Prospettive macro, l’entità del deterioramento del tessuto economico è ancora in gran parte sconosciuta

Per contenere la pandemia, i governi hanno chiuso interi settori dell’economia. Allo stesso tempo, le autorità hanno reagito velocemente per offrire supporto alle imprese e alle famiglie. Nonostante l’entità dei provvedimenti presi finora, secondo gli analisti di Candriam questi potrebbero essere non sufficienti per rimettere in moto l’economia mondiale.

Economia mondiale: uno shock violento

La contrazione dell’attività economica è stata ovunque talmente profonda che risulta difficile misurarne l’intensità, così come è altrettanto complicato prevedere quanto rapidamente l’economia mondiale riuscirà a riprendere fiato. All’inizio di giugno, la pandemia è in corso ancora in varie parti del mondo. Inoltre, è difficile prevedere i comportamenti di spesa delle famiglie alla fine del lockdown: l’aumento dell’incertezza, la concentrazione dell’eccesso di risparmio nelle fasce più ricche della popolazione, ma anche un’eventuale evoluzione verso un modello di consumo più “frugale” potrebbero determinare solo un moderato rimbalzo dei consumi.

L’entità del deterioramento del tessuto economico è ancora ampiamente sconosciuta“, sottolinea Anton Brender, Chief Economist di Candriam. Nella maggior parte dei Paesi sviluppati, i governi hanno sicuramente agito con determinazione, compensando il grosso delle perdite salariali con i sussidi. Tuttavia, non hanno in nessun caso compensato le imprese per il calo del reddito operativo. Negli Stati Uniti, come in Europa, queste perdite rischiano di rappresentare tra il 15% e il 30% delle spese in conto capitale delle aziende. In assenza di uno stimolo fiscale adeguato e tempestivo, gli investimenti produttivi hanno poche possibilità di ritornare rapidamente ai livelli precrisi e l’attività potrebbe restare a lungo al disotto di quanto ci si aspettasse sei mesi fa.

Stati Uniti: dalla crisi sanitaria a quella politica

Negli Stati Uniti il calo dell’attività sembra essere stato meno importante rispetto alla media dei Paesi dell’Eurozona. “La crisi ha comunque colpito in modo significativo i settori ad alta intensità di manodopera”, nota Anton Brender, e nonostante il sostegno finanziario importante, con in particolare un programma per incentivare le piccole imprese a mantenere l’occupazione (il Paycheck Protection Program), il tasso di disoccupazione si è avvicinato al 20% in aprile, per poi calare un po’ in maggio. L’incremento del tasso di risparmio delle famiglie è stato a sua volta altrettanto spettacolare: riflette un calo consistente dei consumi e una relativa stabilità dei redditi grazie all’aumento dei sussidi ricevuti (sussidi di disoccupazione, assegni Trump, etc..). I disaccordi tra i Democratici e i Repubblicani in merito agli aiuti per i governi statali e locali bloccano per il momento l’approvazione di un nuovo accordo di bilancio, ma l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali e il contesto politico, ulteriormente degradato dal recente inasprimento delle tensioni razziali, potrebbero favorire la ricerca di un compromesso. In tale contesto, il Pil americano continuerebbe ad attestarsi alla fine del 2020 a un livello del 5% inferiore a quello atteso all’inizio dell’anno e l’attività registrerebbe una contrazione di circa il 6,5% in media nel corso dell’anno.

Eurozona: finalmente un atto di solidarietà…

Nel primo semestre, la recessione legata alla crisi sanitaria è stata particolarmente rilevante in tre dei quattro maggiori Paesi della regione (Francia, Italia e Spagna). Nonostante il progressivo allentamento dei lockdown, all’inizio di giugno l’economia europea era ancora ben lontano dall’essere tornata ai normali libelli di attività . “In assenza di provvedimenti di sostegno supplementari, un ritorno entro la fine dell’anno a un livello precrisi appare alquanto improbabile“, fa notare Florence Pisani, Global Head of Economic Research. “Questa crisi aggraverà, soprattutto, le divergenze tra Stati membri”, sottolinea Pisani. Se, in media nel 2020, l’attività si contrarrà dell’8% nell’Eurozona, il calo dovrebbe essere nettamente maggiore in Francia, in Italia o in Spagna (tra il -10 e il 12%) rispetto alla Germania (-6%).

In tale contesto, il programma Next Generation Eu proposto dalla Commissione europea è un buon passo in avanti: ne beneficerebbero principalmente le economie maggiormente colpite o meno sviluppate. Inoltre, dei 750 miliardi di euro del programma, 500 miliardi saranno erogati sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto e non di prestiti. Infine, nel tentativo di eludere il divieto imposto dall’Ue di prendere prestiti per finanziare il proprio bilancio, la Commissione sta finalmente ponendo le basi per un vero meccanismo di trasferimenti all’interno dell’Unione.

“I tempi del processo decisionale europeo sono tuttavia troppo lunghi per sperare che tale programma dia un sostegno all’attività nel 2020”, avverte Florence Pisani. Soprattutto, anche se tale progetto, che necessita l’approvazione dei 27 Stati membri, verrà accettato, “bisognerà fare ancora di più se si vuole evitare che i mercati si interroghino regolarmente in merito alla sostenibilità del debito pubblico italiano e finiscano per mettere in dubbio l’integrità dell’Eurozona”, conclude Pisani.

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