Rischio recessione trascurabile, ma aumenta la volatilità. L’outlook di Allianz GI

A cura di Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors

Nonostante il continuo indebolimento del momentum sull’economia e l’aumento dei rischi di ribasso nel medio periodo, al momento gli indicatori macroeconomici segnalano ancora probabilità trascurabili per un’imminente recessione. Tuttavia, l’escalation del conflitto commerciale fra Stati Uniti e Cina aumenta senz’ombra di dubbio la vulnerabilità dell’economia globale. In questo contesto, per il secondo semestre dell’anno prevediamo un’espansione inferiore al potenziale, anche se con rischi prevalenti per un rallentamento più pronunciato.

La Federal Reserve statunitense ha operato un taglio dei tassi preventivo come misura precauzionale contro la temuta recessione (“insurance rate cut”). Tuttavia quest’unico intervento non sarà probabilmente sufficiente a evitare battute d’arresto sul mercato azionario.

La politica monetaria dovrebbe offrire ancora un certo sostegno, ma incontrerà sempre più limiti. Occorrerà mettere in conto una maggiore volatilità, alimentata tra l’altro dall’incertezza sul fronte politico.

Azioni Europa

Nel Vecchio Continente il rallentamento della crescita è sempre più evidente. Nel secondo trimestre il Pil britannico è sceso dello 0,2% dopo essere salito del +0,5% nei primi tre mesi dell’anno. L’andamento altalenante della crescita si deve essenzialmente agli effetti delle attese sulle scorte nel quadro del dibattito sulla Brexit. Un’eventuale “hard Brexit” rappresenta tuttora il rischio maggiore per l’economia britannica.

Stando ai flussi dei fondi di investimento, l’Europa è decisamente l’area geografica meno amata dagli investitori internazionali, una situazione che ha però anche un risvolto positivo, poiché l’area è talmente trascurata che si iniziano a valutare le tempistiche per una possibile riduzione del sottopeso.

In un contesto di rendimenti estremamente bassi o negativi, i dividend yield risultano interessanti. In ogni caso, potrebbe risultare opportuna una temporanea sottoponderazione.

Azioni Usa

Negli Stati Uniti si rilevano tuttora piena occupazione e crescenti pressioni salariali. I consumi sono solidi, anche se ultimamente le vendite al dettaglio hanno mostrato una certa volatilità. Da un’analisi degli sviluppi complessivi nell’economia Usa (in base al “Nipa”, National Income and Product Accounts) risulta che gli utili societari sono invariati dal 2013, nonostante una congiuntura relativamente solida. Tale fenomeno si spiega con l’aumento del costo del lavoro in presenza di una scarsa crescita del fatturato. Recentemente però, gli utili delle società quotate hanno evidenziato un incremento significativo, che è riconducibile a “financial engineering” e “fattori straordinari”. Una divergenza che richiede cautela.

L’aumento delle valutazioni negli Usa (in base al P/E di Shiller) pesa sulle prospettive a medio termine per gli utili. Con l’affievolirsi degli stimoli fiscali, la situazione degli utili non appare più così rosea. Il giudizio sull’azionario Usa è “hold”.

Azioni Giappone

Negli ultimi tre trimestri il Pil giapponese ha registrato un incremento. La crescita annuale ha accelerato all’1,1%. L’imminente aumento dell’Iva potrebbe avere i primi effetti nel terzo trimestre e comportare un indebolimento a fine anno. Nel frattempo, crescono le attese di ulteriori stimoli fiscali. Nonostante la piena occupazione, il ritmo dell’inflazione al consumo resta molto contenuto. Con il tasso core attorno allo zero, la Bank of Japan (BoJ) proseguirà la sua politica espansiva.

L’azionario nipponico mostra tuttora una correlazione negativa con lo yen, che evidenzia un andamento laterale rispetto al dollaro. La debolezza degli indicatori anticipatori dell’economia globale e nazionale pesano più che altrove e anche il momentum su fatturato e utili si sta già indebolendo. Nel complesso, attualmente il mercato giapponese non presenta alcun vantaggio rispetto all’azionario globale.

Azioni mercati emergenti

Il Pil cinese rallenta su base tendenziale, un’evoluzione naturale in una fase matura del ciclo. L’inasprimento della guerra dei dazi potrebbe far deragliare l’economia e rappresenta il principale rischio per il periodo 2019-2020. Il governo e la Banca Popolare Cinese (PBoC) hanno adottato ampie misure di stimolo per raggiungere l’obiettivo di crescita del 6%.

Il segmento presenta valutazioni interessanti, ma occorre adottare un approccio selettivo tra un Paese e l’altro.

