Resistenza agli antimicrobici, un importante tema di investimento ESG

“Quando si parla con le aziende di alcuni dei grandi temi ESG, cambiare i comportamenti abituali spesso è più complesso che fare manovra con una nave da crociera. I progressi avvengono con grande lentezza. È giusto dunque festeggiare i casi di successo, ossia quelle occasioni in cui la pressione degli investitori ha fatto davvero la differenza. È ciò a cui abbiamo assistito di recente con il problema della resistenza agli antimicrobici, in cui lo sforzo profuso negli ultimi tre anni ha portato a passi concreti per ridurre l’uso di antibiotici in agricoltura”. A farlo notare è David Sheasby, responsabile ESG di Martin Currie, che di seguito dettaglia la propria view.

La dimensione del problema

C’è una sempre maggior consapevolezza di come l’uso eccessivo e indiscriminato di antibiotici ponga rischi significativi. Le infezioni da micobatteri farmaco-resistenti sono già responsabili in Europa di 33mila morti all’anno, con alcune stime che parlano di un impatto economico potenzialmente maggiore di quello della crisi finanziaria del 2008.

Oltre la metà degli antibiotici utilizzati nel pianeta vengono impiegati nell’agricoltura. Le aziende affrontano pressioni crescenti affinché riconsiderino le loro catene di fornitura, mentre in Europa e parte dell’Asia la regolamentazione si è fatta più stringente.

Alcune aziende cominciano a muvoersi. Il gigante dei fast-food, McDonalds, ha ad esempio riconosciuto come la resistenza agli antibiotici sia una “questione di salute pubblica critica” e ha promesso di individuare l’uso di antibiotici lungo tutta la sua catena del valore, stabilendo dei target di riduzione. Allo stesso tempo, la catena di ipermercati Costco ha rivisto la sua policy sul benessere degli animali restringendo l’uso degli antibiotici;  inoltre, sta valutando la fattibilità di un piano per eliminare, entro il 2020, l’uso di antibiotici importanti per le terapie umane nelle aziende agricole da cui si rifornisce.

L’unione fa la forza

Un importante fattore che ha spinto le aziende a intraprendere azioni più incisive è stata la pressione collettiva degli investitori. Un ottimo esempio è l’azione collettiva promossa dall’iniziativa Farm Animal Investment Risk & Return (FAIRR), in cui siamo stati coinvolti già dal lancio nel 2016.

Attraverso tre fasi di engagement l’iniziativa – che ha coinvolti 74 investitori istituzionali – si è rivolta ad aziende di fast food e ristorazione americane e britanniche.  L’obiettivo era intervenire sul problema della resistenza agli antimicrobici e lavorare per ridurre o eliminare progressivamente l’usp di antibiotici non-terapeutici nella catene di fornitura alimentare.

Certamente sono stati fatti dei passi in avanti. Prima dell’inizio della campagna, nessuna società aveva una politica di gestione responsabile degli antibiotici; al suo completamento, la stragrande maggioranza delle aziende ne aveva una in atto o in fase di sviluppo. Inoltre, un numero consistente si è impegnato a ridurre – o vietare del tutto –  l’uso abituale di antibiotici importanti dal punto di vista medico, in linea con le raccomandazioni dell’OMS.

La strada è ancora lunga

Prima di cantar vittoria, però, è bene sottolineare come ci sia ancora molta strada da fare. Noi di Martin Currie, insieme ad altri investitori, abbiamo incontrato all’inizio dell’anno il Chief Medical Officer inglese, che voleva comprendere quale ruolo gli investitori possano giocare – insieme ad aziende e autorità pubbliche – nell’affrontare il problema.

Senza dubbio è prevalso un sentimento di ottimismo per i progressi fatti finora, ma è stata riconosciuta anche la permanenza di pratiche inadeguate, soprattutto in alcuni mercati – l’India, ad esempio – tuttora considerati un “disastro” da questo punto di vista.

Dal punto di vista delle imprese, resta da colmare la distanza tra il riconoscere il problema e il prendere misure concrete per risolverlo (e un’ulteriore salto riguarda il riuscire a comunicarlo efficacemente agli investitori).

Le prospettive di investimento

Naturalmente, come per ogni altro tema ESG, ci approcciamo a questa questione anche come potenziale fonte di opportunità di investimento, oltre che di rischi.

Ad esempio, alcune aziende si stanno concentrando su soluzioni innovative per l’alimentazione animale. L’azienda chimica BASF ha sviluppato l’acido formico Amasil®, che elima la salmonella negli alimenti per suini e pollo. La azienda di bioscienze Chr Hansen ha invece sviluppato un kit per i produttori di latte del mercato russo per misurare i residui di antibiotici nel latte.

Un altro vantaggio, più a lungo termine, riguarda il nostro processo di engagement. Mentre in genere lavoriamo a tu per tu con le singole aziende, gli sforzi congiunti come l’iniziativa FAIRR ci permettono di avere maggior conoscenza delle migliori pratiche ESG e di responsabilità sociale. Ciò ci consente di migliorare anche le nostre interazioni future, il che dovrebbe portare a risultati di investimento a loro volta migliori.

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