Cina, prospettive e opportunità di investimento nel 2021

“Nonostante gli sconvolgimenti causati dal Covid-19, la Cina ha iniziato il 2021 su basi molto più solide rispetto al 2020. Con l’accelerazione della ripresa economica e l’allentamento delle tensioni politiche con gli Stati Uniti, restiamo ottimisti riguardo ai prossimi mesi. Dopo un andamento altalenante ma comunque positivo lo scorso anno, l’economia cinese dovrebbe continuare a crescere a ritmo sostenuto nel 2021, sulla scia della continua ripresa interna e di un futuro rimbalzo dell’economia globale dopo lo shock del Covid-19 di marzo e aprile 2020. Primo Paese ad essere colpito dalla pandemia di Covid-19, la Cina è riuscita, in tempi relativamente brevi, a riportare sotto controllo la situazione e il numero dei contagi. In questo modo ha fatto da capofila alla ripresa economica fin dall’inizio del secondo trimestre 2020″. Lo afferma Jie Lu, Head of Investments China di Robeco. Di seguito la sua visione.

Nel 2021 la crescita cinese sarà sostenuta da un mix favorevole di ripresa dei consumi e della produzione industriale. Gli indicatori relativi alla fiducia delle imprese per i settori manifatturieri hanno registrato un deciso rialzo dai minimi toccati all’inizio del 2020. Inoltre, i prezzi alla produzione hanno mostrato segni di stabilizzazione, dopo mesi di pressioni al ribasso, riportando i profitti delle imprese industriali in territorio espansivo. Al tempo stesso, il tasso di risparmio delle famiglie nei primi nove mesi del 2020 si è attestato a un livello record del 37% (contro il 32% dello stesso periodo del 2019 e del 2018); la normalizzazione dei risparmi dopo la pandemia è di buon auspicio per la domanda interna. L’aumento dell’e-commerce e il “reshoring” dei consumi, inteso come una graduale riduzione della spesa cinese all’estero in ambiti quali viaggi, studi o beni di lusso, a vantaggio del mercato interno, dovrebbe dare ulteriore impulso alla ripresa dei consumi. Dopo un primo rallentamento durante il periodo di lockdown più rigoroso all’inizio del 2020, la crescita delle vendite al dettaglio online ha evidenziato una rapida accelerazione ed è ora tornata ai livelli pre-pandemia, intorno al 15%. Inoltre, molti indicatori, come le vendite al botteghino e i tassi di occupazione delle camere d’albergo, suggeriscono che le attività sono quasi tornate ai livelli pre-crisi, dopo il brusco crollo registrato nel febbraio 2020 e il successivo marcato rimbalzo nel secondo e nel terzo trimestre.

Anche le esportazioni dovrebbero costituire un fattore d’impulso. Grazie alla rapida inversione di rotta del Paese, le esportazioni cinesi hanno guadagnato quote di mercato nel 2020, nonostante il vigore del renminbi. All’aumentare della disponibilità di vaccini anti Covid-19 nel corso 2021 e con la continua crescita delle economie dei Paesi più sviluppati, la domanda totale di esportazioni cinesi dovrebbe rimanere sostenuta, anche se la Cina potrebbe in parte perdere le quote di mercato guadagnate nel 2020.

Alla luce del progressivo miglioramento della situazione economica, le autorità cinesi dovrebbero essere in grado di revocare le misure straordinarie di stimolo adottate nel 2020 per contrastare la crisi provocata dalla pandemia. Il disavanzo di bilancio dovrebbe ridursi dal 15,4% stimato per il 2020 al 12% nel 2021. Al contempo, si prevede un rallentamento della crescita del credito a fronte della continua maturazione della ripresa e della svolta meno accomodante della politica monetaria. Non è da escludersi neppure la possibilità di una lieve stretta. Nonostante l’elevato livello di volatilità, le valutazioni rimangono relativamente attraenti per le A-share, ma più tirate per i titoli offshore. L’indice Msci China è scambiato a 17,6 volte il forward PE e l’indice Msci China Onshore è scambiato a 14,4 volte il forward PE, sopra la media storica. L’afflusso globale e soutbound potrebbe essere di sostegno per il mercato offshore. Tuttavia, gli investitori dovrebbero essere cauti e guardare ad uno scenario caso per caso e posizionarsi secondo i fondamentali.

Non ci aspettiamo che i temi a lungo termine per la Cina cambino presto; infatti, per generare alfa rimaniamo concentrati sulle tendenze strutturali che modelleranno la Cina nei prossimi decenni. A questo proposito, c’è una ricchezza di opportunità di investimento nella sua economia in trasformazione. Il 14° piano quinquennale si concentra sulla qualità della crescita. Per esempio, nella catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici l’attuazione dell’impegno della Cina per la neutralità del carbonio e il passaggio a un’economia più verde saranno certamente di supporto. La penetrazione dei veicoli elettrici sarà forte e le aziende cinesi sono fortemente posizionate in termini di scala e risorse per lo sviluppo di materiali. Al contrario, per i produttori di auto a valle della filiera preoccupano le valutazioni.

L’elezione di Joe Biden, 46esimo Presidente degli Stati Uniti, potrebbe comportare un allentamento delle tensioni nei rapporti sino-statunitensi, ma è difficile che ciò riesca a stemperare la storica rivalità tra le due superpotenze. Adottando verosimilmente un approccio più globale, prevedibile e coerente probabilmente un’amministrazione Biden comporterà probabilmente un minor rischio di escalation della guerra commerciale. Tuttavia, la concorrenza rimarrà intensa e Biden potrebbe riuscire a coalizzare i tradizionali alleati occidentali nel tentativo di contenere la Cina. Washington e Pechino dovranno rivedere l’accordo commerciale, ma non ci aspettiamo che ciò accada a breve. Innanzitutto, gli obiettivi concordati nell’accordo di fase 1 rimangono difficili da raggiungere, in parte a causa della crisi da Covid-19. A partire dal secondo trimestre 2020, la Cina ha accelerato gli acquisti di prodotti manifatturieri e agricoli, nonché di energia, dagli Stati Uniti. Tuttavia, questi ammontavano ad appena il 40% dell’obiettivo 2020 per il periodo gennaio-settembre. Ciò potrebbe non indurre una riduzione dei dazi, ma potrebbe comunque ritardare le trattative su accordi futuri.

Da una prospettiva a più lungo termine, gli impegni di Biden sul fronte della sostenibilità potrebbero trovare una maggiore sintonia con le autorità cinesi, anche se le ambizioni della nuova amministrazione Usa potrebbero essere ridimensionate dai vincoli di bilancio. A continuare, invece, sarà probabilmente la rivalità in campo tecnologico. Per quanto un’amministrazione Biden possa rivelarsi più indulgente riguardo alle restrizioni tecnologiche per i segmenti non critici, queste non verranno comunque revocate.

Nel tentativo di ridurre la propria dipendenza dagli Stati Uniti, la Cina ha recentemente aderito al Partenariato Economico Globale Regionale (Regional Comprehensive Economic Partnership, Rcep): la più grande area di libero scambio al mondo e la prima occasione in cui Giappone, Corea del Sud e Cina aderiscono allo stesso accordo commerciale. Il Rcep riunisce oltre una decina di Paesi del Nord e del Sud-Est asiatico, insieme all’Australia e alla Nuova Zelanda. Il blocco rappresenta il 30% circa della popolazione globale, il 30% del Pil globale e il 28% del commercio globale e, con la sua adesione, la Cina invia un segnale forte.

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