Rally azionario post-Fed ed Euro-Franco in rialzo (se tutto va come dovrebbe..)

A cura di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy, e di Arnaud Masset, analista, di Swissquote 

Nonostante il caos che si sta propagando dalla Gran Bretagna, la volatilità sembra in calo in attesa della riunione della FED di questa sera. Il prezzo dell’oro si mantiene al rialzo sulla scia dell’indebolimento del dollaro, agganciato alle attese di una banca centrale americana chiamata a confermare una politica monetaria accomodante. Le aspettative che vanno per la maggiore prendono in considerazione l’annuncio di un piano che blocchi entro la fine del 2019 l’attuale riduzione del bilancio e, anche se dovremo leggere con attenzione i dettagli, l’allentamento della politica della Fed dovrebbe impattare negativamente sul dollaro. Come sempre, la riunione verrà dissezionata attentamente alla ricerca di un indizio circa il timing e la direzionalità della prossima azione.

Tuttavia, riteniamo che la decisione sarà tutt’altro che entusiasmante: senza voler anticipare alcunchè su nuove stime di crescita, di inflazione o di modifica della politica dei “dot-plot”, qualora la Fed riuscisse ad evitare la tentazione di una riduzione delle previsioni, gli investitori ne trarrebbero un sospiro di sollievo e potremmo assistere ad un rally dell’azionario. Dallo scorso dicembre, la probabilità che Powell possa alzare i tassi nel 2019 sono scese al 60% mentre l’eventualità che li tagli sono aumentate del 25%. Questo significa che i rischi sono relativamente bilanciati e dal nostro punto di vista, considerate le chance di un rallentamento dell’economia americana, un ulteriore debolezza di medio termine del biglietto verde non è da escludere.

Anche da questo lato dell’Oceano l’economia rimane tutto sommato positiva, con una crescita annualizzata dell’1,6% a suggerire che, anche se si dovesse verificare, il rallentamento economico non sarebbe profondo: il PMI ha decelerato da 58 a 51,9 ma si trova sempre sopra lo spartiacque di 50 mentre durante gli anni dell’ultima recessione (2011-2013) l’indice dei direttori degli acquisti viaggiava intorno a 46. Negli ultimi sei anni, le azioni europee hanno messo a segno una ripresa impressionante oltrepassando le più ottimistiche previsioni e anche i recenti rimbalzi di Borsa rifletterebbero le ottime condizioni di una fase di stabilità economica, per quanto il rafforzamento di segnali di recessione potrebbero comportare ancora delle perdite azionarie. Non dimentichiamo che ci sono, infatti, tutta una serie di sviluppi che potrebbero portare l’Europa su un sentiero pericoloso: Brexit, il cambiamento alla guida delle istituzioni europee e della BCE, le discussioni su possibili tariffe automobilistiche imposte da Trump.

Nonostante ciò, gli indici europei sembrerebbero aver già incorporato nei prezzi una situazione in peggioramento, il che potrebbe avvantaggiarli su altre Borse mondiali più vicine ai loro massimi storici. Ci sono segnali rassicuranti di passi in avanti, per quanto non possiamo escludere un aumento della volatilità se l’economia europea dovesse finire fuori strada.

In tale contesto, i traders rimangono vigili considerando che, a nostro parere, una carta per giocare al meglio l’attuale incertezza potrebbe essere rappresentata dalla coppia Euro Franco svizzero (che rappresenta una sorta di “centrale-rischi” dell’Europa e ha già incorporato nei prezzi il rischio Brexit, il rischio Italia e il rischio di una Bce maggiormente accomodante). Qualora si allontanasse il rischio di una hard Brexit, gli investitori sono pronti a riallocare su Euro le posizioni ora detenute in franchi e la banca centrale svizzera consentirà alla moneta unica di riapprezzarsi senza porre limiti al rialzo.

In evidenza, tra le monete dei Paesi Emergenti, il Rublo potrebbe continuare ad apprezzarsi sulla scia di un rafforzamento dei dati in uscita dal settore manifatturiero e della produzione industriale, oltre che per il fatto che le probabilità di incorrere in sanzioni da parte degli Usa sta diminuendo. In aggiunta, anche la banca centrale russa avrebbe sostanzialmente incrementato negli ultimi quattro anni le riserve d’oro (+80%) a spese dei Treasuries americani (-90%) in una mossa che può essere considerata decisamente positiva per la moneta nazionale.

 

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