mentre abbiamo un approccio più selettivo alle “oil major”, evitando quelle realtà in cui i cambiamenti strategici potrebbero provocare crisi di identità e far diluire i rendimenti. Tra le società di servizi petroliferi, invece, una possibile ondata di fallimenti, unita alla fuga di manodopera dall’industria, potrebbe consentire ai sopravvissuti di aumentare i prezzi per la prima volta da molto tempo. Inoltre, con le società di E&P che hanno ridotto le spese di capitale in risposta al crollo dei prezzi, la spesa per i servizi dovrebbe cominciare a riprendersi in concomitanza a una risalita dei prezzi.

In conclusione, investire con successo nel settore energetico richiede un bilanciamento tra prospettive a breve e a lungo termine e un focus sui nomi che dovrebbero garantire una leva significativa alla ripresa, senza rinunciare alla qualità. La selezione dei titoli sarà quindi fondamentale: infatti, alcune società energetiche non riusciranno a superare la crisi o si troveranno troppo indebolite per competere efficacemente.

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