Tema di investimento: Esg

La gestione dei patrimoni secondo i criteri Esg è sempre più diffusa. L’acronimo “Esg” sta per “Environmental, Social and Governance” e indica i principi ambientali, sociali e di governance in base ai quali si valuta la sostenibilità di un’azienda. Anche il nostro Investment Forum ha sottolineato la crescente importanza di questi criteri.

L’integrazione dei principi Esg nel processo di analisi dei titoli può migliorare il profilo di rischio-rendimento di un investimento grazie all’individuazione dei rischi. Per fare un esempio, le normative mondiali sempre più severe sul cambiamento climatico possono influire in larga misura sul valore di una società. È quindi di importanza fondamentale agire per tempo, anche in ragione delle crescenti richieste da parte sia degli investitori istituzionali che privati.

Obbligazioni in euro

Ci si aspetta un taglio dei tassi europei a settembre, e la Bce potrebbe inoltre ricominciare ad acquistare titoli obbligazionari. L’abbondante liquidità dovrebbe contribuire a mantenere i rendimenti su livelli bassi o negativi.

Nonostante le crescenti attese del mercato circa un ripristino del programma di acquisto di asset della Bce, le obbligazioni governative dei Paesi periferici dell’Eurozona sono ancora esposte a un aumento dei rischi politici (soprattutto l’Italia), nel quadro di valutazioni poco interessanti. La politica della Bank of England dipenderà dagli sviluppi sulla Brexit.

Obbligazioni internazionali

I mercati obbligazionari sono influenzati dalla politica monetaria. Da inizio anno la Fed ha adottato toni fondamentalmente accomodanti. Non si possono tuttavia escludere delusioni, poiché i mercati monetari scontano ormai cinque ulteriori tagli dei tassi Usa entro fine 2020.

A fronte dell‘orientamento “dovish” della Fed e dei crescenti rischi di ribasso per l’economia, i rendimenti dei Treasury Usa a lunga scadenza dovrebbero rimanere stabili o evidenziare una lieve flessione. Dato il contesto, nei prossimi mesi i rendimenti governativi dell’area euro (Paesi core) e del Giappone potrebbero oscillare attorno agli attuali bassi livelli.

Obbligazioni mercati emergenti

L’asset class dovrebbe risentire di fattori ciclici e geopolitici, senza contare gli squilibri strutturali. La politica monetaria accomodante della Fed potrà fornire qualche supporto.

Le banche centrali dei Paesi emergenti sfruttano i margini di manovra per allentare maggiormente la politica monetaria, soprattutto in Asia. L’inflazione non rappresenta un problema. La PBoC appoggia la politica di stimolo del governo cinese.

Obbligazioni societarie

Le obbligazioni investment grade e high yield potrebbero risentire del tipico contesto critico di fine ciclo. Le crescenti attese del mercato circa una ripresa del programma di acquisto titoli della Bce (anche alla luce della nomina di Christine Lagarde alla presidenza della Bce al posto di Mario Draghi) dovrebbero alimentare la domanda di obbligazioni corporate in euro.

Ai livelli attuali i titoli high yield Usa e le obbligazioni societarie investment grade appaiono moderatamente sopravvalutati in ottica fondamentale. Lo stesso vale per il debito high yield in euro, anche se i premi “puri” per il rischio di credito e di liquidità sono indice di valutazioni relativamente neutrali delle obbligazioni societarie (investment grade) in euro rispetto ai titoli governativi.

Valute

In base ai nostri modelli di equilibrio dei tassi di cambio nel lungo periodo, molte divise, soprattutto dei Paesi emergenti, sono tuttora decisamente sottovalutate rispetto al dollaro in termini fondamentali. Il dollaro americano beneficia ancora della debolezza della crescita globale e di ingenti flussi di capitale.

La sterlina britannica risente nettamente del sentiment sul fronte politico: più incerto è il contesto politico inglese, più la sterlina si indebolisce e viceversa. L’incertezza nell’immediato è legata all’uscita dall’Unione Europea in base all’Art. 50 al 31 ottobre 2019, ma anche relativamente al medio termine resta elevata. Il rischio di una Brexit disordinata è aumentato. Per un apprezzamento strutturale della sterlina occorrerebbero maggior chiarezza e soprattutto un accordo.

Quanto al renminbi cinese, rispetto alla fase di debolezza del biennio 2015-16, la flessione evidenziata da inizio anno non è stata caratterizzata da un massiccio deflusso di capitali e dal calo delle riserve in valuta. Si prevede quindi che la Cina consentirà un graduale deprezzamento, evitando però forti oscillazioni.

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