Rischi e opportunità del mercato obbligazionario: le risposte del Pan European Banking Meeting

Volatilità e avversione al rischio a detrimento di crescita e rendimenti potrebbero rappresentare il quadro poco confortante in uscita nei primi mesi del 2019. A Brexit ormai avviata e con il rimescolamento delle forze politiche di rappresentanza al Parlamento europeo, il mercato è pronto ad assorbire i possibili outcome? Quali sono i rischi e le opportunità sui due principali mercati obbligazionari mondiali, che operano con banche centrali disallineate nel programma di normalizzazione dei tassi e su strutture e volumi profondamente diversi?

Il XVI Pan European Banking Meeting organizzato a Milano da Assiom Forex, l’associazione che riunisce gli operatori dei mercati finanziari, ha concluso i suoi lavori con il workshop “Investimenti 2019, nuovi trend in una realtà modificata”che ha visto la partecipazione di Luca Bagato Head of Italy Fixed Income Sales, EuroTLX Sim, Luca Cazzulani, Head of Fixed Income Strategy Milan, Unicredit e Marco Brambilla, Country manager di Wood&Company, moderati da Claudia Segre,Presidente di Global Thinking Foundation.

La fotografia più attuale segnala innanzitutto  differenze tra mercato bond Usa ed europeo che sono soprattutto nei numeri: mentre il primo conta 850 miliardi di dollari di scambi giornalieri (con il 90% dei governativi e il 60% dei Corporate bond trattati sul mercato elettronico e il resto su OTC), in Europa i volumi si riducono di otto volte con passaggi quotidiani pari a 50 miliardi di euro, di cui però solo un terzo viene scambiato su piattaforme elettroniche mentre la maggiorparte dei trades avviene ancora sull’Over the Counter. Il turnover complessivo in Europa è di 8,7 trilioni di euro, che diventano 1,1 trilione per il mercato italiano.

“La Mifid2 sta riducendo ulteriormente i volumi del mercato perché ha aumentato i costi, spostando attività degli algotrading su ETF obbligazionari e singoli titoli” sottolinea Luca Bagato.“La compresssione degli spread dovuta all’applicazione della Mifid e alla politica monetaria della Bce potrebbe avere come conseguenza una difficile gestione dei flussi in uscita che, qualora consistenti, potrebbero portare a delle strozzature di mercato: le piattaforme più grandi potrebbero accusare lentezza e avviare un travaso verso altri book. Di qui l’esigenza di dotarsi di piattaforme istituzionali impostate sul Central Limit Order Book e non solo sulla Request for Quote. Sui Corporate bond, dove ancora non esiste, c’è la necessità di poter contare su di una piattaforma istituzionale.”

Oltre ad un tema di adeguamento tecnologico, l’Europa (più degli Stati Uniti che godono di una maggiore flessibilità in tal senso) preoccupa maggiormente anche sul fronte di eventuali forti deflussi che dovessero verificarsi sul mercato obbligazionario. Lo stesso discorso potrebbe farsi anche per l’azionario, dal momento che il QE ha cambiato le regole del gioco facendo esplodere l’industria dell’asset management.

“Prima del 2008, le banche di investimento erano the masters of universe e la loro azione era sufficiente per mantenere la liquidità in circolo” prosegue Bagato “Oggi invece, al rischio geopolitico si aggiunge quello di non sapere quanti flussi ci siano realmente. Se la politica monetaria diventa meno prevedibile, di fronte alla volatilità dei titoli fixed income il mercato potrebbe accusare problemi di liquidità”.

Sul tema della normalizzazione, negli Usa la Fed sta portando avanti il rialzo dei tassi ed ha già iniziato a ridurre le dimensioni del proprio bilancio. Le aspettative di inflazione stanno tornando ai livelli pre-2007, mentre per Eurozona siamo ancora molto indietro. Poiché siamo in fase di ciclo avanzato, lo spazio per ulteriore normalizzazione dei tassi in America è probabilmente limitato. In Eurozona, la BCE deve ancora iniziare il processo di normalizzazione e questo crea la possibilità che i rialzi dei tassi siano limitati.

“Il nostro scenario centrale si basa sull’assunto che l’economia Usa sia ormai arrivata ad una fase molto avanzata del ciclo, ad oggi siamo molto vicini (il gap è di 1 anno) al ciclo più lungo di espansione della sua storia” sottolinea Luca Cazzulani.“Sebbene i cicli economici non muoiano di vecchiaia, il fatto di essere in una fase molto avanzata del ciclo (late cycle)è un fattore importante da considerare quando si guarda agli investimenti tra diverse asset class. In particolare, per quanto riguarda il fixed income, la parte breve della curva è quella che sconterà l’impatto più consistente. Nel nostro scenario centrale, non vediamo grossi margini per una risalita dei rendimenti Usa oltre il 3%: il 3,25% è già ad un livello superiore a dove arriverà la Fed. Per conferire una spinta forte alla parte lunga della curva occorrerebbe maggiore aggressività da parte della Fed. Le aspettative sono che la Fed si fermi tra il 2,75 e il 3%. Ci sono naturalmente scenari di rischio: uno è legato all’andamento del rapporto deficit/pil Usa (4%). Trump ha implementato una politica fiscale espansiva in un momento in cui il ciclo è maturo (per cui l’economia non ne avrebbe bisogno poiché in realtà in queste fasi il bilancio andrebbe consolidato). Questa politica fiscale espansiva potrebbe poi far salire i premi per il rischio che sono già notevolmente compressi dall’azione della Fed.”

Il 2019 sarà un anno di test per il  fixed income. Ci sarà un riaggiustamento dei prezzi in relazione al termine del QE? “Ci sono fattori che dovrebbero supportare il mercato riducendo il margine per una salita dei rendimenti” prosegue Cazzulani “Ad esempio, per quanto riguarda il mercato tedesco, stimiamo che circa il 60% dello stock di titoli sia nelle mani di investitori poco price sensitive(la Bce in primis che riacquisterà tutti i titoli in scadenza e poi fondi sovrani e reserve managers). La parte breve della curva sarà guidata dalla Bce (primo rialzo a settembre 2019) mentre sulla parte lunga l’equilibrio è tutto da trovare anche se la BCE insisterà molto sulla gradualità del suo intervento sui tassi.”

Il rischio di una hard Brexit per il momento viene analizzato come fattore da osservare con attenzione ma senza un ruolo di game changer all’interno delle previsioni per i prossimi mesi. Per molti l’impatto più rilevante sarà soprattutto tecnico (andamento della sterlina) e logistico (trasloco di management company a Francoforte, Parigi e Dublino) che potrebbe secondo alcune opinioni determinare anche un movimento di concentrazione di alcuni player dell’asset management.

Per Marco Brambilla, che ha sostenuto la bontà degli investimenti SRI all’interno del fly to quality che sta caratterizzando questa fase, “la Brexit rappresenta una grande opportunità di attrarre quel know-how che l’Europa continentale ha delegato a Londra negli ultimi trent’anni. A beneficiarne però almeno al momento sembrano essere più Francia e Germania, ovvero i due Paesi dove gli expat si stanno già avviando sulla strada del ritorno.”

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