Prospettive favorevoli nonostante i rischi politici

A cura di Michaël Lok (Group CIO and Co-CEO Asset Management), Norman Villamin (CIO Private Banking) e Patrice Gautry (Chief Economist) di Union Bancaire Privée
Sul fronte politico, nella prima metà del 2017, la stabilità ha avuto la meglio nell’Europa continentale, dove le forze politiche di centro hanno respinto l’avanzata dei populisti in Olanda, Austria e, recentemente, in Francia. D’altro canto, però, il mondo è preoccupato del fatto che la prima potenza politica dalla fine della Guerra fredda, con il neoeletto presidente Trump, abbia voltato le spalle alla scena internazionale lasciando spazio ai conflitti interni.
Eventi politici di rilievo non mancheranno neppure nella seconda parte dell’anno: basti pensare al Congresso nazionale del Partito comunista in Cina, alle elezioni in Germania, alle possibili elezioni in Italia, all’avvio dei negoziati sulla Brexit e all’inizio della campagna per le elezioni del Congresso statunitense che si terranno nel 2018. Così come nel primo semestre, ci attendiamo che l’economia e gli utili siano i fattori trainanti per i mercati.
Nonostante i latenti rischi politici e geopolitici, le prospettive rimangono favorevoli e la crescita mondiale dovrebbe resistere, attestandosi intorno alla soglia del 3,6% nel 2017 e nel 2018. La volatilità del prezzo del petrolio è aumentata di recente, ma in molte regioni le previsioni sono tuttora incoraggianti, tanto che la crescita dovrebbe risalire al 2% nei paesi sviluppati e vicino al 5% in termini aggregati nei paesi emergenti.
Un nuovo corso della zona euro. Per quanto riguarda l’economia, sebbene i dati sulla crescita europea abbiano regolarmente sorpreso in positivo, l’elezione di Emmanuel Macron può imprimere un’accelerazione del ritmo dell’attività e delle riforme in Francia e nell’Eurozona. Il suo programma è basato su riforme a carattere liberale e pro-europeo. Se concretizzate, dovrebbero dare il necessario scossone all’economia francese, la cui crescita è rimasta incagliata sull’1% dai tempi della crisi finanziaria.
Uno dei punti principali sarà la riforma del mercato del lavoro, in programma nel settembre prossimo, da cui si attende una maggiore flessibilità per l’economia e il via libera ad altre misure rilevanti. Ma alcune di esse (tra cui il taglio alle tasse per le imprese e una revisione dei costi del lavoro) incontrano un importante ostacolo di bilancio, poiché il disavanzo della Francia rispetto al PIL è superiore al 3%, pertanto dovranno essere probabilmente rimandate all’anno prossimo, in modo che la Francia possa riportare il deficit al di sotto dell’obiettivo del 3% ed essere credibile di fronte agli altri governi europei.
Ovviamente Macron ha un programma ambizioso per l’Eurozona (un bilancio unitario dell’area euro, un piano di investimento e un nuovo progetto politico), accolto favorevolmente da Angela Merkel, la quale ha segnalato che la Germania sarà aperta al dibattito dopo la consultazione elettorale di settembre.
Anche la cancelliera tedesca ha i suoi progetti di riforma: il suo programma politico è incentrato su significativi tagli fiscali a favore delle famiglie (fino a 30 miliardi di euro) e la spesa pubblica è già in aumento, segnando la fine dell’ampiamente criticato regime di austerità degli scorsi anni.
La concomitanza delle riforme francesi e dell’aumento della spesa pubblica in Germania fornisce nuovi orizzonti al progetto politico europeo e potrebbe sostenere la crescita economica della zona euro su un trend più elevato nel medio termine (2%-2,5%), vicino a quello statunitense, rendendo la regione meno dipendente dal resto del mondo. Se l’integrazione europea sarà portata avanti, la previsione di un budget unitario (inizialmente su alcuni punti specifici) riequilibrerebbe il quadro politico e ridurrebbe l’influenza dell’operato delle banche centrali.
In Gran Bretagna le prospettive economiche e politiche sono peggiorate. Dopo le elezioni a sorpresa di giugno, la perdita della maggioranza in parlamento per i Conservatori ha indebolito il primo ministro Theresa May, che è stata costretta a un accordo con il Partito Democratico Unionista sulla base della fiducia e del sostegno. Nel frattempo l’attività economica sta rallentando e non ci sono prospettive immediate di nuovi stimoli di bilancio o monetari.
Nei negoziati sulla Brexit, l’Unione europea ha il sopravvento ed è stata capace di imporre il proprio programma. Ciò renderà difficile a Theresa May avviare accordi commerciali separati parallelamente ai colloqui sulla Brexit, com’era originariamente previsto. Inoltre, si è riacceso il dibattito tra un’uscita dura o morbida dall’UE, generando maggiore volatilità e incertezza attorno alla sterlina.

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