Recovery fund, un passo senza precedenti. Ma non contiene una formula magica

“Il recovery fund da 750 miliardi di euro dell’Unione Europea rappresenta un’imponente mossa storica e un possibile primo passo verso l’integrazione fiscale del blocco. Tuttavia, non si tratta di una formula magica in grado di sostenere la crescita di lungo termine o di far scomparire il macigno del debito che opprime i Paesi dell’Europa periferica. Queste problematiche richiederanno soluzioni di lungo periodo”. E’ quanto sottolinea Tomasz Wiedadek, International Economist di T. Rowe Price. Di seguito la sua visione sul recovery fund messo in campo dall’Ue.

L’accordo sul fondo Next Generation EU sarebbe stato impensabile prima della pandemia. Il deal dà a Bruxelles il potere di prendere in prestito dai mercati di capitali ingenti somme e utilizzarle a supporto dei bilanci degli Stati membri. In particolare, 390 dei 750 miliardi di euro previsti verranno distribuiti sotto forma di sovvenzioni e non andranno ad aggravare i debiti governativi. Saranno concessi ai Paesi più bisognosi, ma per la prima volta la responsabilità del rimborso sarà condivisa dagli Stati membri.
Detto questo, le sovvenzioni non sono “denaro gratuito”. Saranno legate ai piani nazionali di ripresa che saranno valutati dalla Commissione Europea. L’esborso sarà soggetto al raggiungimento dei target e potrà essere sospeso se gli obiettivi verranno disattesi.

Questa volta è diverso

Il fatto che un accordo di tale portata sia stato firmato dopo solo un round di negoziati è stato sorprendente, rispetto al passato. Perché è stato diverso? Per più motivi. Primo, i leader europei hanno imparato che rimandare le decisioni può comportare soluzioni più onerose. Secondo, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, attualmente alla Presidenza, ha forti poteri di persuasione. Terzo, i negoziati sono avvenuti in contemporanea a quelli sul bilancio Ue, rendendo possibili le concessioni finanziarie necessarie. Infine, è stato il primo summit rilevante senza la partecipazione del Regno Unito. Tale assenza ha comportato uno spostamento del potere politico dai paesi del Nord a quelli del Sud Europa, rendendo più difficoltosa l’imposizione di ostacoli alle spese. L’NGEU ha senso sia da una prospettiva di bilancio che una politica: una risposta fiscale forte e sincronizzata aiuterà a sostenere l’economia europea e a limitare la portata dei deficit fiscali futuri.

Nessuna bacchetta magica

Il fondo NGEU non risolverà automaticamente tutti i maggiori problemi strutturali dell’Ue. Sebbene le sovvenzioni saranno legate alle riforme macroeconomiche in principio, non è chiaro se tali riforme saranno sufficientemente ambiziose per aiutare i Paesi a generare un potenziale di crescita di lungo termine più elevato. All’opposto, l’implementazione delle riforme potrebbe peggiorare la situazione nel breve periodo.

Idealmente i capitali saranno dispiegati oggi a fronte della promessa credibile di attuare delle riforme fra cinque anni. Ma qualsiasi promessa rischia di mancare di credibilità dato che è difficile per i governi di oggi stabilire cosa faranno quelli futuri. Attuare con successo delle riforme macro è problematico per le economie del Sud Europa, poiché l’unico modo che hanno per ridurre in modo sostenibile il debito pubblico a cui vanno incontro è non generarlo affatto.

Non è chiaro inoltre se il fondo NGEU sia abbastanza ampio da sostenere la ripresa in caso di una seconda ondata di coronavirus. Molte delle misure sono considerate eccezionali, ma la pandemia non è terminata e una seconda impennata è già evidente in alcuni Stati. Crediamo che ulteriori lockdown nazionali siano improbabili, ma non possono essere esclusi completamente. In questo scenario, il capitale del fondo sarebbe come una goccia in un oceano rispetto alle necessità del blocco. In più, è difficile che l’Unione accordi un altro provvedimento di portata simile. Potrebbe farsi spazio una sorta di compiacenza politica.

La sostenibilità del debito pubblico è ancora una sfida chiave

Nel complesso, l’accordo sul recovery fund dell’Ue, con alcuni Stati che trarranno benefici superiori rispetto a ciò che dovranno rimborsare, crea un precedente per i trasferimenti fiscali, in grado di aiutare a ridurre gli shock economici. Questo è dunque un primo passo importante verso l’unione fiscale. Tuttavia, l’unico modo sostenibile per i Paesi periferici di superare il peso del debito pubblico è tramite una maggiore crescita di lungo termine. Sebbene i piani sulla ripresa a cui saranno legate le sovvenzioni non siano ancora stati presentati, è improbabile che le riforme macro saranno sufficientemente ambiziose da contribuire alla crescita di più lungo termine. La sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo continuerà ad essere quindi una sfida chiave per questi Paesi.

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